Sermoni giovanili inediti/Sermone XIX
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SERMONE DECIMONONO.
L’EDUCAZIONE.
Quando il rigido verno i campi stringe
Di pigro gelo, e il mesto occhio d’intorno
I pingui cólti indarno cerca, e i lieti
Prati, che un bianco vel copre e confonde
5Senza che il verde della molle erbetta
E il fiammeggiare di purpureo fiore
La speme avvivi e a ben amar conforti;
Quasi diresti che un eterno sonno
Dorma natura abbandonata e morta.
10Ma se l’industre agricoltore a tempo
Ruppe le zolle, a’ preparati solchi
Semi eletti fidando, oh! ti consola,
Che al ritornar dei zefiri soavi,
Onde a vita novella il mondo nasce,
15Vedrai la terra innamorata a nuovo
Riso dischiusa, e dell’onore altera
Dei giovani germogli, onde fra poco
Fia che la bionda mèsse ondeggi e porti
Agli sparsi sudor degna mercede.
20Tale è la cara immagine di quella
Gente, che, fatta del suo meglio accorta,
L’ignoranza, l’errore e l’ozio vile,
Onde fu a lungo offesa e in mille tratta
Colpe e sciagure, alfin vinca e prepari
25Un miglior fato alla crescente prole;
Di senno e di bontà semi spargendo
Nel suo vergine core, e nell’ingegno
Di nebbia puro ed avido di quanta
Pel senso irrequïeto inclita luce
30Dalle create cose in lui si versi.
I primi semi in sè raccoglie e tiene
L’anima semplicetta; e se non manchi
Diligente cultor, che dal maligno
Soffio ne guardi e da mortifer’ erbe,
35E ne ministri con diletta cura
Alimento e ristoro, eccoli in pianta
Rigogliosa cresciuti, che protende
Carche di frutta al ciel le braccia, e sprezza
Il lento morso di schifoso insetto,
40E il fiero imperversar della procella.
Senza velame il mio pensiero aperto
Tu ben comprendi, amico, e con me piangi
La cieca insania di colui, che in basso
Stato travolto, di consiglio privo,
45Di vigor, di costanza, i sogni e l’ombre
Abbraccia e cade; e nella sua rovina
O infingardo s’accascia, o furibonde
Scaglia bestemmie, o disperati sforzi
Tenta, che il fanno ricader più a fondo.
50All’ascosa del mal prima radice
Guardiamo, e se del bel loco natío
Caritade verace e di noi stessi
Cura ne prende, e intemerata fede
Nel santo ver nella giustizia, in Dio
55Viva n’accende, deh! si scuota il grave
Torpore, e dove più geme la piaga
Il ferro scrutatore ivi discenda.
A contemplare le bellezze eterne
Fatta è l’umana mente, e l’uman core
60Ad amare, a seguire il bello, il vero
E il buono, che fra lor misti e confusi
Tanto più son, quanto si parton meno
Dalla perfezïone, a cui sospira
Lo spirto che quaggiù mai non l’arriva.
65Pure a quel segno ognora intento miri
Quei che le giovinette anime educa,
Ed i germi reconditi ne desta
E ne coltiva sì, che drittamente
Vigorosi si svolgano e securi,
70E fecondi di un ben ch’unqua non more.
So che di rado un intelletto sano
Trovi ed un maschio cor, se inerte e molle
Langue l’infermo corpo a lui ministro
Delle interne movenze e degli impulsi
75Che vengono di fuor. Validi e pronti
Ubbidiranno gli organi soggetti,
Sofferenti di veglie e di fatiche,
Quando degli avi nostri il parco cibo,
Le ginnastiche prove ed il severo
80Costume imiterem, quanto il mutato
Tempo e la nova usanza a noi consenta.
Fin da’ prim’anni il fanciulletto ad una
Norma suprema, che non pende incerta
Dal varïar de’ casi e dal talento
85Volubil de’ mortali, il suo desio
S’avvezzi a misurar; fermo risolva,
Ed al saldo voler l’atto risponda
Come il debito impone. In questo sappia
La legge venerar, che il comun dritto,
90Il riposato vivere e l’onesta
Libertade assicura, onde ciascuno
Meglio ai diversi uffici applica e intende,
Cui diversa natura o sorte adatto
Meglio lo rese. Da principii eterni
95Quella norma discende, e a lei suggello
Pone Religïon, che ai petti forza,
Luce alle menti accresce, e tutti agguaglia
Nell’amplesso fraterno innanzi a Lui
Padre e Signor, che all’universo impera.
100Chi l’arco dell’ingegno al vero tende
Badi, che la sofistica dottrina
Non tarpi l’ali del pensier, che vola
Del bello in cerca, e non ammorzi in core
I generosi e miti e casti affetti,
105Dolce delizia della vita; e badi,
Che la focosa e indocil fantasia
Della ragione non usurpi i dritti;
O il sentimento senza posa e guida
Dietro alle false immagini non corra.
110Di chimeriche larve il popol vago,
Se del lume purissimo gl’involi
Per noncuranza o per sospetto il raggio,
Erra ramingo e forsennato in traccia
Di quello, che suo ben chiama, ed in vane
115Lusinghiere sembianze effigïato
Una turba bugiarda gli promette.
E quasi infermo, che nel duro letto
Agitandosi fa la sua ferita
Più acerba e cruda, ei s’agita, e l’interna
120Doglia irritando, incauto e cieco grida:
Viva la morte mia, muoia la vita!
Meraviglia e dolor mi prende quando
Vedo in che ponga la speranza e l’opra
Chi s’argomenta coll’infido suono
125Di parolette garrule ed accorte,
Con rabidi conati od arti cupe
Render felice ed onorato il mondo.
Spesso l’ignaro volgo ai detti applaude
Di chi l’inganna, e con melate labbra
130Oro ed imperio agogna, e sangue. Indarno
D’anni lieti e ridenti un ordin nuovo
Affretterem coi voti, infin che l’alma
Non si rattempri a più civil costume,
A più degni concetti; e vuoti nomi,
135Che l’aura porti, più non sien fra noi
Religïon, virtù, giustizia, fede,
Patria, onor, caritade, onde già troppo
S’empîr le bocche ed intronâr gli orecchi
Della plebe, che intanto ai fatti guarda,
140E dei contrari esempi ebbra s’ispira.
Quella luce del vero e quella idea,
Che i pensieri, gli affetti e le parole
Indrizza a miglior segno, in noi risplenda
Dapprima; indi si versi in mille rivi
145Soavemente intorno, al suo principio
Più ricca e bella ritornando. A questa
Mira l’occhio volgiam. Ma se radici
Nel segreto dell’uom salde non mette
Il seme prezïoso, onde securo
150Di non mentita civiltade il frutto
E d’imprese magnanime deriva,
Altri ne dica, ch’io non oso, quale
Alle famiglie, alle cittadi, ai regni
Nell’oscuro avvenir sorte s’appresti.