Plico del fotografo/Libro I/Parte I/Sezione IV

Sezione IV

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SEZIONE IV.


Composizione della luce. — Colori.


Abbiamo detto sin da principio, che la luce non è che il risultato di ondulazioni prodotte da una sorgente luminosa, capace di comunicare all’etere le sue vibrazioni. Fra loro diverse sono le ondulazioni che producono la luce; infatti i colori che si ottengono scomponendo la luce col mezzo di un prisma di vetro non sono dovuti ad altro che ad una diversa lunghezza delle onde luminose separale dal prisma, la quale lunghezza in media non arriva ad un millesimo di millimetro per ciascuna di esse onde.

La figura adiacente basta per far comprendere in qual modo si ottiene la decomposizione della luce col mezzo del

Fi« t’.

prisma, quando su di esso si fa cadere un fascio luminoso. Questa decomposizione della luce dà origine ad una immagine composta di vari colori, che chiamasi spettro solare, o spettro prismatico. In questa si osservano sette striscie abbastanza [p. 69 modifica]distinte, coi colori violetto, indaco, blù, verde, giallo, arancio, rosso. Quella striscia colorata che venne prodotta dai raggi più rifrangibili, dalle onde luminose più corte, è quella che si trova più in alto, e si manifesta con color violetto, e quella striscia, che contiene quella parte della luce che è meno rifrangibiie, che deriva dalle onde più lunghe, è la striscia rossa.

Un più attento esame dello spettro fece scoprire due altri colori sulle due opposte estremità di esso; cioè al di là della striscia rossa, si scopri un rosso volgente al cremesi, ed oltre al violetto si trovò una striscia color di lavanda. Più recentemente il signor Slokes osservò al di là dello spettro, e dalla parte dei raggi più rifrangibili, un’altra striscia colorata blù, di cui non si sospettava neppur resistenza.

Colori semplici della luce. — I tìsici ammettono che ognuno dei colori, o raggi colorati dello spettro è un color semplice, dal quale è impossibile di separare nessun altro colore. Ma lo spettro solare essendo in realtà formato da una infinità di immagini circolari, che si sovrappongono in parte, per cui ogni zona, per quanto stretta si prenda, è in realtà composta di un infinito numero di queste immagini circolari, il che è causa come nello spettro risulti quella specie di fusione dei colori in virtù della quale le tinte si succedono in un modo direi quasi continuo, e senza separazione ben netta e distinta, fece a taluni sospettare essere improprio lo ammettere come color semplice ciascuno dei colori dello spettro, e ciò anche perchè alcuni di essi si possono comporre coll’unione di raggi laterali nello spettro, come per es. il verde, che si compone col blù e col giallo, il violetto col blù e col rosso, e l’arancio col giallo e col rosso.

Il fatto che i raggi verdi, violetti, aranci, passali di nuovo in un prisma, non si possono separare in altri raggi costituenti, in apparenza diversi, prova che l’ondulazione acquistata dall’etere in vibrazione non si varia con un tal processo; e poichè coll’unione due a due dei raggi luminosi blù, rosso, giallo si viene a produrre un tal movimento ondulatorio capace di dare al nostro occhio una sensazione identica a quella che producono le ondulazioni presso i raggi verdi, violetti, aranci dello spettro, ci pare sarebbe più semplice ammettere addirittura, che il moto ondulatorio sia pure identico, e che il moto ondulatorio primi [p. 70 modifica](nro non sia che presso quei colori che nessuno è mai arrivato non solo a decomporre, ma neppure a comporre coll’unione di altre ondulazioni, diverse da quelle che producono i colori rosso, giallo e blù.

Colori semplici dei corpi. — Nell’arte del pittore, e nella stessa arte del fotografo non si potrebbe senza inconvenienti partire dall’ipotesi, che tutti i colori dei corpi, che somigliano ai colori dello spettro solare, siano colori semplici, perchè una tale supposizione contrasta col fatto in pratica, che tende a provare, essere solo tre i colori non componibili e non decomponibili. Il signor Brewster è uno tra i fisici più autorevoli, che ammettono essere tre soltanto i colori semplici dello spettro, cioè il rosso, il giallo, il blù. Se ciò si può ammettere pei colori dello spettro, vi è maggiore convenienza ammetterlo pei colori dei corpi, presso i quali trovansi delle vere anomalie, ammettendo per semplici tutti i colori simili a quelli dello spettro.

