Rivista di Cavalleria - Volume IX/II/Sul nuovo Regolamento d'equitazione

Federico Caprilli

Sul nuovo Regolamento d'equitazione ../La Cavalleria nella battaglia secondo le idee e le tendenze più recenti in Francia e in Germania ../Nota sulla produzione equina siciliana IncludiIntestazione 19 gennaio 2024 100% Da definire

II - La Cavalleria nella battaglia secondo le idee e le tendenze più recenti in Francia e in Germania II - Nota sulla produzione equina siciliana
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Sul nuovo Regolamento d’equitazione




Un nuovo regolamento per la cavalleria (Tomo 1°) è stato stampato, da attuarsi in via provvisoria, fino a che un’altra disposizione non lo renda definitivo. Il vecchio passerà in dimenticanza, come tutto ciò che ha fatto il suo tempo: noi conserviamogli il nostro rispetto, che per una lunga serie di anni esso fu la norma e la guida di molti che ci precedettero. Ed ora, dato l’ultimo addio al passato, perchè non dare il benvenuto al neonato?

In fondo esso è un poco il figliuolo di tutti noi. Se mutate condizioni dei tempi, la tendenza di considerare i fatti da un punto di vista semplice e pratico, e non secondo il formalismo di un sistema, avevano svegliato in noi alcune aspirazioni, che molte volte in omaggio alla disciplina dovevamo comprimere, per l’avvenire questo sforzo ci sarà risparmiato, poichè il nuovo regolamento è quasi la sintesi e la risultante di tali aspirazioni. Ne è la sintesi nelle linee essenziali, nel concetto informatore e certamente fu redatto col criterio di togliere inutili difficoltà, per raggiungere col metodo più semplice e produttivo lo scopo verso il quale tendiamo. Ma non sempre e non in tutti i particolari l’inutile ed il complicato forse si è potuto togliere e qualche piccola cosa da modificare in qualche concetto particolare, a mio avviso, è rimasta ancora. Auguriamoci che la pratica di questo periodo di esperimento ci serva a qualche cosa, e speriamo che il definitivo sarà in tutti i suoi particolari conforme ai sani principi che vi sono proclamati ed immune di tutto quanto è superfluo. [p. 153 modifica]

Intorno a questi particolari di cui ho parlato, avendo essi una importanza non lieve specialmente in ciò che concerne l’istruzione del soldato, mi sia permesso fare qualche considerazione, troppo fortunato se nel regolamento definitivo apparirà un accenno ad una modificazione in proposito.

Io ritengo in linea generale che fin da principio, e specialmente in principio, coi nostri soldati si debba mirare a rendere tutto facile e semplice ed a togliere dall’istruzione ogni cosa che non sia indispensabile e che non miri ad ottenere direttamente lo scopo che ci prefiggiamo. Ciò posto, io farei una prima osservazione riguardo ai comandi di maneggio; essi sono a mio parere troppo complicati, di nessuna utilità pratica ed inoltre troppo diversi da quelli di piazza d’armi e dell’istruzione all’aperto. Fin dai primi giorni il soldato deve figgersi in mente una serie di parole nuove che richiedono un certo sforzo per essere ricordate.

Quando una recluta sente ad esempio il comando «tagliate» od altro, essa fa nella testa un lavoro che intralcia visibilmente la mano non ancora sicura nel guidare il cavallo. Finito il periodo dell’istruzione in maneggio, il soldato non sente più quei tali comandi, si abitua ai nuovi, e dimentica, o quasi, i vecchi. Così nell’autunno, ritornando in maneggio, subirà la stessa preoccupazione e la stessa difficoltà che aveva da recluta; si è per tal modo costretti a sprecare gran parte di tempo dedicandolo ad esercizi di memoria invece che alla vera e propria equitazione.

Ora l’istruzione a base individuale, che ha il posto d’onore nel nuovo regolamento, diminuisce l’uso di questi comandi e ne sopprime taluni.

