Storia delle arti del disegno presso gli antichi (vol. II)/Libro duodecimo - Capo II

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C a p o   II


Arti sotto gli Antonini — Statua di Teti — Moneta di Faustina - Teste di questi tempi - Statua di M. Aurelio... e d’Aristide — Colonne del sepolcro d’Erode Attico - Statue erette ai Vincitori Circensi — Sotto Commodo — Decadimento dell’arte - Sotto Settimio Severo... Eliogabalo... e Alessandro Severo... pretesa sua urna — Statue di s. Ippolito... e di Puppieno - Tempio di Gallieno — Massi di marmi con iscrizione.

Sotto gli Antonini. Gli Antonini tennero in molto pregio le belle arti, e fra essi principalmente M. Aurelio, che sapea ben disegnare, ed era stato istruito da Diognete savio pittore1, cui pur avuto aveva a maestro nello studio della filosofia2. Ciò non ostante cominciarono allora a farsi più rari i buoni artisti, e mancò la stima generale che dianzi faceasi di loro. Era ciò una conseguenza della maniera di pensar di que’ tempi. I sofisti allora innalzati eransi sino al trono, e per loro gli Antonini avean erette delle pubbliche cattedre, pagando la loro voce e la fatica de’ loro polmoni3, anziché l’istruzione data ai cittadini. Essendo essi uomini senza gusto e ignoranti, condannavano altamente tutto ciò che non era erudizione, e agli occhi loro un valente artista non era che un semplice artigiano. Portavano delle arti quel giudizio che Luciano nel suo fogno mette in bocca all’erudizione; cosicchè un giovane che avesse soltanto desiderato esser un Fidia, loro sarebbe paruto un’anima vile: onde fa maraviglia [p. 393 modifica]come ad Arriano, scrittore di que’ tempi, tanto dolesse di non aver veduto il Giove Olimpico di quel celebre scultore4.

§. 1. Al tempo degli Antonini avvenne all’arte come all’ammalato che prende un apparente miglioramento poco prima di morire, o ad una lucerna che, sul punto di spegnersi per mancanza di nutrimento, brilla d’una viva luce per un istante e s’estingue. Viveano ancora gli artisti che formati s’erano sotto Adriano; e ’l buon discernimento di que’ principi e della loro corte, unito alle grandiose opere che immaginarono ed eseguirono, diede ai maestri dell’arte frequenti occasioni di mostrare i loro talenti. Antonino Pio edificò presso l’antica Lanuvio, detta ora Lavinia, una villa le cui ruine ne attestano ancora la grandezza e la magnificenza5. Con quanto lusso questa fosse ornata si può argomentare da una chiave d’argento, per cui l’acqua passava nel bagno, del peso di trenta o quaranta libbre, scavata in quel luogo coll’incisavi epigrafe FAVSTINAE NOSTRAE. Anche i bagni di Claudio Etrusco ricevevano l’acqua per mezzo d’un tubo d’argento6.

Statua di Teti. §. 2. Fra le ruine di quella villa il signor cardinal Alessandro Albani ha trovata nel 1714. una bella statua di Teti, ma senza testa, nuda sino alle cosce, colla sinistra appoggiata su un timone sostenuto da un tritone, S’è conservato anche un pezzo della base di questa statua, e fu di esso vi sono tre coltelli ossian pugnali in rilievo, che sinora sono stati presi per tre di quelle punte che soleano mettersi sulle cime delle prore, e dai colpi che faceano ne’ combattimenti navali dette furono ἔμβολοι da’ Greci, e rostra dai [p. 394 modifica]Romani. Simili pugnali veggonsi presso la poppa, ove comincia a incurvarsi, nella bireme della villa Barberini a Palestrina da me pubblicata7. Potrebbe questa statua rappresentare una Venere col sopranome di εὔπλοια (di felice navigazione), qual veneravasi nell’isola di Gnido8; ma è più probabile che sia il simulacro di Teti. Tenendo questa una gamba alzata, e vedendosi nella stessa positura sulla poppa d’una nave una piccola figura d’Iside nella villa Lodovisi9, ho argomentato che Teti fosse ivi stata rappresentata nel medesimo atteggiamento; e fu questa congettura s’è terminata la base della statua sul modello della bireme di Palestrina. Tal base era altresì allegorica, come quella della statua di Protesilao che avea la figura d’una prora di nave10, per indicare che quello re di Ftia in Tessalia era stato il primo a saltare dalla nave sul lido trojano, ove fu ucciso da Ettore11.

§. 3. Questa Teti, ch’è una delle più belle figure dell’antichità, esser deve de’ tempi migliori per l’arte, che nol furono quei degli Antonini. In nessuna statua muliebre, eccettuandone appena la celebre Venere de’ Medici, mostrasi come qui il bel fiore d’una giovinezza giunta ai primi confini dell’età perfetta, che manifestasi nel molle rialzamento del seno verginale, e nella figura tutta nobile e svelta. Su questo corpo degno della dea della gioventù l’immaginazione vi scorge una testa simile a un botton di rosa ch’esce fuor dalla buccia, e sembra di veder Teti che esce dal mare in tutta la sua venustà, come bellissima fanciulla che ancor più bella appare al primo sorgere dal letto. I conoscitori della sublime bellezza greca, per restaurare questa parte che [p. 395 modifica]manca alla statua, combineranno insieme i più bei tratti delle figlie di Niobe, e le daranno lo sguardo lusinghiero e vivace della Venere Borghese, tale però che non disconvenga all’innocenza; nè le acconceranno con doppio nodo i capelli sulla fronte, come quella portar li suole; ma in cima alla testa glieli raccoglieranno unendoli sopra senz’arte, quali serto di fiori con bel disordine intrecciati, quali portanli le Ninfe nella corsa a piedi, e su cocchi dipinti su un vaso Hamiltoniano da me descritto12. Forse un occhio voluttuoso avrebbe desiderato di vedere affatto ignuda quella dea; ma allora non vi farebbe quella parte in cui l’antico artista ha più che altrove dato saggio della sua abilità, e del suo sapere. Egli le ha gettato sul manco braccio un panno, in cui direbbesi che le Grazie lavorarono in compagnia dell’arte; questo le cade in minute e molli pieghe, e sì trasparenti che lasciano come travedere tutto ciò che ricoprono. Veggonsi diffatti sotto questo velo le più belle cosce muliebri, che siano mai state scolpite in marmo; e sì ben fatte esse sono che perdonar mi si dee, se credo esser questa la medesima statua fu cui i poeti proposero come un modello delle più ben formate cosce quelle di Teti, σφύρα τῆς Θέτιδος 13. L’immaginoso scultore di quella Nereide ci fa qui intender più che Omero stesso; poichè egli la fa sorger dalle onde prima d’aver sentito amore per un mortale, e avanti che si desse a Peleo, anzi avanti che i tre numi fissassero lo sguardo sulla sua giovanile bellezza, e che il primo naviglio galleggiasse su i flutti egei: onde la parte della nave, su cui essa appoggia il piede, è un semplice attributo per riconoscerla.