I corpi, che appariscono colorali, manifestano una tale apparenza perchè decompongono la luce, ossia riflettono le onde laminose, che ci danno la sensazione del colore del corpo, mentre arrestano, distruggono, cambiano forse in calore le altre onde colorale della luce. Quando il colore appare molto chiaro, il corpo non decompone tutta la luce incidente, ma una gran parte ne riflette inalterata. Ciò posto, vediamo quel che succede mescolando insieme corpi colorati, e mescolando insieme raggi colorati.

Miscuglio dei colori. — Nel fare il miscuglio dei colori trovasi, che:

t° Mescolando i colori semplici dello spettro si produce il bianco;

2° Mescolando corpi coi colori semplici dello spettro si produce il nero.

La prima proprietà del miscuglio dei colori è generalmente conosciuta ed ammessa. Non così la seconda, la quale non è meno vera della prima. Infatti, mescolando 22 parti di giallo di cromo con 5( parli di cinabro e 60 parti di oltremare si produce un nero abbastanza deciso, come si vede nel seguente diagramma colorato. [p. 71 modifica] Spiegazione. — Suppongo di avere tre corpi 0, P, Q rispettivamente colorali in blu, giallo, rosso; mescolo questi corpi, ed ottengo il misto m, che sarà di color grigio o nero, secondo che i colori 0, P, Q sono chiari, oppure sono molto intensi, oscuri. Fig. 13. Coll’ipotesi che la luce sia composta di solo tre colori semplici, si spiega il fatto senza difficoltà, e non sarebbe mollo più [p. 72 modifica]difficile lo spiegarlo ammettendo anche che la luce fosse composta di un maggior numero di raggi colorati semplici. Il corpo 0(1 ij. 13) è di color blù, ossia decompone la luce riflettendo il raggio blù, e tenendo gli altri due raggi rosso e giallo. Il corpo Pè giallo, riflette l’onda di color giallo, ed arresta le altre onde; il corpo Q è rosso, riflette il rosso, e tiene gli altri due raggi colorati della luce. Le punte delle tre treccie indicano i raggi colorati respinti, visibili, ed i piccoli archi dalla parte opposta indicano i raggi colorati assorbiti. Se mescolo ciascun corpo 0, P, Q ho estinzione di luce nel misto m, invece di avere una formazione di essa, come pretendono quelli che non distinguono la differenza che passa tra colóre di corpo e colore di luce, e come sarebbe avvenuto realmente s e 0 P Q, invece di corpi colorati, fossero stali raggi luminosi colorati fa). Infatti, se si fa la somma dei raggi assorbiti, e di quelli che sono riflessi dal miscuglio dei corpi colorati, designando ciascun colore colla sua lettera iniziale, si avrà: 2fl-t-2G-’-2R assorbiti, ed R-v-G-t-fl riflessi; sottraendo si ha fl-»-G-t-fl assorbiti, ossia il rosso, il giallo, il blù assorbiti, o, a meglio dire, distrutti nel miscuglio, e siccome la luce è composta di questi tre raggi luminosi, ne nasce che l’assorbimento della luce è perfetto, che si forma il nero, quando i tre corpi colorati, che si mescolano, sono intensissimi, e non si ha che il grigio quando i tre corpi colorali sono chiari e riflettono molta luce inalterata.

Egli è dal non aver tenuto conto della differenza essenziale che passa tra corpo colorato e raggio colorato, che i fisici, alcune volle, credono dimostrare la formazione della luce col miscuglio di corpi colorati, come vedremo fra breve parlando del disco di Newton, quando questo in realtà non serve che a dimostrare la seconda proposizione sopra enunciata.

Quando, invece di mescolare tre corpi colorati con colori sem (a) Supporre si potrebbe che i corpi 0, P, Q nel loro miscuglio reagiscano chimicamente tra loro in modo da formare un composto chimico di color nero. Nel caso sopradetto ciò non succede. Tuttavia per prova della nostra teoria si potrebbe istituire un’analoga esperienza con tre vetri convenientemente colorati ciascuno in giallo, rosso, blù. Si vedrebbe che la luce, dopo di avere attraversato questi tre vetri, è tutta assorbita, che si ha il nero, se i colori dei vetri sono abbastanza intensi. [p. 73 modifica]plici, si mescolano solo due corpi colorati ciascuno con uno dei tre colori rosso, giallo e blu, il risultato apparente è lo stesso di quello che succederebbe, se si mescolassero dei raggi di luce di egual colore; e, che ciò debba così essere, si dimostra facilmente coll’aiuto della seguente figura.

Fig. 44.