In quanto a quelli rimasti, a me sembra che senza molta fatica si possano semplificare e rendere, se non uguali, almeno simili a quelli per l’istruzione all’aperto. Vediamo ad esempio: il tagliate ed il cambiamento trasversale sono molto spesso causa d’imbarazzo per il soldato, il quale arrivando sulla nuova pesta, non è sempre sicuro della parte dalla quale deve girare, e perciò eseguirà con le redini azioni incomplete e [p. 154 modifica]contrarie. Perchè quei comandi non si potrebbero scindere in due per uno a destra, o sinistra, se il movimento è individuale, e togliere il per uno se il movimento è per sezioni? Il soldato afferra meglio l’idea semplice della destra e della sinistra che l’altra riflessa del cambiare o non di mano secondo il comando ricevuto. Analogamente, alla «volta» si potrebbe sostituire il «girat» ed al cambiamento diagonale si potrebbe sostituire il comando obliqu’ destr o sinistr senza farlo precedere dalla indicazione per uno.

E senza che io mi soffermi a spiegare ogni cosa, è facile vedere che con opportuni per uno o girat, si possono eseguire tutti quei movimenti di maneggio che adesso richiedono ancora così svariati comandi, senza che nessuno di essi abbia una vera e speciale utilità. La recluta non avendo la mente occupata in questo lavoro di assimilazione la potrebbe dedicare esclusivamente al cavallo ed i pochi comandi che udrebbe non sarebbero dimenticati, perchè ripetuti senza interruzione durante tutta la ferma. D’altra parte io ritengo che la vera e proficua istruzione di maneggio, che meglio prepara i cavalieri a guidare il loro cavallo ed in ogni circostanza all’aperto, sia l’a volontà. E questo a volontà io lo vorrei precisamente intendere così: che ciascun cavaliere per mezzo di a destra od a sinistr o girat fatti avanzando, percorra ogni parte della cavallerizza evitando di stare apparigliato o di seguire un altro cavaliere.

Così inteso l’a volontà dà agio ai cavalieri di occupare tutta la cavallerizza e di cambiare direzione in qualunque momento. Essi non sarebbero per tal modo legati a compiere delle «volte» nè dei cambiamenti interi, per eseguire i quali spesso dovrebbero o urtarsi o modificare l’andatura o rinunziare a finirli dopo averli incominciati. Con semplici a destr od a sinistr invece saranno tolti questi inconvenienti e sarà tolta ai cavalieri stessi ogni preoccupazione, che non sia quella di guidare il proprio cavallo.

Ed ancora in omaggio al principio di semplificare ogni cosa anche nell’esporla e nello spiegarla, io vorrei fare qualche altra [p. 155 modifica]osservazione. Col soldato sempre, e specialmente poi in principio, è assolutamente necessario usar poche parole, chiare e semplici, delle quali esso intenda perfettamente il significato; anzi talvolta è utilissimo abolire ogni parola e far apprendere le cose al soldato per imitazione. Ogni soldato, anche il più corto d’intelligenza, ha sempre lo spirito d’imitazione molto svegliato: anzi tale spirito d’imitazione è spesso in ragione inversa dell’intelligenza. Perchè adunque non approfittare di ciò per semplificare le cose e per ottenere più presto qualche utile risultato? La spiegazione teorica verrà poi se si vuole, quando il soldato saprà fare praticamente. Questo criterio il regolamento lo adotta in diverse circostanze (montare a cavallo — trotto di manovra) ed io credo che si potrebbe con gran vantaggio estenderlo ancora di più. Ma come ho detto anche nelle spiegazioni teoriche io ritengo si debba semplificare quanto più è possibile e non dire neppure una parola più del necessario. E per recare degli esempi: nella posizione a cavallo del regolamento non vi sarebbe qualche cosa da tagliare? e non si dovrebbe da altra parte aggiungervi l’avvertimento, secondo me, molto importante di spingere sempre il tallone in basso? Si potrebbe certo anche abbreviare molto nell’istruire il soldato sul modo di salire e scendere da cavallo; non mi pare opportuno di voler far entrare il diametro, la circonferenza e tante altre cose, che il soldato in generale non conosce, per insegnare alla recluta come deve girare: basterò dirle, e farle vedere che deve girare avanzando. In conclusione: semplificare tutto, anche nell’espressione; abolire ciò che è superfluo, fin anco nelle parole.