Moneta di Faustina. §. 4. Farò qui menzione d’una rarissima moneta d’argento di Faustina sempre coll’epigrafe: PVELLAE FAVSTINIANAE, [p. 396 modifica]su cui si rappresenta questa imperatrice che porge fussidio ad alcune fanciulle, avendo fatta per loro una fondazione14. Questa medaglia trovandosi ben conservata potrebbe pagarsi 50. scudi romani. Lo stesso tratto della beneficenza di Faustina espresso si vede fu un basso-rilievo della villa Albani, in cui v’è una figura muliebre accompagnata da un’altra, su una specie di palco alquanto rialzato, che le mani stende in atto di compartire non so che a certe fanciulle che sotto le stanno disposte in fila. Ad una simile istituzione in favore di poveri fanciulli e fanciulle si riferisce la seguente iscrizione in cui gli abitanti di Ficulnea, piccolo borgo non lungi da Roma, danno un attestiato della loro riconoscenza all’imperatore M. Aurelio. Essa fu scoperta nel 1767. nel luogo stesso ov’era stata collocata a principio, e vedesi ora nella villa Albani15:

IMP. CAESARI
DIVI. ANTONINI. PII
FILIO. DIVI. HADRIANI
NEPOTI. DIVI. TRAIANI
PARTHICI. PRONEPOTI
DIVI. NERVAE. ABNEPOTI
M. AVRELIO. AVGVSTO. P. M
TR. POT. XVI. COS. III. OPTIMO. ET
INDVLGENTISSIMO. PRINCIPI
PVERI. ET. PVELLAE. ALIMENTARI
FICOLENSIVM



[p. 397 modifica] Teste di questi tempi. §. 5. Si vede che a que’ tempi si cominciò ad introdurre il gusto de’ ritratti, e l’uso di far delle teste in vece delle figure; al che molto contribuirono i replicati ordini del Senato romano, pe’ quali ogni cittadino tener dovea presso di sè l’effigie or di questo or di quell’imperatore16. Alcune teste vi sono di quell’epoca, che riguardo all’esecuzione possono chiamarsi una maraviglia dell’arte; e sommamente belli sono tre bulli di Lucio Vero, e altrettanti di M. Aurelio, fra i quali i più pregevoli sono i due (uno per ciascheduno) di grandezza quasi colossale, trovati quarant’anni fa sotto ampie tegole, a quattro miglia da Roma sulla strada di Firenze, nei luogo che dicesi Acqua traversa.

Statua di M. Aurelio... §. 6. La statua equestre di M. Aurelio è sì nota ch’io reputo superfluo il parlarne. Ma non posso a meno di notare lo strano ragguaglio che leggesi sotto il disegno stampato d’una figura equestre del museo Pembrokiano a Wilton in Inghilterra17: „ Prima statua equestre di M. Aurelio, che fu cagione che ne fosse ordinata al medesimo artista un’altra più grande, in cui però il cavallo è differente dal nostro„. Stravagante del pari è l’iscrizione posta sotto la stampa d’un Erme del medesimo museo18: „ Uno degli schiavi che portavano l’architrave della porta nel palazzo de’ vicerè d’Egitto dopo la conquista fattane da Cambise„. La statua equestre di M. Aurelio stava sulla piazza avanti la chiesa di s. Giovanni in Luterano, ne’ cui dintorni era la casa ove egli nacque19. Sembra però che ne’ tempi di [p. 398 modifica]mezzo la figura dell’imperatore fosse ancor sotterra; poichè nella vita del famoso Cola di Rienzo parlasi solamente di questo, che dicesi il cavallo di Costantino. In occasione di gran feste, mentre i Papi faceano la loro residenza in Avignone, la testa del cavallo gettava pel popolo vino dalla narice destra, ed acqua dalla sinistra20; poichè allora in Roma, essendo guasti tutti gli acquedotti, non aveasi altr’acqua che quella del Tevere; e quella vendeasi a contanti ne’ luoghi distanti dal fiume, come si fa oggidì a Parigi.