Siano P Q due corpi rosso e blò, che si mescolano. I raggi colorati, ossia i raggi riflessi da questi corpi sono indicati in punta delle freccie dalle lettere r, b, che indicano rosso e blù. I raggi assorbiti sono indicati a sinistra dalle lettere g, r, b, che sono le iniziali dei nomi dei raggi gialli, rossi, blù. Sommando a destra e a sinistra i raggi riflessi ed i raggi assorbiti, e sottraendo, si avrà — (r-t-ò)=2p, ossia si avrà due volte i

raggi gialli della luce assorbiti; ma il complementare del giallo per produrre la luce bianca è il color violetto, perciò il miscuglio sarà violetto, ciò che si doveva dimostrare.

Disco di Newton. — Nelle scuole elementari i professori di fisica, per dimostrare che col miscuglio dei sette colorì dello spettro, si produce il bianco instituiscono delle esperienze assai concludenti quando si limitano ai raggi colorati dello spettro, ma non così quando fanno intervenire corpi colorali come nell’esperienza del disco di Newton. Questa esperienza si fa nel seguente modo: al centro ed ai margini di un disco di cartone si incolla della carta nera, e l’intervallo vien colorato, o coperto [p. 74 modifica]con settori colorati uniformemente dai centro alla periferia, li quali settori presentino successivamente i sette colori principali dello spettro. Si fa girare velocemente il cartone, e con ciò i colori particolari del disco spariscono, e tutta la sua superfìcie appare di color grigio, e si dice, che i colori sono scomparsi, che si sono riuniti per formare della luce bianca. La tinta grigia viene attribuita a ciò che i colori non sono simili a quelli dello spettro, ma ne differiscono per la intensità e purezza. Da ciò che abbiamo detto di sopra, il lettore può comprendere, che, quand’anche ciascun colore del disco fosse di intensità, e di purezza identica a quella che si trova nello spettro solare, il colore risultante non potrebbe mai essere altrimenti che grigio, perchè la quantità totale della luce illuminante il disco non può a meno di venire in parte assorbita per la sua decomposizione sopra ciascuna molecola colorata del disco; e questo grigio, coll’artificiale contrasto prodotto dal nero che trovasi al centro, ed alla circonferenza del disco, apparirà più bianco di quello, che realmente sia, in virtù della nota legge del contrasto dei colori scoperta da Chevreul.

Questo grigio, ottenuto con colori somiglianti a quelli dello spettro, non potrà a meno di essere mollo chiaro, ossia dilungato con molta luce bianca, poichè i colori che si imitarono dallo spettro nel disco sono assai chiari, e riflettono ciascuno molta luce bianca, per cui se nella rotazione di esso si producesse della vera luce, il disco dovrebbe risultare non già grigio, ossia di un nero chiaro, ma di una bianchezza abbagliante.

Intensità relativa ilei colori. — Abbiamo visto che la luce può differire immensamente di intensità. Lo stesso si può dire dei colori, di cui spesso basta una traccia per colorire sensibilmente una grande superficie, o una grande massa con cui si mescoli.

Ma ciò che noi vogliamo qui considerare è la differenza da una tinta all’altra, da una gradazione all’altra di uno stesso colore, che l’occhio può percepire.

Due gradazioni di uno stesso colore non si distinguono l’una dall’altra se non differiscono considerevolmente di intensità: la

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minima differenza necessaria è poco minore di —da una gra [p. 75 modifica]dazione all’altra, sia che le gradationi siano chiare, sia che ette siano intensissime. Ma svolgiamo meglio questo argomento.

Noi intendiamo per intensità di un colore la quantità assoluta di sostanza colorante che produce il colore. Quando la sostanza colorante non è mescolata con un’altra sostanza che la dilunghi, l’intensità è massima, essa allora può venire presa come unità. Quando la materia colorante è così diluita con altre sostanze senza colore, che essa sia appena percettibile, allora la intensità del suo colore non è più che una frazione piccolissima dell’unità, variabile presso ogni materia colorante, secondo la proprietà particolare di ciascuna di dilungarsi e farsi sentire di più o di meno.

Così, per esempio, la materia colorante blù dell’indaco è capace di colorare una grande massa con cui si mescoli. Il solfato di indaco sciolto nell’acqua è capace di colorare ancora sensibilmente quest’acqua che non ne contenga che del suo peso. Si può dunque dire che la intensità del solfato di indaco sta a quella del suo maximum di dilungamento, come .

