Ricerche intorno alla natura dello stile/A chi legge
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A CHI LEGGE
Di molte cose io debbo prevenire quelli che mi onoreranno d’interessarsi alla lettura di queste Ricerche. Parrà a molti, che avendo io scritto in materie politiche, e la natura delle infelici procedure criminali in altra mia opera esaminata, ed essendomi ora dall’Augusta Clemenza assegnato l’onorevole incarico di istruire la gioventù in una scienza parimenti tutta politica, ed interessante la felicità degli uomini, io abbia non di leggieri traviato dal mio cammino, trascurando e il debito della mia incumbenza, e l’importanza e gravità dell’oggetto, per divertir l’animo nelle più amene e più floride regioni delle belle lettere. Ma cesserà la sorpresa ed il rimprovero per chi considera che la bellezza, la bontà, l’utilità hanno la più grande affinità tra di loro, e che tutti questi modi o concetti della mente nostra finiscono, in ultima analisi, nell’amore della felicità; onde la morale, la politica, le belle arti, che sono le scienze del buono, dell’utile e del bello, sono scienze che hanno una più grande prossimità, anzi una più estesa identità di principii, di quello che taluno potrebbe immaginare: queste scienze derivano tutte da una scienza sola e primitiva, cioè dalla scienza dell’uomo; nè è sperabile che gli uomini giammai facciano in quelle profondi e rapidi progressi, se essi non s’internano a rintracciare i primitivi principii di questa. Una tale verità, feconda di utilissime conseguenze, potrebb’essere più accuratamente sviluppata, e cercherò di farlo a suo luogo; basta ora averla accennata per giustificarmi, che scrivendo le seguenti Ricerche intorno alla natura dello Stile, io non perciò sia sbalzato in materie troppo disparate ed estranie all’ordinaria serie delle mie occupazioni; oltre di che non è possibile, che ricalando le verità politiche ed economiche nella natura dell’uomo, la quale n’è la vera fonte, non si debba incontrare anche in quelle verità, che quantunque aliene dall’oggetto che si ha di mira, sono però vicine, e quasi perfettamente simili a quelle che si vorrebbero ritrovare.
Ch’io poi non abbia voluto negligentare ciò che è il dovere più glorioso e caro ch’io abbia, lo potranno conoscere coloro che si accorgeranno della negligenza e fretta con cui quest’opera è scritta. Se per questa mia negligenza e fretta appunto volesse taluno incolparmi, io rispondo facilmente, che questo mio ardire di tentare il pubblico è nato dalla importanza del soggetto, e dal punto di vista interessante nel quale mi lusingo di aver osservato il soggetto medesimo; cosicchè la novità e la natura delle ricerche mi raccomandassero invece dell’ultima diligenza che io non ho potuto usare. La maggior parte delle cose che qui stanno scritte, erano già state pensate e confusamente registrate sono già alcuni anni. Ne ho dato alcun cenno in un foglio periodico 1 che da una società di amici si pubblicava. Questo cenno, comparso al pubblico come un frammento sullo Stile, ha avuto l’onore di essere tradotto in uno de’ più eccellenti e filosofici giornali della Francia 2: dopo, incoraggito da alcuni eccellenti ingegni che approvavano la mia maniera di considerare lo stile, ho spinto più innanzi le mie meditazioni; cosicchè, d’una idea nell’altra, la cosa è giunta allo stato in cui trovasi presentemente.
Io mi sono sforzato di assoggettare alla filosofia dell’animo, che con poca proprietà vien detta Metafisica, e meglio dovrebbe chiamarsi Psycologia, questa parte dell’eloquenza, che sotto il nome di Stile viene compresa, abbandonata fin ad ora quasi intieramente alla fortuita impulsione del sentimento, ed alla sconnessa ed irriflessiva pratica di un lungo esercizio. Non sono mancati in questo secolo alcuni sublimi spiriti, che nelle opere loro hanno dato non oscuri cenni di voler connettere lo studio delle belle arti colla nuova maniera di filosofare, e di assoggettarlo all’analisi ed al ragionamento: ma, oltrechè molti sono stati trattenuti e soverchiamente intimoriti dalla più ripetuta che provata obbiezione, che i precetti e le regole non formano i grandi scrittori e i grandi artisti, nissuno ancora ha preso a trattare intieramente di una parte considerabile delle belle arti con quel metodo di accurata analisi, dal qual solo, combinato con l’osservazione, la perfezione dello spirito umano e quella delle scienze tutte, e la scoperta di tutto il vero che non eccede i limiti delle facoltà nostre, può aspettarsi. Giovanni Loke ha incominciato un grande edificio, e i filosofi di questo secolo lo hanno considerabilmente accresciuto e migliorato. In questa parte istessa delle belle arti io potrei citare i più gran nomi che hanno felicemente incominciato a sottomettere al dominio della filosofia anche il buongusto, che altro non è che l’arte di regolare l’attenzion nostra intorno alle idee, come piacevoli o dispiacevoli, se la vera Logica non è altro che l’arte di regolarla intorno alle medesime, ma come simili o dissimili, identiche o diverse. Il sig. d ’Alembert, il più grande forse e certamente il più filosofo tra i matematici di questo secolo, quanto grandi e nel medesimo tarpo quanto utili ed importanti verità non ci ha egli date intorno alle traduzioni, e su questa istessa materia, di cui io tratto presentemente, nell’articolo Elocuzione dell’Enciclopedia, e nelle sue Miscellanee?