...e d’Aristide. §. 7. La statua del retore Aristide posta nella biblioteca Vaticana non è delle più mediocri figure panneggiate sedenti. A questo somigliano perfettamente nella testa due busti assai ben conservati del museo Bevilacqua a Verona, uno de’ quali ha la toga, e l’altro il paludamento, il quale però non può convenire a quest’Aristide. Dalla descrizione d’una Venere armata fatta di commissione dal celebre oratore Erode Attico, che non un’aria molle e tenera avea, ma sembianze virili e gioviali, come dopo una riportata vittoria21, possiamo conchiudere che non si fosse allora interamente perduta presso gli artisti l’idea del bello e dello stile antico. V’erano allora altresì degl’intendenti che conosceano quella nobile semplicità di stile, che è il più bel pregio dell’eloquenza; e Plinio il giovane attesta, che nel famoso suo panegirico a Trajano que’ pezzi piacquero maggiormente agli uditori, ne’ quali egli erasi meno affaticato; dal che egli argomentava che riviver dovesse il buon gusto22. Nulladimeno nel suo panegirico usò egli stesso uno stile affettato, che sol piace perchè espone il vero, e loda un principe che ben degno fu de’ suoi encomj.

[p. 399 modifica] Colonne di Erode Attico. §. 8. Il mentovato Erode Attico fece ergere delle ad alcuni suoi più cari liberti23, ma dei molti monumenti, ch’egli fece ergere in Roma, in Atene, e altrove, più non abbiamo che due colonne del suo sepolcro d’un marmo detto cipollino, di tre palmi di diametro; esse son note per l’appostavi iscrizione che spiegata fu dal Salmasio; e giova dire che sognasse uno scrittor francese, quando immaginò che questa iscrizione fosse in lettere latine, e non in greche24. Le colonne portate furono a Napoli nel 1761., e stanno ora nel cortile del museo Ercolanense a Portici25. Spon ha pubblicate le iscrizioni della di lui celebre villa Triopea, che serbansi ora nella villa Borghese26.

Statue erette ai vincitori circensi. §. 9. Ergeansi allora eziandio delle statue a coloro che riportavano il premio alla coria de cocchi nel Circo27, del che possiamo trarre argomento, e formarcene un’idea fu alcuni pezzi di musaico in casa Massimi col nome delle persone ivi figurate28, e più chiaramente ancora fu un vincitore in simili giuochi di grandezza quasi naturale, rappresentato fu una quadriga in basso-rilievo, che facea parte di un’urna sepolcrale ovata, e vedesi ora nella villa Albani29. V’è nella villa Negroni una statua d’un simil vincitore, di cui nel restaurarla ne fu fatto un ortolano, col dargli in mano una zappa: tale lo crederono al ritorto coltello, simile al ronchetto de’ giardinieri, che tiene alla cintura, e che gli è comune col vincitore posto sulla mentovata quadriga. Lucio Vero fece altresì collocare nel Circo la figura [p. 400 modifica]in oro d’un suo cavallo30, chiamato Volucre per la somma celerità nel correre31.

§. 10. Parlando de’ lavori de’ tempi di M. Aurelio mi sovviene alla mente il suo libro, la cui morale è sana; ma né i pensieri né lo stile sono abbastanza degni d’un principe che vuol essere uomo di lettere32.

Sotto Commodo. §. 11. Sotto Commodo, figliuolo e successore indegno di M. Aurelio, finì l’ultima scuola dell’arte, creata, per così dire, da Adriano, e l’arte stessa perì per non più risorgere se non dopo molti secoli, come un fiume che si perde sotterra e risorge dopo mille miglia. Fa però ancora onore all’arte colui che ha scolpita la bella testa di quest’imperatore in Campidoglio, rappresentatovi nella sua giovinezza33, e forse allorché salì fui trono in età di diciannov’anni34. E’ vero però che quell’artista non ebbe molti eguali, come argomentar lo possiamo dalle teste degl’imperatori seguenti, che a quella non sono paragonabili35. I [p. 401 modifica]medaglioni in bronzo di quest’imperatore sono sì pel disegno che per l’esecuzione da annoverarsi fra i più bei monumenti del loro genere. I conj d’alcuni sono stati intagliati con tanta finezza che nella dea Roma, sedente fu un rovescio in atto di porgere un globo a Commodo, veggonsi ai piedi le testicciuole di quegli animaletti colla pelle de’ quali faceansi allora i calzari36. Non si può però ben conchiudere da un minuto lavoro ad un’opera in grande; altrimenti molti rovesci di medaglie degl’imperatori seguenti, che non sono mal disegnati, ci farebbon dedurre una falsa conseguenza sullo stato dell’arte in generale. Colui che sa fare un bel modello d’una nave sa egli per questo costruire un gran vascello, atto a resistere ai venti e ai flutti d’un mar tempestoso? Un Achille passabilmente disegnato in piccolo parrebbeci un Tersite, se dalla stessa mano fosse disegnato in grande. Diffatti è più facile a ridurre una figura dal grande al piccolo che dal piccolo al grande, come più facil è il discendere che il salire37. Così Sante Bartoli finchè trasportò dal grande al piccolo i grandi monumenti antichi, quali erano i lavori di rilievo delle colonne di Trajano e di M. Aurelio38, ebbe nome di abile disegnatore; ma si dimostrò ben disuguale a sè stesso quando volle disegnare più in grande gli antichi [p. 402 modifica]bassi-rilievi pubblicati sotto il titolo di Admiranda Antiquitatum Romanarum. Vedendo noi de’ rovesci delle medaglie del terzo secolo coniate in uno stile troppo buono per quei tempi, dobbiamo credere che siansi allora adoperati i conj antichi.

§. 13. La risoluzione presa dal Senato romano di distruggere ogni memoria di Commodo risguardava principalmente le sue figure. Di quello furore veggonsi le tracce in molti suoi busti e teste scoperte dal signor card. Albani presso al mare nello scavare le fondamenta del suo magnifico palazzo a Nettuno. In tutte vedesi il viso guasto a colpi di piccone, onde non si riconobbero che per gli altri attributi di quell’imperatore, come in una guada gemma si distingue al solo mento e alla bocca l’immagine39 d’Antinoo40.

