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STORIE FIORENTINE Ravenna. Ed in questo tempo el papa, per offendere e’ viniziani ancora colle arme spirituali, gli ammuni che per tutto di 21 di maggio, gii avessino restituito tutte le cose di Romagna sub pena ex communicalioms lafae senlentiae, e di interdetto; e con molti gravissimi pregiudici, insino a dare le persone e robe loro in preda, comandare a’ sudditi che sotto le medesime pene si ribellassino, ed in ultimo dare indulgenzia plenaria a tutti e’ cristiani che pigliassino arme contea di loro.

Venne intanto el re di Francia in Italia, ed entrò in Milano a di primo di maggio; e trovossi uno esercito potentissimo di duamila lancie della ordinanza, e di molte centinaia di cavalli di pensionaci fratizesi e di gentiluomini milanesi, che per odio de’ Yiniziani lo servivano gratis a questa impresa, ottomila svizzeri, quattordicimila fanti oltramontani e quattromila italiani e con circa a cento pezzi di artiglierie. La quale cosa intesa a Yinegia, benché e’ fussino in gran terrore, e quasi disperati dello stato, e massime che lo imperadore, al quale, se volessi essere con loro, avevano fatto offerte smisurate di danari e di terre, ricusava ogni accordo; pure pinsono ogni sforzo loro verso la Adda, in modo che si trovorono in campo con circa a dodicimila cavalli e ventimila fanti, co’ quali erano commessari messer Giorgio Cornaro e messer Andrea Gritto, capitano el conte di Pitigliano, ma sotto la cura ogni cosa dello Alviano. El quale non pretermettendo occasione, andò colle gente a campo a Rivalta, e quella avuta, ne andò a Trevi, dove si trovava circa a cinquecento lancie franzese e duemila fanti sotto monsignore Imbalt; e quivi stato a campo un di e mezzo, finalmente l’ebbe a patti, salvo l’avere e le persone, eccetto Imbalt ed uno guascone uomo di conto, che ritnasono prigioni.

Yenuta in Milano questa nuova, ebbe el re grandissima alterazione, in modo che subito colle gente sue usci di Milano alla volta degli inimici a di 8 di maggio in martedí, non riguardando a quel di di martedí che gii soleva essere in augurio; ed arrivato alla Adda squadrò le gente come se avessi a andare a battaglia, ed ordinatamente passò el fiume su per due ponti fatti un pezzo innanzi da Ciamonte, sanza avere molestia alcuna dagli inimici che gli erano vicini a due miglia. Fu questo segno della debolezza loro, perché arebbono avuto piú vantaggio a assaltare gli inimici in sul passare el fiume, che avergli a aspettare alla campagna; e certo era ragionevole el timore loro, perché oltre allo essere lo esercito del re piú forte di numero, abondava ancora di uomini piú esperti nelle arme, di migliori cavalli, abondava di molta nobilita, che vi era el fiore di tutti e’ gentiluomini di Francia; di molti capi per la riverenzia de’ quali avevano a fare migliore pruova: el duca del Loreno, di Savoia, monsignore Roan, Tramoia, Ciamonte, messer Gian Iacopo da Triulzi e