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esaurita come modello di tutte le altre, senza ricercare ed indicare ciò che tanto varie e disparate maniere di dilettare, che l’esperienza ci additava, potessero avere di comune per produrre sugli animi degli spettatori quel sempre medesimo fremito interno di piacere soavissimo ed insaziabile. Ecco ciò che io ho tentato di fare intorno allo Stile. Ben lontano dal credere di avere detto tutto ciò che si poteva dire, e di averlo detto senza temere taccia alcuna di critica, scorgo che pur troppo le mancanze di precisione così facili in così inviluppata materia, e i vuoti considerabili in un oggetto così vasto, non tanto per se stesso quanto per l’intima connessione che ha con tutto il restante delle belle arti, saranno frequenti; ma solamente mi lusingo di essere riuscito di poter avviare gl’ingegni degli Italiani, che sono stati i maestri e gli esecutori delle belle arti di Europa, a considerarne la filosofa; onde gl’innocenti ed incolpabili piaceri dell’intelletto divengano un oggetto di scienza e d’istituzione, come formanti una non disprezzabile diramazione dell’utilità comune, ed ancora della virtù umana, che dal sentimento prende l’origine sua, i suoi motivi e i suoi precetti.

In due parti ho divisa quest’opera; per ora non si pubblica che la prima parte, ma incessantemente dopo alcuni mesi seguirà la seconda. Alcune circostanze mi hanno indotto a dare in due riprese ciocchè più volontieri avrei voluto unitamente pubblicare. Io profitterò di questo tempo per supplire nella seconda