Ora noi domandiamo, quale è la minima differenza di intensità che è ancor sensibile al nostro occhio ? La risposta a questa domanda è importantissima. Infatti, se il nostro occhio può scorgere una piccolissima differenza da una gradazione più carica ad una gradazione meno carica di materia colorante, è evidente, che quando questa differenza è la minore possibile, l’errore che si commette nel giudicare, dalla tinta, della quantità della vera materia colorante contenuta in una gradazione data sarebbe piccolissimo ed indicato dalla differenza minima che l’occhio può percepire1.

Alcune esperienze da me falle sotto un tal punto di vista mi [p. 76 modifica]dimostrarono che l’occhio non può accorgersi di una differenza piccolissima Ira una gradazione ed un’altra. Così, per esempio, tra una soluzione di una parte di solfato di indaco dilungato. per es., con 100 parti di acqua, ed un’altra parte dilungala con 101, con 102, 103, 101, 105 parti di acqua, l’occhio non può giudicare con certezza di una differenza di intensità, e ciò perchè la differenza di a è ancor troppo piccola per la sensibilità della nostra retina.

Per ottenere in modo deciso una apprezzabile differenza di tinta, bisogna, come dissi di sopra, che la reale quantità di colore non differisca molto meno di tra una tinta e l’altra che si paragona, e ciò è vero, sia che le gradazioni paragonate siano chiare, sia che esse siano molto intense.

Con questo modo di osservare le gradazioni, che si producono colle varie materie coloranti, vediamo che le gradazioni successive possono formare una progressione continua, in cui la quantità di colore, che forma ciascuna gradazione di una gamma colorata, cresce da una gradazione all’altra di una quantità costante relativamente alla gradazione precedente. Vale a dire, ogni termine o numero, cui si fa esprimere la quantità di colore, sarà eguale a quello che lo precede moltiplicato da un numero costante. così una scala di colori, che faccia vedere ordinatamente una serie di gradazioni dalle più chiare andando alle più oscure, sarà realmente una serie di proporzioni continue, cui si possono applicare tutte le proprietà delle serie algebriche.

Laonde sia una serie di gradazioni ottenute con due polveri. Cuna di color blù e l’altra bianca, e sia la polvere blù la sostanza preziosa, la polvere bianca sia senza costo notevole, e non serva che a dilungare il blù; il primo termine della serie chiamisi a, l’ultimo termine », e sia n il numero dei termini, q il quoziente con cui cresce la serie. L’algebra elementare insegna a trovare ciascuno di questi valori, dati che siano gli altri tre, così: [p. 77 modifica]

dati w, q n si ha
» a q n »
» a w q »
» a w n »

ecco le applicazioni al nostro caso.

Compero una polvere di color blù, composta come ho detto or ora, e la pago, per es., 20 franchi al chilogrammo, lo so che questa polvere colorata forma la 5“ gradazione di una serie di nuante crescenti di ~ di intensità dall’una all’altra.

Quanto dovrei pagare la prima gradazione di questa serie?

La formolo a=^— f si traduce in quest’altra a= — = 9.70 circa. Dunque la polvere della prima gradazione si dovrà ancor pagare L. 9,70 al chitogramma.

Suppongo ora che questa serie di tinte si prolunghi sino airi l’ gradazione, il costo di questa si ricaverà dalla forinola tt=a 9 "-i=9 > 70Xf,2“- 1 =60.

Non ricordandomi più a quale rango appartenga una data gradazione di questa stessa serie di colori blù che io so d’avere dovuto pagare L. 35 al chilogramma, arriverò agevolmente a trovare questo rango colla formola:

Lw— La, L 35 — L 9,70 0 »=1 h; = 8, Lq L 1,20 dunque era l’8’ gradazione che io aveva comperato. Quando si conosce il costo del primo e dell’ultimo termine, ed il numero dei termini della gamma sarà facile il conoscere il quoziente con cui cresce la serie colorata eseguendo le operazioni indi n -»l cale dalla formola q= y • .

in molte e diverse circostanze si può utilizzare le proprietà delle serie algebriche applicale alle gamme dei colori, esse (a) La lettera L significa qui Logaritmo, e noi l’abbiamo adottata, per brevità, invece della piò usata espressione di log. [p. 78 modifica]sono specialmente interessanti pel pittore, pel tintore e pel fotografo, per poter a priori, con regole sicure, calcolare e produrre le varie gradazioni.

Raggi chimici e raggi caloriferi contenuti nella luce. — Nella luce, oltre i raggi che producono i colori, si trovano altri raggi, di cui alcuni producono delle alterazioni chimiche sui corpi che incontrano, per cui vennero chiamali raggi chimici, raggi fotogenici ed anche raggi altinici, ed altri producono del calore, per cui vennero chiamati raggi caloriferi.

