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e confusamente registrate sono già alcuni anni. Ne ho dato alcun cenno in un foglio periodico 1 che da una società di amici si pubblicava. Questo cenno, comparso al pubblico come un frammento sullo Stile, ha avuto l’onore di essere tradotto in uno de’ più eccellenti e filosofici giornali della Francia 2: dopo, incoraggito da alcuni eccellenti ingegni che approvavano la mia maniera di considerare lo stile, ho spinto più innanzi le mie meditazioni; cosicchè, d’una idea nell’altra, la cosa è giunta allo stato in cui trovasi presentemente.
Io mi sono sforzato di assoggettare alla filosofia dell’animo, che con poca proprietà vien detta Metafisica, e meglio dovrebbe chiamarsi Psycologia, questa parte dell’eloquenza, che sotto il nome di Stile viene compresa, abbandonata fin ad ora quasi intieramente alla fortuita impulsione del sentimento, ed alla sconnessa ed irriflessiva pratica di un lungo esercizio. Non sono mancati in questo secolo alcuni sublimi spiriti, che nelle opere loro hanno dato non oscuri cenni di voler connettere lo studio delle belle arti colla nuova maniera di filosofare, e di assoggettarlo all’analisi ed al ragionamento: ma, oltrechè molti sono stati trattenuti e soverchiamente intimoriti dalla più ripetuta che provata obbiezione, che i precetti e le regole non formano i grandi scrittori e i grandi artisti, nissuno ancora ha preso a