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cabina di un dirigibile rapinato dal vento. Vogliono senza dubbio liberarsi di questa zavorra umana per salire più in alto evitando le case di Brooklyn e il loro urto massacrante. Il treno le scavalca. La pioggia accelerata dalla velocità sputa poderosamente come una pompa d’incendio contro la rissa che martella, s’annoda convulsa, si pigia pigiando te e la tua sposina nell’angolo. Angolo che, purtroppo, non diventa un varco!

Sono convinto che voi siete due grappoli d’uva sceltissima, maturati e inzuccherati a fuoco lento dalla più smorfiosa e carezzevole delle lune sulla curva elegante d’un colle toscano e destinati a liquidarsi in un vino prezioso dall’alcool mite con pizzicati di tenera ebrietà.

Quale vino darete mai sotto una sì brutale pigiatura?

L’uomo taciturno ma fortissimo sembra invincibile. Lotta ancora, rovesciando uno dopo l’altro i suoi avversari insanguinati, pesti, laceri, sudici che gli si avventano quasi automaticamente contro.

Il treno in un ultimo acceleramento collabora anch’esso a raddoppiare il peso tempestante dei tre marinai, ma finalmente l’uomo taciturno che sta forse per cedere sente nel dondolamento del vagone e nei suoi tonfi ritmati sulle rotaie che la velocità diminuisce. Colpisce, colpisce colla destra, mentre la sua mano sinistra cerca e trova la maniglia dello sportello. Le bocche dei marinai: forni di bestemmie vino sangue.

Il trrreno tuonante sulle rotaie sonore anguilla, anguilla, pende sopra abissi di piazze irte di luci,


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