Decadimento dell’arte. §. 13. Non è maraviglia che l’arte tendesse allora così sensibilmente alla sua decadenza, se si consideri che le [p. 403 modifica]le stesse de’ sofisti in Grecia finirono con Commodo41; e che a’ Greci stessi diventava ignota la propria lingua, cosicchè pochi fra di loro gli scritti degli antichi autori legger sapeano e intendere. Oppiano il quale nelle sue poesie avea imitato Omero, prendendone le frasi stesse e le parole, era a que’ Greci oscuro quanto Omero medesimo42. Quindi ebbero necessità d’un vocabolario della loro propria lingua, e Frinico diffatti insegnava agli Ateniesi in qual maniera, avessero parlato i loro antenati; anzi di molte parole più non sapeasi la vera significazione, nè poteasene trovare l’etimologià se non per congetture.

§. 14. L’arte decadde vieppiù dopo Commodo, come argomentar lo possiamo dalle pubbliche opere fatte ai tempi di Settimio Severo, il quale succedè a Commodo dopo un anno, essendo in quel breve intervallo stati eletti all’impero e messi a morte Pertinace, Didio Giuliano, Clodio Albino, e Pescennio Nigro. Settimio Severo, che pretendea d’essere stato offeso dagli Atenieii mentre dalla città loro passava per andare in Siria, volle farne vendetta, e li privò di molti privilegi accordati loro dai suoi predecessori43. I bassi-rilievi, che sono sul noto suo arco44, e su un altro che gli argentieri aveano fatto ergere in suo onore45, son sì mal fatti, che non si comprende come dopo la morte di M. Aurelio in dodici anni l’arte sia cotanto decaduta; della qual cosa abbiamo pure un argomento nel basso-rilievo del gladiatore Batone46 di grandezza naturale nella villa Panfili, il quale essendo stato con gran pompa sepolto per [p. 404 modifica]ordine di Caracalla, verosimilmente non avrà avuto il peggiore artista a scolpirne il ritratto47. Filostrato fa menzione di certo Aristodemo pittore di quest’età, e scolare di Eumelo48.

Sotto Settimio Severo... §. 15. Esaminando i sin qui mentovati lavori appena crederebbesi, che vi fosse stato a que’ tempi un fonditore capace di gettare la statua in bronzo di Settimio Severo49, che vedesi nel palazzo Barberini, sebben essa non possa dirli veramente bella50. La statua esistente nel palazzo Altieri, che dicesi di Pescennio Nigro51, il quale contro Severo ribellossi e ne fu vinto, farebbe ancor più sorprendente della teftè mentovata e di tutte le monete di Pescennio, se effettivamente lui ci rappresentasse; ma la testa s’assomiglia piuttosto a Severo medesimo. La sola statua che abbiamo di Macrino successor di Caracalla stava dianzi nella vigna Borioni.

...Eliogabalo... §. 16. Tiensi come lavoro de’ tempi d’Eliogabalo una statua muliebre di grandezza naturale nella villa Albani, che rappresenta una donna attempata con volto maschile, cosicchè per un uomo prenderebbesi, se il panneggiamento non ne indicasse il sesso: i capelli sono lisciamente pettinati sopra la testa, tirati su per di dietro, e rivoltati. Tiene nella sinistra un volume, attributo straordinario alle figure femminili, per lo che si è congetturato che sia ivi rappresentata la madre di quest’imperatore, la quale assisteva al consiglio [p. 405 modifica]privato, e in di cui onore egli istituì in Roma un Senato di donne52.

...Alessandro Severo... §. 17. Alessandro Severo successore d’Eliogabalo raccolse da tutte le parti le statue degli uomini illustri, e collocolle nel Foro di Trajano53. Il suo ritratto però in marmo non è a noi pervenuto, almeno nessuna di lui effigie trovasi in Roma5455.

... pretesa sua urna. §. 18. V’è bensì in Campidoglio una grand’urna sul cui coperchio vedonsi le figure di due sposi in grandezza naturale, e fu per lungo tempo creduto che quella contenesse le ceneri d’Alessandro Severo, e di sua madre Giulia Mammea, che nelle due figure fossero stati effigiati. Ma vi son più ragioni di credere che quell’urna tutt’altre ceneri contenesse che le loro. La figura virile, che ha una corta barba, rappresenta un uomo che oltrepassa i cinquant’anni, laddove Alessandro Severo mori nell’anno suo trentesimo dopo quindici anni d’impero; e la figura femminile, da cui l’urna prese erroneamente il nome di Giulia Mammea, è l’effigie della moglie di quell’uomo ivi sepolto.

§. 19. Supposto che questa veramente fosse l’urna d’Alessandro Severo, le figure in rilievo, che veggonsi fui bellissimo vaso di vetro trovatovi dentro56, sono state spiegate [p. 406 modifica]della nascita d’Alessandro il Grande, ivi rappresentata per un’allusione di nome con quell’imperatore. Non mi fermerò qui a descrivere ed a spiegare quel lavoro, che è già stato pubblicato da Sante Bartoli nella sua Opera de’ sepolcri antichi,, e dirò solo in due parole che ivi rappresentasi probabilmente la favola di Peleo e Teti, la quale in un serpente cangiossi per isfuggire a questo suo amante. La medesima favola espressa era sulla cassa di Cipselo, ove Teti con una mano gettava un serpente contro Peleo, che si sforzava di fermarla per l’altra57.

Statua di s. Ippolito. §. 20. De’ tempi di quell’imperatore è la statua sedente di s. Ippolito in grandezza naturale nella biblioteca Vaticana58, che fuor di dubbio è la più antica figura in marmo che pervenutaci sia de’ tempi cristiani; poiché allora i Cristiani cominciarono ad ottenere una maggior considerazione che dianzi, e quest’imperatore permise il pubblico esercizio della loro religione nel luogo ov’è oggidì s. Maria in Trastevere59.