Il celebre ab. di Condillac, ed altri troppo famosi e superiori ad ogni mia lode, che non occorre qui nominare, hanno saputo portare la luce dell’analisi in questa parte delle lettere resa sterile ed infeconda dal fosco pedantismo e dalla servile imitazione. Essi hanno incominciato a ricercar nelle facoltà nostre, nella nostra maniera d’intendere e di sentire, l’origine e le leggi del buongusto, leggi così invariabili, come lo possa essere l’umana natura; il ben sapere, cioè il ben sentire le quali, è la più prossima e la più sicura disposizione alla perfetta esecuzione di quelle. Io non voglio qui adottare la troppo facile e troppo comune maniera di tessere un lungo catalogo di autori, e dei loro sentimenti ed opinioni intorno all’oggetto di cui si tratta in quest’opera. Le copiose e comode compilazioni, le quali oggi abbondano in ogni parte, mi avrebbero facilmente messo in istato di aggravare la pazienza de’ miei leggitori con un immenso corredo di citazioni, confrontando i passi paralleli, confutando laboriosamente le opinioni diverse, discutendo con microscopica diligenza tutte le minime differenze di tutte queste opinioni e sentenze: ma io rinuncio volentieri alla gloria di dotto e di erudito, per isforzarmi di ottener quella, più invidiosa e più tarda, di accrescere il numero de’ ragionamenti precisi ed adequati nelle materie che interessano o l’utilità o l’innocente felicità degli uomini; e di far ciò senza noia, rapidamente e con un discreto numero di pagine. Ho voluto dunque soltanto far menzione de’ sullodati filosofi, al coro de’ quali può aggiungersi l’immortale autore dello Spirito delle Leggi per il suo Frammento sul Gusto; perchè tutti questi autori si sono non solamente avvicinati ai principii da me posti intorno alla natura dello Stile, ma anche talora hanno detto quasi l’equivalente: ma quelli che sono esercitati in questa sorte di meditazioni e di ricerche, sapranno distinguere ciò che io ho fatto da quello che altri fatto hanno in una materia, nella quale la novità consiste in una maggior precisione d’idee, ed in una più esatta coerenza di più lunghe e più generali deduzioni.
Queste materie non possono riscuotere quell’interno fremito di una tenera sensibilità, che è il più lusinghiero elogio che si possa fare a chi cerca di eccitarla; non lasciano però di essere un oggetto interessante a chi considera che le bellezze tutte che dallo stile dipendono, sono quelle sole che più d’ogni altra perpetuano ne’ volubili animi degli uomini, e rendono comuni e palpabili alla distratta e pigia mollezza degl’ingegni le più grandi verità; perchè cangiandosi con continue vicissitudini le oscure opinioni sulle cose, ed essendo le ricerche intorno alla natura di quelle, disparate e remote dalla solita e più desiderata apparenza degli oggetti, le grazie sole e la forza dell’elocuzione le richiamano, e le combinano in un modo che interessi la svogliata attenzione; e vestendole di quei colori che permanenti sono e più immediatamente ci feriscono, si moltiplicano per l’universale ricerca, e si rendono popolari e perpetue.