L’istruttore deve ricordarsi che se per spiegare una cosa facilissima ed ovvia spende un lungo discorso e dei paroloni, riesce a farla diventare difficile. Una cosa difficile a farsi od a spiegarsi la si insegni sempre prima e la si faccia vedere praticamente. E sempre in base al solito principio mi rimarrebbe ancora qualche cosa da dire. Ad esempio io non crederei del tutto suggeribile far montare le reclute da principio successivamente su di un cavallo tenuto alla corda. [p. 156 modifica]

È una perdita di tempo non indifferente e che non ha nessuna utilità speciale; poichè cavalli tranquilli scelti appositamente e messi dietro ad un cavaliere provetto in maneggio non faranno certo nessun movimento da recar pericolo alle reclute, le quali in fondo una dietro all’altra acquistano più presto ancora la voluta confidenza col cavallo.

In altro luogo io crederei, se non dannoso per molte ragioni, certo inutile voler insegnare al soldato di partire al galoppo dal passo. Che cosa importa a voi che il cavallo vi faccia precedere due o tre tempi di trotto, quando con ciò esso parte più facilmente, con più tranquillità e con eguale prontezza, e d’altro lato la cosa riesce più facile e più semplice anche per il cavaliere.

Così pure credo inutile istruire la recluta a trottare di scuola od a partire a galoppo più da una parte che dall’altra.

Mi sia ancora permesso non essere perfettamente d’accordo col regolamento in un altro piccolo dettaglio, quello cioè di vietare all’istruttore l’uso della frusta. Io ammetto che la frusta male adoperata faccia più male che bene, occasioni delle disgrazie e quindi metta paura nelle reclute. Ma l’istruttore deve assolutamente imparare ad adoprarla per saperla maneggiare bene o con giusto criterio, ed allora questi inconvenienti saranno tolti. Ognuno sa quanto siano pigri in maneggio i nostri cavalli e come difficilmente si mettano in una buona azione di trotto o di galoppo, specialmente se montati dalle reclute; e d’altra parte è indispensabile un po’ di allegria e di vivacità nelle andature perchè le reclute giunte ad un dato punto della loro istruzione prendano un buon assetto ed un giusto equilibrio.

Il cavallo che ha imparato il mestiere, spesso capisce di aver da fare con un principiante e batte come suol dirsi la fiacca e la spunta coi suoi capricci. Soltanto dopo avere conseguito un discreto assetto le reclute potranno da sè efficacemente svegliare il loro cavallo; pretenderlo prima è impossibile: la recluta seguiterà a sgambare il proprio cavallo, distaccherà le ginocchia, muoverà le mani, falserà la posizione e non otterrà alcun risultato. È quindi evidente che la frusta [p. 157 modifica]adoperata con criterio, è talvolta indispensabile per ottenere più presto un buon assetto a cavallo delle reclute. Naturalmente essa non dovrà mai surrogare l’azione del cavaliere quando questi è in grado dì imparare a fare da sè.

Una importante lacuna poi in fatto di propria e vera equitazione, io ho riscontrata nel regolamento ed è che a mio parere esso non insiste abbastanza per esigere che il soldato faccia sulla bocca del cavallo le minori azioni che può, tenga più che è possibile la mano leggera ed avanzi i pugni ogniqualvolta il cavallo ha bisogno di distendere l’incollatura. Queste sono tutte cose di capitale importanza ed indispensabili perchè il soldato possa andar bene in terreno vario ed avervi sempre il cavallo alla mano.

Come ho già avuto occasione di dire altra volta, il cavallo reagisce e si rivolta alle azioni troppo forti ed insistenti della mano, laddove lasciato tranquillo di bocca, risponderà volentieri e meglio alle chiamate che gli si daranno in caso di bisogno. D’altra parte il cavallo ogni volta che cambia equilibrio accompagna questo cambiamento col ritrarre od allungare maggiormente e marcatamente l’incollatura.

