Scatole d'amore in conserva/Matrimonio ad aria compressa

Matrimonio ad aria compressa

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Cacce arabe Una favolosa indigestione
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MATRIMONIO
AD ARIA COMPRESSA

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MM

iei cari sposini. Non mi pento di essere venuto l’ultimo a farvi i miei auguri. Poiché mi avete sempre considerato come vostro direttore spirituale sono venuto a darvi i miei consigli di felicità sperando che essendo gli ultimi saranno un po’ seguiti. Partite fra mezz’ora quasi senza meta. Mi hanno detto che farete un lungo viaggio. Vorrei che la vostra pesca di sensazioni nei mari lontani fosse abbondante, sorprendente e deliziosa pei vostri nervi e per i vostri cuori; ma temo che ciò non avverrà se non vi liberate subito da tutte le vostre abitudini passate. Le Forze dell’Universo vi offrono delle avventure e delle coincidenze artisticamente combinate pei piaceri dell’anima e del corpo. Occorre dunque preparare dei pontili nuovi a questi miracolosi visitatori. Bisogna partire con animo nuovo, nervi nuovi, occhi nuovi, naso nuovo, mani nuove. Questa pioggerella d’autunno che dà ai pensieri miei una nuova lucidità frizzante vi porge anche un quadro preciso delle vostre sensibilità passate. Guarda un po’ tu, caro Giovanni, guardi, signora, lì davanti alla soglia della vostra bella villa; la pioggia crea nelle pozzanghere incessanti, minuti cerchi concentrici che si ingranano come le numerose piccole ruote d’un orologio preciso. Sono instancabili, oliate, delicatissime, quelle piccole ruote d’acqua mosse dalle gocce cadenti. Si muovono senza scosse. Ora il loro ritmo sogna di ingranarle nelle grandi ruote pure oliatissime, ovattate di silenzio della automobile dei vostri [p. 69 modifica]amici che partono dopo avervi festeggiato con ritmo identico e preveduto. I raggi solari creano sulla lucente carrozzeria altre piccole ruote illusorie con un ritmo uguale. Per carità fate uno sforzo per evitare la spaventosa monotonia del preveduto che minaccia il vostro viaggio di nozze. Meno male: i vostri amici sono partiti. Erano altrettanti pantani carceri contatori manometri di monotonia e di già fatto. Io sono un vulcano ricco di terremoti spirituali. Sono anche un vestiarista teatrale. Non voglio — capite? — non voglio lasciarvi andare in scena con quelle vostre anime consunte e più vecchie della terra. Tu sei l’elegantissimo e ricco intellettuale, dalla sensibilità squisitamente eccitabile Occhi di educanda curiosa, indecisa, un po’ disillusa. Corpo troppo lungo di giunco pronto a dar suoni lamentevoli se i cuscini morbidi della comodità ti sono d’un tratto scopati via dal vento della sfortuna. Effeminato, gemebondo, sfiduciato come un flauto, presti i tuoi forellini alle musiche dell’aria, del tempo e dello spazio. Tempo e spazio addomesticati che sanno soltanto ricordare. Bisogna invece aggredire la vita, perchè le Forze ti imbandiscano un pranzo succulento, tutto sorprese. Lei, signora, è stata sino ad oggi la vaporosa, anemica, impressionabile bambina, velata dalle sue inquietudini come un fragile arbusto, educata ai cieli autunnali, ai libri e ai flirts sfogliati senza tormento, ai paesaggi bevuti senza sete nei finestrini veloci dei treni di piacere senza piacere. [p. 70 modifica] Vorrei darvi due anime nuove, semplici, rudi danzanti ilari pennute di sudanesi. Innamorarvi delle altissime colate di sole-piombo fuso sui mari tropicali. Insegnarvi a gustare la gioia di sentirsi bolidi caldi appena caduti sulla terra. Trasformare i vostri sentimenti in mantici potenti che animeranno i fuochi dei vostri cervelli. Non è facile, ma tenterò. Credo che una nuova piega stirata sistematicamente sulla veste di un’anima possa rinnovarla integralmente. Nel campo spirituale come nel campo fisico tutto deriva da una data piega, imposta da altri o da se stessi. Questo mio meccanismo psichico ha dato grandi risultati. Scavalchiamo le critiche dei filosofi che boccheggiano e agonizzano sulla sabbia, pesci estratti dal grande oceano della vita. La vita mi ha insegnato che l’anima d’un sanguinario può con una piega nuova di dolcezza imposta metodicamente, trasformarsi nell’anima