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170 | sermone decimonono. |
Meraviglia e dolor mi prende quando
Vedo in che ponga la speranza e l’opra
Chi s’argomenta coll’infido suono
125Di parolette garrule ed accorte,
Con rabidi conati od arti cupe
Render felice ed onorato il mondo.
Spesso l’ignaro volgo ai detti applaude
Di chi l’inganna, e con melate labbra
130Oro ed imperio agogna, e sangue. Indarno
D’anni lieti e ridenti un ordin nuovo
Affretterem coi voti, infin che l’alma
Non si rattempri a più civil costume,
A più degni concetti; e vuoti nomi,
135Che l’aura porti, più non sien fra noi
Religïon, virtù, giustizia, fede,
Patria, onor, caritade, onde già troppo
S’empîr le bocche ed intronâr gli orecchi
Della plebe, che intanto ai fatti guarda,
140E dei contrari esempi ebbra s’ispira.
Quella luce del vero e quella idea,
Che i pensieri, gli affetti e le parole
Indrizza a miglior segno, in noi risplenda
Dapprima; indi si versi in mille rivi
145Soavemente intorno, al suo principio
Più ricca e bella ritornando. A questa
Mira l’occhio volgiam. Ma se radici
Nel segreto dell’uom salde non mette
Il seme prezïoso, onde securo
150Di non mentita civiltade il frutto
E d’imprese magnanime deriva,
Altri ne dica, ch’io non oso, quale
Alle famiglie, alle cittadi, ai regni
Nell’oscuro avvenir sorte s’appresti.