Ora nulla può impedire al cavallo di ritrarre la testa e sta bene, però le mani possono troppo spesso contrastare al cavallo di distenderla ed allungarla: cosa dannosissima sempre e disgustosissima per il cavallo che deve modificare il suo equilibrio.

Questa è la base di tutta la equitazione di campagna, e su questo non si insisterà mai abbastanza: il soldato deve avanzare i pugni ogni qual volta il cavallo ha bisogno di allungare il collo, ciò farà in ogni passaggio facile e difficile, ciò farà quando è in aria durante il salto e ciò farà anche leggermente quando si richiede dal cavallo un aumento di andatura e quindi uno spostamento del centro di gravità in avanti. E specialmente nel salto è necessario ed indispensabile insistere affinchè il soldato avanzi quanto più può i pugni mentre il cavallo è in aria. [p. 158 modifica]poichè il cavallo che non è ceduto in questo istante prova dolore ed impedimento ad allungare il collo e prende in disgusto l’ostacolo. Questo movimento d’avanzare i pugni senza cadere indietro col busto è assolutamente indispensabile ed è questo il modo di assecondare e non disturbare il cavallo, cose suggerite dal regolamento senza dire come devono essere eseguite. Ciò abilita mirabilmente il soldato a cedere il cavallo in qualunque altra circostanza ne abbia bisogno.

Ed anche qui io non mi stancherò mai dal raccomandare di far vedere praticamente al soldato qual’è il movimento delle mani e del busto che si richiede per non disturbare il cavallo. L’istruttore fermi la sezione, monti esso un cavallo e salti, facendo vedere ai soldati il movimento che si deve fare colle mani. Metta quindi in moto la sezione e fatta prendere molta distanza da cavaliere a cavaliere, la faccia girare per un po’ di tempo sopra un ostacolo basso che procuri un piccolissimo salto. Appena qualcuno dei soldati ha capito il movimento e lo eseguisce a tempo lo elogi e lo porti di esempio agli altri, così otterrà il duplice scopo della emulazione e del far vedere ancora a tutti i cavalieri ciò che devono imparare.

Ho fatto queste osservazioni, che mi paiono di non poca importanza pratica, non perchè io creda che il regolamento sia in tutto ciò di parere contrario al mio; tutt’altro, le osservazioni da me fatte dipendono direttamente e logicamente dai sani principi che il regolamento stesso proclama. Ed è certo che un buon istruttore, colla facoltà che opportunamente gli lascia il regolamento potrebbe fare da sè tutto quanto io son venuto enunciando: però siccome molte di queste cose sono, secondo me, della più essenziale importanza, così mi augurerei che fossero esplicitamente dette e raccomandate.

Riguardo al modo di impugnare le redini e quindi di guidare il cavallo, per levare di mezzo ogni equivoco sarebbe desiderabile che il regolamento dichiarasse esplicitamente che sempre quando è possibile le redini siano impugnate una o due [p. 159 modifica]per mano e solo avendo in pugno le armi, sia permesso tenerle in una mano sola. All’istruzione in cavallerizza e senza le armi, le redini saranno fatte tenere in una mano sola quel tanto che basti per insegnare il modo d’impugnarle.

E con questo io avrei finito di parlare della equitazione propriamente detta, però prima di abbandonare tale argomento faccio ardentissimo voto che presto venga abolito, o quasi, il morso per essere surrogato dal filetto, cosa che fu largamente esperimentata con pieno successo da un comandante di squadrone di mia conoscenza, e che in secondo luogo si abolisca completamente tutto quanto è compreso nel paragrafo a del perfezionamento nell’equitazione di scuola, posizione di testa verticale ecc. Questi miei due voti, se ben si osserva, dipendono direttamente e logicamente da un principio sul quale io ho tanto insistito in una mia pubblicazione sulla equitazione di campagna, principio che ho avuto il piacere di vedere adottato e sancito dal nuovo regolamento (paragrafo 241). Mi lusingo quindi di vederne accettate anche le dirette conseguenze.