...e di Pupieno. §. 21. Che a quelli tempi vi fosse ancora qualche abile artista superiore al suo secolo lo dimostra la statua dell’imperator Pupieno, che stava dianzi in casa Verospi, ed è ora nella villa Albani. Essa è alta dieci palmi e intera, se non che le manca il braccio destro sino al gomito; ed ha tuttora quella fina crosta argillosa, di cui sogliono trovarsi sotterra coperti i lavori antichi. Impugna colla sinistra mano la spada, e v’è scolpito un corno d’abbondanza sul tronco, al quale appoggia la gamba sinistra. Al primo sguardo tale statua ci dà un’idea dell’arte che non s’accorda con quelli tempi, poiché ha un’aria di grandiosa maestà nelle [p. 407 modifica]parti, nelle quali però non si scopre quell’abilità che è propria degli antichi maestri. Vi sono, a così dire, i colori principali, ma vi mancano le mezze tinte, perlochè la figura acquista un non lo che di pesante. Errano per tanto coloro i quali pensano che allora non vi fosse più scultura in Roma60. V’era altre volte nel palazzo Farnese la base di una statua dell’imperator Gordiano61, che or più non si trova.

Tempi di Gallieno. §. 22. La vera epoca della totale decadenza dell’arte dee fissarsi avanti Costantino in tempo de’ torbidi eccitati dai trenta tiranni, che sotto Gallieno sollevaronsi, cioè dopo la metà del terzo secolo dell’ era cristiana. Gli eruditi conoscitori delle antiche medaglie già osservarono che dopo Gallieno in Grecia più non coniaronsi monete d’argento62, e che quanto più cattivo è il conio e vile il metallo usato in quelli tempi, tanto più frequente incontrasi su di effe improntata la dea Moneta, come l’onore sentesi ad ogni parola uscir di bocca a coloro nel cui cuore questa virtù è molto problematica. La testa di Gallieno in bronzo, coronata d’alloro nella villa Mattei, è pregevole per la sua rarità63.

§. 23. D’una statua di Calpurnia, moglie di Tito, uno dei mentovati trenta tiranni, trovasi fatta menzione presso Trebellio Pollione64, il quale così di lei scrive: cujus statuam in templo Veneris adhuc videmus argolicam, sed auratam. I commentatori65 hanno sudato inutilmente a spiegare la voce argolicam, che non involge più nessuna difficoltà, e nulla contiene d’importante per l’arte, se debba leggersi [p. 408 modifica]argillaceam, com’è verosimile. Ho poscia trovato che prima di me avea fatta quella correzione un erudito tedesco66.


Massi di marmo con iscrizione. §. 24. Sembra che la barbarie allora tutta invadesse Roma in un istante, il che può conchiudersi dalle molte colonne e grandi conche d’alabaftro e di marmo, con grossi piedestalli e massi enormi di marmo straniero colà scavati ove era una volta il porto, o piuttosto la spiaggia del Tevere a cui approdavano le barche, sotto il monte Aventino, e dove oggidì ha il signor duca Sforza Cesarini una vigna in cui veggonsi gli avanzi de’ magazzini antichi. Questi sassi erano probabilmente lavorati in estero paese, trasportati a Roma, e ivi venduti per servirsene in alcune fabbriche, le quali forse restarono ineseguite per l’irruzione de’ popoli del Nord in Italia. Una delle colonne ivi scavate d’alabastro fiorito, alta ventiquattro palmi, la quale è il più bello e ’l più gran masso di quella pietra che li conosca, vedesi nella villa Albani ove pur sono due gran tazze dello stesso alabastro di dieci palmi di diametro, che furono trovate rotte con pezzi di più di dieci altre simili tazze. Nel mezzo ad una di quelle v’è la testa di Medusa, e all’altra v’è quella d’un Tritone, o forse d’un Fiume; e siccome tali vasi non hanno alcun foro, è probabile che servissero, come oggidì i bei vasi, per ornamento di qualche fabbrica67.

§. 25. Che tali opere non siano di tempi molto lontani da quelli di cui parliamo, argomentali da due gran massi di marmo cipollino non lavorato, ne’ quali vedesi incisa un’iscrizione, le cui lettere hanno una forma, ch’è propria di questa età. Su uno v’è il nome d’un console, [p. 409 modifica]probabilmente di quello che avea fatti colà trasportare que’ sassi col loro numero:

R V L I A N O   C O S
E X   R A T
I A L I N T I   V
L X X X I I I


sull’altra


S V B C V R A M T N I C I S
P R G R E S C P N I L L I B N.


§. 26. Queste iscrizioni io lascio ad interpretare a chi ha di me più tempo e abilità. Il console Ruliano è ignorato: trovansi bensì parecchi consoli della famiglia de’ Fabj col soprannome Ruliano, ma questi vissero ne’ tempi della repubblica. Le iscrizioni sono nella villa Albani staccate dai massi, de’ quali ne furon fatte due colonne trasportate in Inghilterra nel 1767.68.