La diversa rifrangibililà di questi raggi li fece facilmente scoprire nello spettro solare col mezzo di sostanze appropriate. La figura n° 12 ci fa vedere presso quali zone dello spettro si trovi la massima azione chimica della luce, poichè il relativo massimo e minimo della forza chimica viene ivi rappresentato con una curva. Questa curva ci fa vedere che i raggi chimici sono estremamente rifrangibili, che il massimo loro effetto si produce presso il raggio violetto, e che la sua influenza si estende molto al di là dei raggi luminosi visibili. Infatti, se si pone, per es., del cloruro di argento al di là del color violetto, si trova che questo sale si decompone, annerisce assai prontamente, mentre esso rimane pressochè inalterato nella zona dei raggi gialli ed aranci. Presso il raggio rosso troviamo una nuova azione chimica, benchè mollo debole, ma questo dipende certamente da ciò che i raggi rossi dello spettro sono associati ai raggi caloriferi, poichè, in altre circostanze, i raggi rossi si manifestano egualmente, ed anche più ioerti che i raggi gialli.

Questa maggiore rifrangibililà dei raggi chimici o altinici è di un grave ostacolo alla produzione di un’immagine fotografico ben nitida. Infatti i raggi attinici ed i raggi visibili o colorati, essendo rifratti ad angoli differenti dal prisma, ne risulta, come spiegheremo più innanzi, che il foco visuale di una lente non coincide sempre col foco attinico, vale a dire, che i punti in cui si riuniscono dietro la lente i raggi visibili non sono gli stessi punti in cui si riuniscono i raggi invisibili che impressionano la superficie preparata fotograficamente.

Oltre di ciò l’altinismo essendo spesso in ragione inversa dell’intensità luminosa degli oggetti colorali, o, in altri termini, il maggior effetto chimico trovandosi presso i raggi colorati meno [p. 79 modifica]luminosi, i raggi blù, violetti, mentre il minore effetto è presso i raggi più luminosi, i raggi gialli, rossi, ne nasce che la riproduzione fotografica è raramente corretta relativamente ai chiari ed agli oscuri di oggetti variopinti. Il giallo, il rosso, il verde sono copiati dallo strato sensibile come ombre, mentre il blù, anche più intenso, è copiato quasi come il bianco. Da ciò si vede di quale importanza sia pel fotografo il fare attenzione ai colori del fondo e delle varie parti del modello che vuole riprodurre, per venire ad ottenere un disegno somigliante al vero, e con convenienti gradazioni nei lumi e nelle ombre.

È degno di osservazione, che nello spettro solare, dove la luce appare più brillante, come presso il color giallo, l’attinismo sia precisamente il minimo, o nullo; mentre là, dove la luce è minima o nulla, l’attinismo è il massimo. Questo prova che raffiniamo, la luce, ed il calore, quantunque uniti nei raggi del sole, sono cose tra loro distinte da non confondersi insieme, e che si comportano con proprietà diverse.

L’azione di queste forze dissimili, derivanti dalla luce solare, si fa sentire al fotografo in modo diverso nelle diverse stagioni dell’anno, nelle differenti ore del giorno, nelle diverse regioni della terra. così sin dai primi tempi della fotografia si osservò che nella primavera, e nelle ore del mattino, l’atmosfera essendo più azzurra che non d’estate, e nelle ore pomeridiane, quantunque sembri meno luminosa, si ottiene una maggiore celerità fotografica, e che nei paesi meridionali, con una atmosfera infuocata, si ottiene minore sensibilità che non nei paesi più freddi meno fortemente illuminati2.

Acromatismo. — Abbiamo veduto che la luce, nell’entrare in un mezzo trasparente a superficie parallele, si rifrange e sorte da esso nè alterata, nè deviata dal suo corso rettilineo, ma solo

  1. Il lettore, per rendersi ragione di ciò che affermiamo, può consultare l’ultima parte delta chimica fotografica, ove abbiamo descritto un metodo di dosare i corpi nelle loro soluzioni, il qual metodo è intieramente fondato sulla capacità che ba l’occhio di apprezzare le differenze di intensità delle varie gradazioni colorate.
  2. Advancing from our own Landa towards tbe tropics, it is found that the difficulties of obtaining pictures by the solar influences increase; and under the action of the glowing light of equatorial climes a much longer period is required for impressing a photograph than is occupied in the process either in London or Paris. It has been stated by D. Draper that in his progress from New York to the southern States he found the space protected from chemical change by the yellow rays regularly increasing.

    A Manual of Photography by Robert Hunt. London, 1853.