Il vero perfezionamento in equitazione non può assolutamente consistere nell’applicare principî opposti a quelli che si sono insegnati e sanciti prima. Ciò significa distruggere o confondere, non perfezionare!

Per fare degli abili cavalieri si esiga che essi prendano l’abitudine di applicare con facilità in qualunque circostanza i soli principi fondamentali che hanno appreso. In altre parole; si facciano montare dai cavalieri che si vogliono perfezionare i cavalli più difficili e più di sangue che si hanno nello squadrone. Si insegni ai soldati a servirsi di essi in campagna senza disturbarli e cedendoli sempre in ogni mutamento di equilibrio: allora si otterranno cavalieri abili ed esperti ed i cavalli nel medesimo tempo diventeranno facili e tranquilli. Questo è il vero perfezionamento degli uni e degli altri.

Un altro punto del nuovo regolamento non è molto approfondito (a somiglianza del vecchio); intendo parlare della [p. 160 modifica]frotta. Il presente regolamento le dedica poche righe come se fosse quasi un ripiego da usarsi in pochi casi eccezionali.

Perciò noi la vediamo usata di rado ed i nostri soldati non hanno con essa alcuna famigliarità.

Ora, se non m’inganno, la frotta è la forma più elastica e maneggevole che possano assumere i piccoli reparti. Dati i nostri terreni, raramente un reparto potrà marciare in linea, e d’altra parte la colonna con i riparti in linea è poco maneggevole.

Invece la frotta per la sua attitudine naturale ad assumere qualunque forma nel minor tempo possibile lasciando i cavalieri completamente liberi nei movimenti si presta mirabilmente a qualunque celere movimento. I cavalieri abituati a muovere isolatamente pur mantenendo una certa coesione permettono una rapidità di mosse assai superiore a quella di qualsiasi riparto allineato. Noi vediamo che molto sovente quando non si è in brughiera od in piazza d’armi la formazione a frotte s’impone naturalmente, ma all’occhio esperto ha sempre qualche cosa che non va perchè i soldati non ne conoscono bene il meccanismo e perchè qualche volta vi sono poco esercitati. Certo per ottenere un ordine reale in mezzo a questo disordine apparente è necessario l’esercizio. Ed anche nella formazione della frotta bisognerà attenersi ad alcuni criteri.

Così il cavaliere del centro seguirà come sempre la guida, i graduati alle ali, pur allargandosi quanto è necessario, ed il serrafile se c’è (e dovrebbe sempre esserci), conterranno per così dire la frotta, mentre gli altri cavalieri, racchiusi in quei limiti, conserveranno quanto più è possibile la medesima cadenza della guida, curando di mantenere il proprio cavallo all’infuori ed un poco indietro di quello che precede, acciocchè i cavalli possano vedere il terreno antistante. Anche lo squadrone può molto sovente adottare una simile forma suddividendosi in frotte di plotoni. Queste marciano una dietro l’altra in colonna di fronte, mantenendo la guida di ogni frotta la medesima cadenza del comandante lo squadrone, ed una distanza tale dalla guida precedente che la frotta che lo segue non sia troppo addosso alla antistante. [p. 161 modifica]

Lo squadrone può adottare meno sovente e meno a lungo la formazione in linea di frotte. Ma pur mantenendosi ognuna di queste quanto più può sotto le mani del comandante dello squadrone e conservandone la medesima cadenza e direzione queste non sono poi legate ad alcun vincolo d’intervallo stabilito, ed a seconda del terreno possono allargarsi o restringersi rapidamente schierandosi in linea spiegata quando se ne riconosca l’opportunità e se ne presenti l’occasione.