di un missionario pietoso. Ogni mattina imponetevi di contraddire il progetto o programma che la vostra vita passata v’ispira. Fate esattamente il contrario di tutto ciò che il grande Albergo, il Baedecker, i vostri amici, la temperatura della giornata, il paesaggio, i vostri bagagli, il vostro denaro, le vostre comodità e tutti i vostri gusti vi impongono di fare. Sarà naturalmente in voi il desiderio di rimanere soli più lungamente possibile. Ma dovunque vi sono importuni e folle opprimenti! Quando rimarrete soli, il vostro passato, ripiombando su di voi, vi ridarà l’identica noia. Vi tufferete allora nel mondo, inadatti a goderlo, a [p. 71 modifica]spremerlo, a dominarlo. Vecchia altalena cretina degli sposi e degli amanti in viaggio. Fra una diecina di giorni sarete in una piccola stazione a due ore da New York. Decidete senz’altro di non rimanere più soli, scegliendo tutti i mezzi per mescolare le vostre due vite ai tumultuosi formicai umani che ribollono affaristicamente, strangolati da un tempo feroce e da uno spazio assolutamente inallargabile. Voi salite nel primo treno che passa. Strano: siete veramente soli, ma per poco tempo. Cinque minuti dopo entra nel vostro scompartimento un uomo maturo, forte, sanguigno, massiccio che rivela un carattere calmo e meditativo. Si siede nell’angolo opposto al vostro, apre un giornale e legge tranquillo. Ogni tanto però si tasta il portafoglio nella giacca: ha indubbiamente una grossa somma di denaro addosso. Alla stazione seguente tre marinai, brilli è sbrindelloni, entrano con lazzi e gomitate allegre, rullìi, beccheggi e si siedono pesantemente vicino all’uomo taciturno. Cominciano a scherzare fra loro, a spingersi l’un contro l’altro e a pigiarsi. L’uomo taciturno sbuffa, poi dice a bassa voce con calma: — Please! Listen... I am not a lemon! Ma i marinai continuano. L’uomo taciturno si alza e va a sedersi nell’altro angolo davanti a voi. I tre marmai si alzano subito e vanno a sedersi di nuovo vicino a lui. Uno dei tre dice con voce rude. — I want a satisfaction from you: — Why, please? [p. 72 modifica] — You have provoked me! — I dont understand. Why? Have I not payed my ticket like you? — Yes, but you refuse my company. Poi il marinaio si alza e voltandosi verso l’uomo taciturno lo squadra con calma dicendogli: — You are of the same size — (dovete avere il mio peso) e scaglia un pugno formidabile all’uomo taciturno. Pronto scattando in piedi il taciturno ha parato il colpo e risponde con un altro nel naso del marinaio. Il secondo marinaio si avventa. Altro pugno nella bocca che sanguina. Terzo marinaio e terzo pugno decisivo nello stomaco. Arruffio. Lo scompartimento diventa una gabbia di belve in rissa. Tu e la tua signora raggomitolati nell’angolo cercate di annullare ogni vostra sporgenza per evitare di essere arraffati nel vortice dei cazzotti e per... rimanere soli! Il taciturno ha la giacca lacerata, ma tiene ferma la mano sinistra sul portafoglio mentre balza con calci e morsi, sparando di istante in istante spaventosi pugni col braccio destro. Questo ultimo colpo è così forte che piallando atrocemente il naso e gli occhi a uno dei marinai colpisce il cristallo.. La sua mano sanguina. Doccia di rosso e pioggia che irrompe mentre il treno già veloce sembra frenetizzare la sua corsa sull’Elevated, infilzando — schidione diabolico — piazze, tetti, finestre, terrazze. Zuffa di aquile in una bufera altissima. I tre marinai si accaniscono contro l’uomo taciturno senza domarlo. Lotta di aviatori nella [p. 73 modifica]cabina di un dirigibile rapinato dal vento. Vogliono senza dubbio liberarsi di questa zavorra umana per salire più in alto evitando le case di Brooklyn e il loro urto massacrante. Il treno le scavalca. La pioggia accelerata dalla velocità sputa poderosamente come una pompa d’incendio contro la rissa che martella, s’annoda convulsa, si pigia pigiando te e la tua sposina nell’angolo. Angolo che, purtroppo, non diventa un varco! Sono convinto che voi siete due grappoli d’uva sceltissima, maturati e inzuccherati a fuoco lento dalla più smorfiosa e carezzevole delle lune sulla curva elegante d’un colle toscano e destinati a liquidarsi in un vino prezioso dall’alcool mite con pizzicati di tenera ebrietà. Quale