Sermoni giovanili inediti/Sermone XVIII

Sermone XVIII. La Vita domestica

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SERMONE DECIMOTTAVO.


LA VITA DOMESTICA.




Se l’affannoso e stanco pellegrino,
     Dopo lungo vagar sotto l’ardente
     Sferza del sole, alfin trovi l’amica
     Ombra di annosa pianta, a cui d’appresso
     5Lieve lieve serpeggi un ruscelletto,
     Ivi al fiorito margine riposa
     L’infermo fianco, e al cristallino umore
     Le arse labbra ristora. Al mormorio,
     Dell’onda, al susurrar delle commosse
     10Foglie, ed all’alitar molle dell’aure,
     Che gli scherzan sul volto, un dolce sonno
     Gli occhi gli vela, e alla mente serena
     Di mille visïon care sorride.
Questa leggiadra immagine mi corre
     15All’acceso pensier, se mal presumo
     Ritrarre in parte le segrete e pure,
     Che intendere non può chi non le sente,
     Gioie dell’alma allor ch’entro l’albergo
     Dì domestica pace, a’ suoi diletti
     20In sen versando del dolor la piena
     O del piacer, la doglia disacerba
     E il gaudio accresce; chè, divisa in molti,
     Fatta lieve è la pena, ed ai soavi
     Conforti vicendevoli si rende
     25Quasi pegno d’amor verace e novo.
     Ma di letizia un raggio si diffonde,
     Che mentre agli altri propagato splende,

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     Al centro torna onde dapprima uscío,
     E nel ricambio di percossa luce
     30A tutti arride e maggior forza acquista.
Quale nocchier, che la sbattuta nave
     Dal procelloso mar tragge secura
     Al fido porto, l’uom cui dolce suoni
     In cor di padre o di marito il nome,
     35Di fratello o di figlio, in questi sacri
     Nomi ed affetti cerca e trova scampo
     Contro l’infurïar della tempesta,
     Onde si turba e si contrista il mondo.
     Ove alle insidïose arti l’aperta
     40Congiunta vïolenza, ahi! troppo spesso
     Regna e trionfa! Con superbia ed ira
     E codardo livor la forsennata
     D’oro e d’imperio brama i ferri aguzza
     Contro gl’inermi petti, e più del ferro
     45Micidïali di calunnia i dardi;
     Talchè alla vita perdonando, offesa
     Lascia la bella fama. A santo zelo
     Si compone talor chi luogo e tempo
     A vendicarsi aspetta, e ingorde voglie
     50In sen covando fa di Dio mercato;
     Ne al labbro incauto, che di lui si fida,
     Un bacio porge che non sia di Giuda.
Non per questo dirò che sospettoso
     O bieco il guardo intorno giri, quasi
     55Ad ogni passo d’incontrar paventi
     Con ridenti sembianze un tuo nemico;
     Nè che l’amara esperïenza tanto
     In noi stessi ci stringa, e agli altri faccia
     D’opre benigne e di cortesi uffici
     60Avari e parchi, che l’angusta cerchia
     Dei lari nostri spazïar ci tolga

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     Ove ne chiami della patria il grido,
     E dell’oppressa umanitade il pianto.
Del consorzio civile è fondamento
     65La famiglia: per essa a noi fu dato
     Le prime respirare aure di vita,
     Le prime note modulare, i primi
     Sugger baci materni, e i primi germi
     Nutrir d’amore, di virtù, di fede.
     70Quanta dolcezza all’anima discende
     A chi ripensi con invidia al tempo,
     Che più non torna, della verde etade!
     Nè la matura o la cadente è priva
     Di veraci conforti al volgo ignoti,
     75Cui piaccia folleggiar ove di cento
     Giochi e sollazzi un alternar confuso
     Il senso illude ed affatica, e lascia
     Vôto e turbato il cor. Tacita e sola
     Donna, che vegli a studio della culla.
     80Tutta dipinta di amorosa cura,
     Sul pargolo che gli occhi al sonno chiude,
     Il guardo affisa palpitando, e quasi
     Tema turbarne il placido riposo,
     I cari baci e il dolce alito affrena;
     85Sè consolando nelle notti insonni
     Col desïoso immaginar, che sola
     Una madre conosce, intende ed ama.
Per lei di gentilezza e di onestade
     Il riposato vivere si abbella
     90Nelle stanze felici, in cui risplende
     Angiol novo di pace. Il padre antico
     Quasi degli anni e delle cure obblia
     Il grave incarco, mentre a sè d’intorno
     Saltellar vede i garruli nipoti;
     95E salutando con letizia il giorno,

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     Che sacro ad esso il natal suo ricorda,
     Porgergli doni di corone e voti.
     Dall’innocente labbro al ciel graditi
     Sorgono i voti; e sull’accolta schiera,
     100Agli affetti concordi e ai casti preghi,
     Lo spirito di Dio scende e la fiamma
     Di bella e santa caritade avviva.