Ma qui facilmente dovrei essere rimproverato per l’aridità colla quale stanno scritte la maggior parte di queste Ricerche, e per la rapida e troppo astratta maniera con cui le mie riflessioni sono esposte. Quanto a questo rimprovero, facilmente si risponde, che dove si tratti di esaminare con qualche precisione idee e combinazioni di quelle, non è possibile che l’esame non si riduca ad una specie di calcolo secco e disadorno, che non prende la sua forza che da se medesimo, non dalle cose accessorie, colle quali non si debbe interrompere, e diletta più per la sua evidente precisione e nuda grandezza, che per gli ornamenti che non farebbero altro effetto che di allargare ed allontanar di troppo quelle idee le quali, perchè ne dipende tutto il risultato, vogliono essere strette ed unite, e senza interposizioni enunciate. Vero è che io avrei potuto, con esempi opportuni ed opportunamente collocati, correggere e rendere più sensibile la troppo metafisica analisi che qui si contiene. Ma ciò ho fatto in vari luoghi, se non l’ho fatto dappertutto, dov’era acconcio e forse necessario: io non ho avuto tempo, per le occupazioni che il mio dovere m’ingiungeva, di architettare simmetricamente e nel miglior modo queste mie Ricerche; ma sono stato costretto di abbandonarmi a quell’ordine ed a quella non interrotta serie di pensieri che mi forniva la natura della ricerca che io facevo più per rinvenire il vero, che per pretendere che questo medesimo ordine fosse il più opportuno alla maggior parte de miei leggitori. Ho dunque posto quegli esempi che naturalmente mi si sono presentati, trascurando la troppo lunga fatica di cercar gli altri che potessero mancare. La natura di questo scritto dimostra chiaramente che io non lo destino che a quelli che non sono affatto digiuni di buona filosofia, e che sono avvezzi a seguitar con qualche costanza e con qualche attività una non breve serie d’idee. All’imparziale e ponderato giudizio di questi io sottometto questo scritto; mentre quegli altri che i libri non leggono altrimenti che per distrarsi dal tormento di esaminar se stessi, o per avere occasione di poter aguzzar un epigramma, e la relativa e limitata gloria di begli spiriti ottenere, non potranno che rifiutarlo con disprezzo, come una misteriosa sciocchezza: ma i primi, io lo spero, ben lontani da ciò, suppliranno alle mie mancanze, e rettificando le mie idee, finiranno di ridurre in sistema, ed in iscienza certa e da certi principii dedotta, ciò che prima era per lo più un frutto straordinario di uno spontaneo vigore e di una lunga sperienza sopra regole sconnesse di pura pratica.
Ella è questa appunto la ragione che ha fatto a taluni con giustizia reclamare contro l’inefficacia delle regole che, ben lungi di elevare e spingere gl’ingegni, ne circoscrivevano troppo servilmente i confini, e ne rallentavano il libero impeto e la originale energia. Queste regole non erano per lo più che il ridurre a canoni generali le bellezze già combinate dai maestri dell’arte, quando piuttosto dovevano essere osservazioni pure generali sulla maniera con cui essi le avevano combinate; e mentre queste si doveano cavare dal fondo del nostro cuore, ricercando a qual combinazione d’idee, d’immagini, di sentimenti e di sensazioni egli si scuota e si irriti, ed a’ quali resti inerte e stupidamente indifferente, si sono piuttosto volute rinvenire nel proporre solamente una parte di queste, combinazioni già da’ gran maestri esaurita come modello di tutte le altre, senza ricercare ed indicare ciò che tanto varie e disparate maniere di dilettare, che l’esperienza ci additava, potessero avere di comune per produrre sugli animi degli spettatori quel sempre medesimo fremito interno di piacere soavissimo ed insaziabile. Ecco ciò che io ho tentato di fare intorno allo Stile. Ben lontano dal credere di avere detto tutto ciò che si poteva dire, e di averlo detto senza temere taccia alcuna di critica, scorgo che pur troppo le mancanze di precisione così facili in così inviluppata materia, e i vuoti considerabili in un oggetto così vasto, non tanto per se stesso quanto per l’intima connessione che ha con tutto il restante delle belle arti, saranno frequenti; ma solamente mi lusingo di essere riuscito di poter avviare gl’ingegni degli Italiani, che sono stati i maestri e gli esecutori delle belle arti di Europa, a considerarne la filosofa; onde gl’innocenti ed incolpabili piaceri dell’intelletto divengano un oggetto di scienza e d’istituzione, come formanti una non disprezzabile diramazione dell’utilità comune, ed ancora della virtù umana, che dal sentimento prende l’origine sua, i suoi motivi e i suoi precetti.
In due parti ho divisa quest’opera; per ora non si pubblica che la prima parte, ma incessantemente dopo alcuni mesi seguirà la seconda. Alcune circostanze mi hanno indotto a dare in due riprese ciocchè più volontieri avrei voluto unitamente pubblicare. Io profitterò di questo tempo per supplire nella seconda parte a que’ difetti ed a quei vuoti che una più matura considerazione e le onorate critiche degli amatori sinceri della verità potranno suggerirmi.