vino darete mai sotto una sì brutale pigiatura? L’uomo taciturno ma fortissimo sembra invincibile. Lotta ancora, rovesciando uno dopo l’altro i suoi avversari insanguinati, pesti, laceri, sudici che gli si avventano quasi automaticamente contro. Il treno in un ultimo acceleramento collabora anch’esso a raddoppiare il peso tempestante dei tre marinai, ma finalmente l’uomo taciturno che sta forse per cedere sente nel dondolamento del vagone e nei suoi tonfi ritmati sulle rotaie che la velocità diminuisce. Colpisce, colpisce colla destra, mentre la sua mano sinistra cerca e trova la maniglia dello sportello. Le bocche dei marinai: forni di bestemmie vino sangue. Il treno tuonante sulle rotaie sonore anguilla, anguilla, pende sopra abissi di piazze irte di luci, [p. 74 modifica]poi con slancio nel buio stridendo prende in giro i caseggiati come il mare notturno prende in giro le isole. Rallenta. La zuffa sembra quasi immobile nella sua frenesia di stantuffi impazziti. Ma l’uomo taciturno ha già aperto lo sportello, si volta fulmineo, e giù nella folla fra urla e urtoni. Giù per la scala dell’elevated, rovesciando donne e marmaglia. Alt. Un poliziotto enorme lo riceve e stringe nelle braccia: — What is the matter with you? Sopraggiungono al galoppo, gambe al vento e pugni tesi, i tre marinai insanguinati. — Look at my lips! E mostra le sue labbra spaccate. — Look at my eyes! E mostra il suo occhio pesto. I tre raccontano con precisione tutta la storia della rissa. Il poliziotto li ascolta in silenzio, grave, poi scoppiando in ingiurie e bastonate sui marinai: — Godam! Godam! Godami! Uno dei marinai risponde con un pugno nel petto al poliziotto. Questo para il colpo. I marinai fuggono inseguiti, sbatacchiandosi fra tram e carrozze. Ma la strada è sbarrata da un’automobile che parte. Uno dei marinai apre lo sportello, e come un lampo dentro tutti e tre. Via! Capirete, cari sposini miei, che non è il caso di maledire il destino. Lo dovevate prevedere. Quell’automobile era preparata per voi dal caso. Vi sono magnetismi imposti dalle Forze cosmiche che [p. 75 modifica]vogliono ad ogni costo legare insieme, completare, perfezionare l’assurdo e il fantastico. Un veggente quale io sono pensa che scendendo dal treno voi dovevate necessariamente prendere (dopo una serie di anticipi e ritardi per ingombri o bagagli rintracciati) prendere proprio quell’automobile. Perchè non parte subito? Sono sempre le Forze che impongono al volantista di aspettare il tempo utile a che si svolga l’interrogatorio con relativa zuffa fra poliziotti e marinai. Bisogna, capirete, che voi, graziosi e delicati grappoli d’uva maturati dalla più raffinata delle lune toscane, benché già pigiati nello scompartimento siate pigiati ancora da un supplemento di pigiatura in automobile. Il volantista non ha visto nulla. Fila in quarta velocità sotto la pioggia, mentre vi difendete a graffi, a morsi, dalla pazzia dei marinai felici d’essere sfuggiti al poliziotto ma spaventatissimi dal molle liquido graffiarne, stillante che hanno trovato nell’automobile. La credevano vuota ed era piena! Di che? Di che? Di chiiii? Così a tutta velocità si svolge lo strizzamelo dei vostri primi amori sotto i pugni e i calci dei tre ubriaconi preoccupati certo di far schizzare da voi oltre ad un buon vino anche un cognac prelibato. Le bottiglie di lusso sono già pronte... Sembrano tali i camerieri di questo ultra-elettrico smisuratissimo Grande Albergo, davanti al quale la vostra automobile si ferma, aprendo il suo sportello di botte. Colano giù gambe di pigiatori e colate pure voi, poveri acini, con molto alcool di stupore-orrore-[p. 76 modifica]meraviglia che accende e rovescia financo i camerieri o bottiglie di lusso. Ma la vostra spumante avventura non è finita. Siete senz’altro versati in piccoli bicchieri pettegoli su tutti i tavoli della sfolgorante sala da pranzo. Due ore dopo, fra molte facce incuriosite, e innumerevoli «Strange! very interesting!» giungete meccanicamente alla gloria stellare, poiché ecco la Costellazione dello Scorpione si inchina essa pure attenta a leggere sulla più alta (insegna luminosa di New York questo titolo dell’ultima edizione del New York Herald, «The Strange travel of mister Giovanni and sailors».