Note

  1. Capitol. in M. Aurel. cap. 4. Tom. I. pag. 306.
  2. M. Aurelio stesso De reb. suis. §. 6. dice, che un Diognete sia stato suo maestro di filosofia; ma si disputa dagli eruditi se sia il medesimo che il pittore, o un altro. Si veda Gatakero al luogo citato di M. Aurelio, e Salmasio al luogo citato di Capitolino, il quale gli dà Apollonio stoico maestro in vece di Diognete.
  3. ἆθλα φονῆς V. Galen. De puls. diff. sub init.
  4. Epict. lib. 1. cap. 6. [ Ho riportato qui avanti pag. 190. col. 2. il giusto senso, in cui parla Arriano.
  5. Negli scavi fattivi in questi ultimi tempi vi sono stati scoperti molti monumenti, fra i quali sono i cani nominati nel Tomo I, pag. 391. n. b.
  6. Fabric. Descr. urbis Romæ., cap. 18. [ Stazio Sylv. lib. 1. cap. 5. vers. 48.
  7. Monum. ant. num. 207. [ Nella spiegazione di questa Tavola pag. 273., l’Autore in vece di pugnali, scrive lance, e per tali le spiega, quali sono veramente sul bassorilievo.
  8. Paus. lib. 1. cap. 1. pag. 4. lin. 21.
  9. Vedi Tomo I. pag. 93.
  10. Philostr. Heroic. cap. 2. n. 1. pag. 673. princ.
  11. Vedi qui avanti pag. 220. §. 7.
  12. Vedi Tom. I. pag. 231. 288.
  13. Anthol. lib. 7. n. 100. vers. 2.
  14. Spanheim. De præst. & usu numism. Tom. iI. Dissert. 11. §. 10. pag. 289. [ Sono più rare e più belle quelle simili in oro. Vedi Vaillant Numism. imp. rom. Tom. iI. pag. 166. 168.
  15. I più belli monumenti pubblici di questi tempi sono il tempio innalzato dal Senato ad Antonino e Faustina dopo la loro apoteosi, nella Via Sacra, come osserva Nardini Roma antica, lib. 5. cap. 2. princ., ed ora in Campo Vaccino. Le colonne, che ne reggono gli avanzi, sono le più belle, che abbiano in marmo cipollino. L’altro monumento è la colonna di granito rosso, che si vede per terra dietro alla Curia Innocenziana, ove molti anni sono fu danneggiata dal fuoco, e la sua base in marmo bianco posta nella contigua piazza di Monte Citorio, in cui è rappresentata parte in basso rilievo, e parte in tutto rilievo l’apoteosi di Antonino. Si l’una, che l’altra fu data in rame, e illustrata dal Vignoli sul principio di questo secolo, quando fu disotterrata.
  16. V. Casaub. in Spart. Pescenn. p. 124.
  17. Tab. IX.
  18. Tab. XX.
  19. Il Senato a Roma fa dono ogni anno d’un mazzo di fiori al Capitolo di san Giovanni in Laterano, quasi come un obbligo feudale, per la statua equestre di M. Aurelio, riconoscendone così l’antico diritto. Fin dal tempo in cui quella statua fu portata in Campidoglio si creò un pubblico impiego, che da dieci scudi al mese, e quegli che l’occupa si dice il Custode del Cavallo. V’è anche un altro impiego, che dicesi la Lettura di Tito Livio, e frutta 100. scudi annui assegnati sull’appalto del sale. Simili impieghi non portano veruna fatica. Il Papa suole darli a due delle più amiche e nobili famiglie di Roma; e il secondo lo gode la casa Conti. L’altro fu unito da Clemente XII. al secondo custode del museo Capitolino.
  20. Vedi la nostra Dissertazione nel Tomo iiI.
  21. Phot. Biblioth. cod. CCXLII, p. 1046.
  22. lib. 3. epist. 18.
  23. Philostr. De vit. soph. lib. 2. c. 1. §. 10. pag. 558. Tom. iI.
  24. Renaudot Prém. mém. sur l’orig des lettres grecques, Acad. des Inscript. Tom. iI. Mém. pag. 237.
  25. Ne è restata la copia colle iscrizioni nella Biblioteca Vaticana.
  26. Miscell. ec. sect. 10. n. 12. pag. 322.
  27. V. Palmer. Exerc. in opt. sere auctor. græc, ad Lucian. pag. 535.
  28. Un combattimento di gladiatori, de’ quali ognuno è distinto col proprio nome, ricavato da un disegno presso l’e˜mo Albani è stato pubblicato dal nostro Autore ne’ suoi Monumenti antichi n. 197.e 198. Tal opera nondimeno, per quanto si può giudicar dal disegno, fu eseguita o dopo il decadimento dell’arte, o da un artista poco esperto.
  29. Monum. ant. ined. num. 203.
  30. Capitolino nella di lui vita, cap. 6. Tom. I. pag. 422. scrive, che la portava con sé; onde esser doveva non molto grande.
  31. Da una dissertazione mss. del ch. P. M. Capsoni Domenicano rileviamo che la statua posta sulla piazza del duomo a Pavia, di cui parlammo al Capo iI. Lib. VII. p. 48. not. 1., detta volgarmente il Regisole, e trasportata probabilmente da Roma a Ravenna, e di Ravenna a Pavia, rappresenti L. Vero. Montfaucon Diar. ital. cap. 10. pag. 149. prendendola per un M. Aurelio, s’ingannò, com’erasi già ingannato dando lo stesso nome al L. Vero della villa Mattei in Roma. V. Ficoroni Osserv. &c. pag. 31. A molte vicende soggiacque la statua, onde ha molti rappezzamenti; sembra però che antica siane la testa, il busto, parte del panneggiamento, la sinistra, e ’l cavallo, cui gl’intelligenti reputano di lavoro greco. La statua, tranne la bardatura del cavallo, e qualche pezzo rimesso, è di metallo fuso, e non battuto, come altri vollero.
