Problemi della scienza/Prefazione alla prima edizione

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Problemi della scienza Prefazione alla seconda edizione
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PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE



Una riflessione, maturatasi durante il decennio fra il 1890 e il 1900, ci ha condotto alla critica di taluni problemi che si riferiscono allo sviluppo logico e psicologico delle conoscenze scientifiche; i quali vengono qui trattati come «problemi della Scienza».

Il disegno dell’opera può dirsi fissato (all’infuori dell’ultimo capitolo) fino dal 1901, anno in cui cominciammo ad esporre le nostre vedute sull’argomento, in varie lezioni e conferenze; la disposizione formale della materia non ha subito dopo allora che lievi ritocchi.

Lo spirito generale della trattazione può diffìcilmente essere spiegato in rapporto alle distinzioni filosofiche delle scuole. Vorremmo caratterizzarlo come critico e positivo ad un tempo, poichè crediamo veramente d’interpretare in modo più chiaro e scientifico, e di conciliare senza transazioni eclettiche, i suddetti indirizzi speculativi da cui fu stimolato agl’inizi il nostro pensiero; ma non ci dissimuliamo che profonde differenze separano le idee esposte in questo libro da quelle che corrono sotto il nome di positivismo critico. La lettura del primo capitolo d’introduzione è già sufficiente a mostrarlo.

Gli argomenti svolti risultano dalle intitolazioni preposte alle varie parti del lavoro, e riassunte nell’indice. Il nesso fra temi così disparati consiste in una veduta d’insieme del processo scientifico, che abbiamo cercato di spiegare con una esposizione induttiva confortata da numerosi esempii.

L’analisi di ciò che costituisce il reale si allarga nel cap. II ad una critica dei fatti e delle teorie, volta a discriminare, per una parte il contenuto positivo della Scienza, per l’altra il suo aspetto subiettivo. [p. vi modifica]

Da questa analisi sorgono due ordini di problemi che vengono successivamente approfonditi: i problemi concernenti la trasformazione logica dei concetti, riguardata come sviluppo psicologico e come istrumento di conoscenza (capitolo III); e quelli che si riferiscono al significato e all’acquisto dei concetti più generali di spazio, tempo, forza, moto ecc. (cap. IV, V).

Le questioni teoriche della Fisica sono prese in esame nel cap. VI, in rapporto ad una critica del meccanicismo, la quale si conchiude con talune osservazioni riferentisi al proseguimento della spiegazione meccanica nei fenomeni della vita.


L’idea che ci formiamo della Scienza non è qui svolta esplicitamente in armonia con un generale sistema filosofico.

Non entra nel nostro quadro esaminare i rapporti fra sapere e volere al di là di quello che richieda la definizione stessa della Scienza. Quindi il valore di questa viene da noi postulato, ed ogni giudizio apprezzativo che vi si riferisca rimane escluso dalla nostra critica.

Non è già che stimiamo il sapere scopo a sè stesso. Vediam bene che «la Scienza per la Scienza» è formula vuota di contenuto sociale. E d’altra parte che il sapere può porgere alla volontà soltanto i mezzi dell’operare, ma non i fini; che è assurdo cercare nella Scienza le norme della vita.

Ma riteniamo che la volontà scientifica, all’infuori dello scopo utilitario, ponga essa stessa una norma significativa, quando riconosce, ed afferma il vero come indipendente dal timore o dal desiderio e promuove così lo sviluppo pieno della persona umana, la coscienza, oltrechè la potenza, di un volere capace di riguardare al di là dei fini transitorii del presente, verso un più alto progresso futuro.

La fede in questa filosofia scientifica ci ha tratto dai campi della Geometria, ove il pensiero riposa tranquillo nella sicurezza degli acquisti, a discutere sulla preparazione di una scienza gnoseologica che possa divenire oggetto d’intesa degli studiosi, e che porti ad unificare i varii dominii del sapere in una veduta sintetica del procedimento conoscitivo.

Da ciò il disegno di un’opera che, ravvicinando così largamente oggetti [p. vii modifica]e problemi diversi, oltrepassa le consuetudini della nostra società scientifica e deve quindi suscitare, nel pubblico, naturali diffidenze.

A queste possiamo opporre soltanto la coscienza del lavoro quindicennale. Ma, dove pure la coltura e l’ingegno si mostrino troppo impari all’ardita intrapresa, innalziamo l’animo alla speranza che la fatica non sia stata spesa invano, se la visione evocata dalla unità della Scienza valga ad affratellare in una meta superiore gli sforzi dei giovani, che tendono, in ordini disparati di studio, alla conquista del vero.

Sorga questa visione sopra le differenze della tecnica e della materia, come faro di progresso. E rischiari soprattutto agl’Italiani la via, acciocchè l’opera di rinnovamento, iniziata dai nostri maggiori si prosegua nello sviluppo pieno ed armonioso del genio nazionale.

Maggio 1906.

Federigo Enriques