Lo squadrone acquista in tal modo una mobilità straordinaria, mobilità che non gli è certo consentita dall’attuale colonna di plotoni, dalla linea spiegata; formazioni troppo pesanti o troppo lente nello spiegamento e perciò troppo vulnerabili, che col tempo saranno destinate ad essere usate nelle riviste e rare volte nello attacco. Tutto questo non è una novità. La fanteria ha dappertutto adottato formazioni analoghe. La compagnia in vicinanza del nemico si spiega in linea di colonne di plotoni che corrisponde perfettamente alla linea di frotta che ho accennato.

Con questo avrei finito, ma giacchè mi trovo in materia di cavalleria, prima di deporre la penna domanderei un piccolo spazio per esprimere un’idea riferentesi al nostro reclutamento. Con uno zelo degno di lode allo scopo di far gravare il minor peso possibile sul dorso del cavallo, si studia da molti anni il modo di rendere più leggiera la sella e l’equipaggiamento del soldato.

Però tutto sommato, dalle modificazioni proposte non deriva che una misura economica di poche centinaia di grammi, ed il maggiormente colpito è il soldato, il quale vedrebbe, se quelle modificazioni fossero attuate, il suo corredo ridotto ai minimi termini.

Ora io chiedo: volendo arrivare a questo risultato di alleggerire il cavallo, perchè non si potrebbe diminuire il peso principale cioè quello dell’uomo! E ottenere questo non sarebbe difficile e per giunta non porterebbe nessuna spesa. Attualmente l’assegnazione degli iscritti all’arma di cavalleria si fa secondo [p. 162 modifica]l’estrazione di un numero a sorte. A questo criterio si potrebbe sostituire l’altro più vantaggioso del peso. Ciò facendo non si commetterebbe alcuna ingiustizia. Si può discutere è vero, se sia giusto meno affidarsi completamente alla sorte e considerarla l’unica arbitra in tale questione. Ma ammesso il principio un metodo vale l’altro. Ed è un caso estrarre un numero più alto dall’urna come è un caso raggiungere un peso più o meno elevato.

Spessissimo noi vediamo in fanteria dei soldati leggeri e snelli che formebbero degli ottimi cavalieri. E d’altra parte la fanteria non perderebbe nulla nel cambio giacchè noi le daremmo degli uomini robusti con le spalle più resistenti.

Inoltre il criterio di assegnare alla nostra arma unicamente le conformazioni ritenute adatte, solo perchè hanno le cosce piatte, od altra piccolezza, senza occuparsi del peso, è completamente esagerato. Io ho constatato che non pochi individui assegnati all’arma perchè costrutti in un certo modo, senza per nulla tener calcolo del peso, avevano fatto in più anni dei progressi illusori; e meglio ancora in me stesso ed in alcuni miei compagni ho rilevato la poca consistenza di un tale principio, che entrando alla scuola corremmo il rischio di essere scartati per inadatta conformazione. Quindi io ritengo che per la nostra arma è assai più vantaggioso avere dei soldati piccoli e leggeri, anche per i lancieri, anzichè alti e pesanti benchè dotati di conformazioni speciali.

E siccome le varianti che non necessitano di maggiori assegni sul bilancio si può sperare di vederle prese in considerazione, così accenno ad un altro fatto che arreca non poco danno alle istruzioni. Noi in settembre congediamo 9 o 10 uomini per squadrone. Questo congedamento anticipato mette gli squadroni a terra e non permette ai comandanti di compiere le istruzioni come tante volte sarebbe necessario. Perchè dunque non si potrebbe congedare tutta la classe insieme anticipando per tutti indistintamente il congedamento di tanti giorni quanti sono necessari ad avere la medesima economia che con [p. 163 modifica]il congedamento anticipato di 9 o 10 individui per squadrone in settembre.

Io credo che oltre alla istruzione ne avvantaggerebbe anche la disciplina perchè volere o no quelli che attualmente rimangono sino a dicembre restano un poco demoralizzati e dove non c’è buon umore il lavoro rende anche poco, infatti il regolamento dice che il lavoro perchè produca buoni frutti bisogna che sia fatto con lieto animo.

Savigliano, 14 dicembre 1901.

Capitano Caprilli