  32. Egli era addetto alla filosofia stoica, e per conseguenza la sua morale, e i suoi pensieri sono alla maniera loro per buona parte erronei, e stravaganti. Vedassi Gian Francesco Buddeo Introductio ad philosophiam Stoicorum ex mente Antonini, Davide Koelero De philosophia Antonini, Hubner Reflexions sur les dogmes de M. Aurele, Bruckero Histor. crit. phil. Tom. iI. per. iI. par. I. lib. 1. cap. iI. sect. 7. §. 14. p. 597., e il ch. P. Buonafede Della istoria, e della indole di ogni filos. Tom. iiI. cap. 45., Tom. IV. c. 60.
  33. Vuol dire quando cominciava a spuntargli la barba, cioè intorno ai 19. anni, come si vede nel marmo; e non vi ha badato il ch. Tiraboschi, il quale nella Storia della Letterat. ital. Tom. iI. lib. iI. cap. X. §. iI. nota su questo luogo, che Commodo non poteva essere altrimenti che giovane, essendo stato ucciso in età d’anni 31.
  34. Bottari Mus. Capit. Tom. iI. Tav. 48.
  35. Nel Tratt. prelim. c. IV. p. XCVIII. in fine, aggiugne Winkelmann, che questo busto può gareggiare coi più bei ritratti che abbiamo, eccettuato fempre il lavoro de’ capelli, il quale essendo fatto quasi col solo trapano, ed eseguito a stento e minutamente, si distingue da’ capelli scolpiti ne’ secoli anteriori. Non esclude da questa osservazionc le più belle teste degli Antonini medesimi, e particolarmente le due celebri di Lucio Vero, e di Marco Aurelio, di grandezza quasi colossale, esistenti nella villa Borghese, nominate qui avanti pag. 395. §. 5., i capelli delle quali son lavorati nella medesima guisa.
  36. Buonarr. Osserv. istor. sopra alc. medagl. Tav. 7. n. 6. pag. 116.
  37. Vedi qui avanti pag. 94.
  38. Anche questa colonna meritava una distinta menzione, come quella di Trajano, di cui ha parlato l’Autore qui avanti p. 371., benchè si creda inferiore nella bellezza del lavoro. Si vuole eretta dal Senato in onore di Marc’Aurelio, ed è stata incisa in rame da Sante Bartoli colle illustrazioni di Bellori. Il celebre prodigio della pioggia impetrata dal cielo all’esercito di questo imperatore nella guerra contro i Quadi per le preghiere della Legione Fulminatrice, come raccontano Tertulliano Apolog. c. 5., Ad Scapul. c. 4., Eusebio Eccles. hist. lib. 5. cap. 5., S. Gregorio Nisseno De Ss. quadrag. Martyr. orat. 2. princ. oper. Tom. iI. pag. g937., Sifilino in M. Ant. pag. 275., ed altri, intorno a’ quali può vedersi il Baronio Annal. Tom. iI. ann. 176. n. 2. segg. pag. 286. segg., Ermanno Witzio De Legione Fulmin. Christ. ec., quel miracolo, dico, rappresentato sulla colonna secondo l’opinione dei Gentili, come può vedersi presso il citato Bartoli Tavola 15., era rappresentato anche in una pittura menzionata da Temistio Orat. 15. ad Theodos. pag. 191. Vi era l’imperatore colle mani alzate in atto di pregare, e i suoi soldati chi in atto di ricevere l’acqua negli elmi, e chi di bere.
  39. Vedi Tom. I. pag. 303. §. 26.
  40. Evvi in Belvedere a Roma, dice il nostro Autore nelle sue Annotazioni ec. p. 124., [ e nel Trattato prelim. cap. IV. p. XCIX. ] una statua, volgarmente detta Ercole Commodiano, e credesi ivi rappresentato l’imperator Commodo, che soleva farsi effigiare vestito colla pelle di leone, come [ ci attesta Lampridio nella di lui vita c. 9. pag. 496., e ] appare dalle sue monete. [ Vedi Buonarruoti loc. cit. num. 8. pag. 199. segg. ]. Il bambino che tiene sulle braccia credesi quel fanciullo che serviagli per passatempo, e che fu poi cagione della sua morte. Herodian. lib. 1. cap. 53. Ma ivi si rappresenta veramente Ercole, che tiene in braccio Ajace figliuolo di Telamone; imperciocchè narrasi che la nascita di quello fanciullo fu predetta al padre da Ercole; che Ercole gl’impose tal nome prima ch’ei nascesse, pel buon augurio che prese da un’aquila apparsagli nel far i suoi voti per lo stesso fanciullo, secondo Pindaro Isthm. Od. 6. vers. 61., il quale fanciullo essendo poi nato, fu da Ercole involto nella sua pelle del leone, ed innalzato così verso il cielo, come per presentarlo a Giove, e così portato al di lui padre, come si ha da Filostrato Heroic. cap. 11. num. 1. pag. 719. Tom. iI., e finalmente da lui educato. Tzetz. Schol. in Lycophr. Alex. v. 461. [Il signor abate Visconti farà vedere nel Tom. iI. del Museo Pio-Clementino, che rappresenti piuttosto Teleso figlio d’Ercole, argomentandolo principalmente da altri monumenti ne’ quali vedesi Ercole col figlio in braccio, e accanto la cerva, che lo allattò. ] In alcuni modelli in gesso di quella statua fu omesso il bambino, invece di cui sono stati dati ad Ercole i tre pomi delle Esperidi. Questa statua è lavoro d’uno de’ più abili artisti della Grecia, e può annoverarsi tra le più belle di Roma. La testa è incontrastabilmente la più bella testa d’Ercole che si conosca, e i capelli son lavorati colla maggior finezza e gusto, come nell’Apollo. [Così, prosiegue a dire l’Autore nelle sue Annotazioni, è stata creduta senza giusto fondamento una statua di Commodo in forma di gladiatore, quella nel cortile del palazzo Farnese, che porta un giovanetto ucciso sulle spalle. Non era stato avvertito che la testa, la quale effettivamente rappresenta questo imperatore, era moderna. Molto più si è approssimato alla verità colui, che dalla semplice figura vedutane in una raccolta di statue assai male incise pubblicata in Roma nel 1623., la chiamò un Atreo uccisore del figlio di Tieste suo fratello; della quale spiegazione vanamente si è spacciato autore Gronovio nelle sue antichità. [Thes. Antiq. grec. Tom. I. nnnn.
