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168 sermone decimonono.

     Nel santo ver nella giustizia, in Dio
     55Viva n’accende, deh! si scuota il grave
     Torpore, e dove più geme la piaga
     Il ferro scrutatore ivi discenda.
A contemplare le bellezze eterne
     Fatta è l’umana mente, e l’uman core
     60Ad amare, a seguire il bello, il vero
     E il buono, che fra lor misti e confusi
     Tanto più son, quanto si parton meno
     Dalla perfezïone, a cui sospira
     Lo spirto che quaggiù mai non l’arriva.
     65Pure a quel segno ognora intento miri
     Quei che le giovinette anime educa,
     Ed i germi reconditi ne desta
     E ne coltiva sì, che drittamente
     Vigorosi si svolgano e securi,
     70E fecondi di un ben ch’unqua non more.
So che di rado un intelletto sano
     Trovi ed un maschio cor, se inerte e molle
     Langue l’infermo corpo a lui ministro
     Delle interne movenze e degli impulsi
     75Che vengono di fuor. Validi e pronti
     Ubbidiranno gli organi soggetti,
     Sofferenti di veglie e di fatiche,
     Quando degli avi nostri il parco cibo,
     Le ginnastiche prove ed il severo
     80Costume imiterem, quanto il mutato
     Tempo e la nova usanza a noi consenta.
Fin da’ prim’anni il fanciulletto ad una
     Norma suprema, che non pende incerta
     Dal varïar de’ casi e dal talento
     85Volubil de’ mortali, il suo desio
     S’avvezzi a misurar; fermo risolva,
     Ed al saldo voler l’atto risponda