Rime (Gianni)/Canzoni/O morte de la vita privatrice
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XVI.
O morte della vita privatrice,
o di ben guastatrice,
dinanzi a cui porrò di te lamento?
Altrui non sento ch’al divin fattore,
5perchè tu, d’ogni età divoratrice,
se’ fatta imperatrice,
che non temi nè foco, aigua ne vento,
non ci vale argomento al tuo valore:
tuttor ti piace eleggere il migliore
10e ’l più degno d’onore.
Morte, sempre dai miseri chiamata,
e da’ ricchi schifata come vile
troppo se ’n tua potenza signorile,
non provvedenza umile,
15quando ci togli un om fresco e giulivo,
o ultimo accidente destruttivo.
O morte nata di mercè contrara,
o passione amara,
sottil ti credo porre mia questione
20contra falsa ragion de la tu’ovra;
perchè tu fatta nel mondo vicara
ci vien senza ripara
nel die giudicio avrai quel guidardone
che a la stagione converrà ch’io scovra.
25Oi, com’avrai in te la legge povra!
Ben sai chi morte adovra
simil deve ricever per giustizia,
poi tua malizia sarà refrenata
ed a orribile morte giudicata:
30come se’ costumata
in farla sostenere ai corpi umani
per mia vendetta ivi porrò le mani.
O morte, fiume di lacrime e pianto
o nemica di canto,
35desidero visibil che ci vegni,
perchè sostegni si crudel martire?
Perchè di tanto arbitro hai preso manto
e contra tutti ha’ il guanto?
Ben par nel tu’ pensier che sempre regni
40poi ci disegni lo mortal partire.
Tu non ti puoi, maligna, qui covrire
nè da ciascun disdire,
chè non trovasi più di te possente:
fu Cristo onnipotente a la sua morte
45che prese Adamo ed ispezzò le porte
incalzandoti forte:
allora ti spogliò de la virtute
ed a lo ’nferno tolse ogni salute.
O morte, partimento d’amistate,
50o senza pietate,
di ben matrigna ed albergo del male
già non ti cale a cui spegni la vita,
perchè tu, fonte d’ogni crudeltate,
madre di vanitate,
55se’ fatta arciera e di noi fa’ segnale,
di colpo micidial si se’ fornita.
O come tua possanza fia finita
trovando poc’aita
quando fia data la crudel sentenza
60di tua fallenza dal Signor superno!
Poi fia tuo loco in foco sempiterno:
lì sarai state e verno
là dove hai messi papi e ’nperadori
re e prelati ed altri gran signori.
65O morte oscura, di laida sembianza,
o nave di turbanza,
che ciò ch’è vita congiunge e notrica,
nulla ti par fatica scieverare,
perchè radice d’ogni sconsolanza
70prendi tanta baldanza:
d’ogni uom se’ fatta pessima nemica,
nova doglia ed antica fai creare,
pianto e dolor tutto fai generare;
ond’io ti vo’ blasmare,
75chè quando un uom prende diletto e posa
di sua novella sposa in questo mondo
breve tempo lo fai viver giocondo,
chè tu lo tiri a fondo,
poi non ne mostri ragione ma usaggio,
80d’onde riman doglioso vedovaggio.
Morte, sed io t’avessi fatta offesa
o nel mio dir ripresa
non mi t’inchino a piè mercè chiamando;
chè disdegnando non chero perdono.
85Io so ch’i’ non avrò ver te difesa,
però non fo contesa,
ma la lingua non tace, mal parlando
di te e rimproverando cotal dono.
Morte, tu vedi quanto e quale io sono
90che con teco ragiono,
ma tu mi fai più muta parlatura
che non fa la pintura a la parete.
Oh! come di distruggerti ho gran sete!
chè già veggio la rete
95che tu acconci per voler coprire,
cui troverai o vegghiare o dormire!
Canzon, gira’ne a que’ che sono in vita,
di gentil core e di gran nobeltate;
di che mantengan lor prosperitate
100e sempre si rimembrin de la morte,
in contastarla forte,
e dì che se visibil la vedranno
103ne faccian la vendetta che dovranno.
Fu pubblicata dall’Allacci come cosa di Cino da Pistoia, e poscia ristampata dal Ciampi o dal Fanfani; ma il Carducci non l’accolse però; e con molta ragione, tra le Rime di M. Cino da Pistoia e d’altri del secolo XIV, Firenze, Barbèra, 1862. Essa, infatti, è di Lapo Gianni, al quale è data da un numero considerevole di codici, quali il Chig. i.. viii, 305; Vat. 3214; Riccard. 2846; Ashb. 479; Codici Bartoliniani; Parigino 557 etc. Il dott. Umberto Nottola, Studi sul Canzoniere di Cino da Pistoia, Milano 1893, dà a pagina 16 l’elenco dei codd. che contengono questa canzone: ebbene, di tredici codici a lui noti, ben dieci l’attribuiscono a Lapo, e solo due a Cino, cioè: Barb. xlv. 47, nel quale cod. il nome di Cino mi pare di mano alquanto posteriore alla scrittura del testo, e Magl. vii, 1076; adespota sta nel Marc. ix it. 63. Per la discussione sull’autenticità di questa canzone, vedi il mio scritto: Lapo Gianni cit., pagg. 101-104. Vedi anche: Fiacchi, Scelta di rime antiche, p. 5, ove si apprende che anche il Cod. Pucci attribuisce questa canzone a Lapo, non a Cino.
2. B. guastratice; 4. B. factore; 7. V. kenonte mi; 9. C. meglore; B. eleggier; 11. V. miseri e kiamata; 15. C. tolli; 16. C. si ultimo; V. on; 17. V. Morte, senza l’o; 18. V. compassione; 19. V. fala rag.; 20. ragione, per la rimalmezzo; B. a falsa; 23. B. giuditio; 24. C. ch eo scovra; V. k a la stagion; 25. V. le leggi provar; 31. V. a farla; 32. R. B. io vi porrò; 35. C. B. V. desidro che uisbile ci uegni; è anche la lezione di B; 38. C., e contra tutti a preso l guanto; V. contra tucti l guanto; 40. C. disdegni; B. dissegni; 43. C. V. R. B. che non trovassi; 44. C. V. R. B. on fu Cristo nipot.; 45. B. dispezzò; 46. B. incalciandosi; 48. e dallo; 51. C. di bene matr.; 56. C. sessi fornita; V. se si f.; 58. C. poch aiuto; 60. C. segnore; V. s. superno; 62. C. farai, nella stampa, ma sarai nel codice; V. B. farai; 65. B. Re, Principi, Prelati, et gran signori; 67. C. checcio; 68. V. serverare; 71. V. d ogn on; 73. tuctor; 78. B. affondo; 79. V. ragion; 82. B. ai pie; 83. V. non t’inkino; 91. V. parladura; 98. V. manca l’ho; 97. B. girane; 101. V. contrastalla; 103. C. ch elli facciano la vend.; V. ke f.; R. ne faccian; B. ne faccin.
[Canzone di sei stanze e congedo; le stanze hanno sedici e il congedo sette versi. È regolarissima.
Congedo: ABBCcDD.
Avverto che il Ciampi, Poesie di Cino da Pistoia, Parte sesta, ha pubblicata questa canzone con una differente collocazione delle prime cinque stanze, quale sta nella lezione dell’Allacci.]