  41. Cresoll. Theatr. rhet. lib. 1. cap. 4.
  42. V. Bertley’s Diss. upon Phalar. p.406.
  43. Spart. in Severo, pag. 65. B.
  44. Disegnato da Pietro Berettino da Cortona, inciso da Sante Bartoli, e pubblicato da monsignor Suaresio colle sue illustrazioni per le stampe del de Rossi in Roma nel 1676. Ne dà la figura anche il Montfaucon Antiq. expl. Tom. IV. par. 1. pl. 109. Marliani lo giudica il più bello di tutti gli archi.
  45. In Roma accanto a san Giorgio in Velabro.
  46. Fabretti Synt. de col. Traj. c. 8. p. 258., Montfauc. Ant. expl. Tom. iiI. par. 2. pl. 154 [ Dato anche nei Monumenti antichi inediti num. 199.
  47. Di Caracalla osserva il nostro Autore nelle sue Annotazioni su questo luogo, secondo Erodiano lib. 4. cap. 13., che ordinasse a tutte le città d’alzar delle statue ad Alessandro il Grande, di cui egli imitava il piegamento della testa, come si è veduto qui avanti pag. 251. n. b., e come facevano anche i Satrapi della Persia al dir di Temistio Orat. 13. ad Gratian. pag. 175. B. Aggiugne che si vedevano in Roma degli Ermi a doppia testa, da una parte di Alessandro, e dall’altra di Caracalla. Quelli fece innalzare anche delle statue, e de’ busti a Silla, e ad Annibale, che venerava come i più gran capitani dell’antichità. Erodiano loc. cit. Nel Trattato prelim. in fine, pag. CI. Winkelmann loda le teste di lui nel palazzo Farnese, nel museo Capitolino, e nella villa Albani.
  48. Icon. lib. 1. proœm. pag. 76.
  49. Maffei Racc. di statue, Tav. 92.
  50. Ci avrebbe forse fatto prendere miglior concetto dell’arte a’ suoi tempi la quadriga, e le statue di bronzo, che stavano sul citato suo arco, se si fossero conservate.
  51. idem Tav. 110.
  52. Lamprid. in Heliogab. c. 4. pag. 797.
  53. Lampridio nella di lui vita, cap. 26. pag. 924. Si veda al capo seguente §. 7.
  54. Un bel busto se ne ha ora nel Museo Pio-Clementino, trovato negli scavi d’Otricoli; e un altro maraviglioso, in vestito virile, è andato alla galleria Granducale a Firenze, ove già ne era un altro loricato.
  55. Un’opportuna osservazione su questo passo ci viene somministrata dal rinomato signor abate Tiraboschi, la quale piacemi riportare cogli stessi suoi termini: „ Alessandro Severo, dic’egli Stor. della Lett. ital. T. iI. lib. iI. cap. X. §. iI., sembra che usasse di ogni sforzo per far rifiorire le belle arti, il che dal Winkelmann non si è avvertito .... Lampridio in Alex. cap. 27. pag. 927., Tom. I, dice che egli dipingea mirabilmente, e che molte rinnovò delle fabbriche,, de’ precedenti Imperadori, molte nuove ne fece innalzare egli stesso, e tralle altre le terme, a cui diede il suo proprio nome, che molti colossi fece ergere in Roma, chiamando perciò da ogni parte artefici valorosi; anzi a lui attribuisce l’invenzione di unire e di intarsiare insieme marmi di diversi generi, id. ib. c. 25.; nel che però, se egli intende che Alessandro fosse l’inventore de’ lavori che diciamo a mosaico, essi erano più antichi di assai, come dall’erudita Opera del cardinal Alessandro Furietti su questo argomento raccogliesi chiaramente„. Noi pure abbiamo di ciò trattato in altra nota qui avanti pag. 87.
  56. Vedi Tom. I. pag. 40. Ora è passato in Inghilterra presso il sig. cav. Hamilton.
  57. Paus. lib. 5. cap. 18. pag. 42.
  58. V. Vignoli Diss. de ann. 1. Imp. Alex. Sev. Aug. quem præfert Cathedra marm. sancti Hippolyti, princ. [ Ne dà la figura anche Bianchini nell’edizione romana d’Anastasio Tom. iI. pag. 159. seg.
  59. V. Nardini Roma ant. lib. 7. cap. 11. reg. XIV. pag. 415. [ Egli prova, che da’ tempi anteriori avessero i Cristiani in Roma delle chiese pubbliche.
  60. V. Ficoroni Oss. sopra il Diar. ital. di Montf. pag. 14.
  61. V. Lips. Ant. lect. lib. 5. cap. 8.
  62. Nella Grecia asiatica se ne sono coniate almeno sino a Diocleziano, e qualchedune possono vedersi nelle raccolte di Bandurio, di Pellerin, dell’Haym, di Pembrok, nel museo Pisani, e Arigoni.
  63. Si è notato qui avanti pag. 45. not. b., che è di Triboniano Gallo, ed è passata al Museo Pio-Clementino.
  64. Vita Titi.
  65. Baudelot L’utilité des voyag. Tom. I. pag. 123. segg.
  66. Triller Observ. crit. lib. 4. cap. 6. [ Riprovato dal P. Paciaudi Monum. peloponn. Tom. ri. pag. 44.
  67. Vi fu ritrovata anche la bellissima colonna d’alabastro orientale, che si vede nel museo Capitolino. Ved. Ficoroni Vetera monum. &c. in appendice delle Gemmæ literatæ., &c. pag. 115. Il signor duca Cesarini vi trovò un gran pezzo di plasma di smeraldo, col quale fece tavolini bellissimi.
  68. Vedi le lettere di Winkelmann nel Tomo iiI. qui appresso, art. xv. in fine.