Piccola morale/Parte terza/IV. Una singolare onestà

Parte terza - IV. Una singolare onestà.

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IV.

UNA SINGOLARE ONESTA’.

Molti compongono a sé stessi la propria fortuna, altri la propria gloria; vi è pure chi dice [p. 156 modifica](ma sono i maligni) che le donne talvolta compongono a se medesime la propria bellezza. E perchè non potrò, disse Evasio, comporre a me stesso la mia onestà? Da indi Evasio si è trovato in perfettissimo accordo colla propria coscienza, nulla opera che non sia secondo coscienza, vorrebbe far a meno del pane che lo nutrisce e della terra che lo sostenta, anziché della propria coscienza. Ricomponendo la propria coscienza, Evasio ha trovato il mezzo facile e certo di vivere onestamente.

Non manca per verità chi l’accusi di essere quello stesso furfante, che correva voce ch’ei fosse avanti di formar patti inviolabili colla propria coscienza; ma giova credere che sia una qualche lingua maledica, una di quelle lingue che vorrebbero indur sospetti circa l’artifiziale bellezza di certe signore, e la gloria artifiziale di certi scrittori. Siffatte genti non hanno fede veruna nella ingenuità del loro prossimo: la loro incredulità è veramente deplorabile! Potrà essere che il nostro Evasio a’ tempi passati fosse spruzzato d’un poco di quel sudiciume, che la fretta dello scrivere mi fa chiamare bricconeria; ma che rimorsi non provava il pover’uomo ad ogni azione, ad ogni idea meno che onesta a cui fosse corso? La coscienza di Evasio fu sempre una coscienza dilicatissima; non è quindi a stupire se da essa appunto gli venne la sua salute.

Lasciando gracchiare chi ne ha voglia, è forza [p. 157 modifica]conchiudere che il nostro Evasio è un nomo onesto, e diremo anche di una onestà singolare. Ottimo figlio, ottimo fratello, ottimo marito, ottimo amico, ottimo cittadino; non c’è in somma grado di umana eccellenza in fatto di onestà cui non possa e non voglia raggiugnere, specialmente dacché si mise in accordo colla propria coscienza. Oltre al resto è dotato di una mansuetudine senza pari. Dato che qualcuno mova dubbii intorno l’onestà delle sue intenzioni, lungi dall’adirarsi, od estendersi in lunghe apologie di sé stesso, si contenta di rispondere tranquillissimamente ho fatto tutto ciò secondo coscienza, a ciò la inia coscienza mi ha consigliato. Mente, dicono alcuni, sempre già s’intende i maligni più volte ricordati; è un ipocrita matricolato; altro è quello che sente, altro quello che dice; Molière ne avrebbe avuto un eccellente modello pel suo Tartufo. Noi all’incontro protestiamo, attesa l’intima conoscenza in cui siamo d’Evasio, ch’egli non è ipocrita in modo alcuno.

Chi per altro ne interrogasse se vorremmo soscrivere a quanto si fa e si dice da questo uomo onesto, ne avrebbe da noi in risposta, che, ben Jungi dall’approvare, ci fa nausea e ribrezzo ciò tutto ch’egli fa e ch’egli dice. Ne padri vorremino avere un tal figlio, nè un tal fratello fratelli, piuttosto compassione che invidia portiamo a chi gli è moglie, meglio non averlo mai conosciuto ch’essergli amico, e beata quella città che non [p. 158 modifica]avesse neppur un solo di tali abitanti. Che contraddizione è ella questa? Apparente si, ma non sostanziale. Badateci un poco se volete conoscere Evasio, e troverete vero quanto abbiamo scritto finora in proposito di lui. Della singolare onestà di un tal uomo, sebbene sia egli che meglio di ogni altro in sè la comprende, non mancano esempi in più persone e in più luoghi.

Evasio ha sortito certa inclinazione alla furfanteria, che gli anni e le carezze della fortuna gli vennero più sempre alimentando nell’animo. Ma per altra parte fu dotato di una cotal coscienza timida e irresoluta, che sarebbe bastata, senza la inclinazione furfantina sopra notata, a tenerlo entro quei limiti di moderazione che fanno il più delle volte scambiare l’inerte e l’irresoluto per galantuomo. A principio Evasio non seppe avvertire all’indole della propria coscienza; e dopo il fatto restavangli le angosce di que’ rimorsi interni, di quel profondo disgusto, che sempre accompagnano, in chi non ha fatto il callo alla colpa, una cattiva azione. Quaudo un giorno gli balenò nella mente questo pensiero perchè non intendermela colla mia coscienza prima di operare checchessia? Fu questo il ritrovamento dell’ipotenusa. Vuole Evasio odiar Timoteo? Persuade prima a sè stesso che Timoteo sia odiabile. Gli occorre assassinare Fulgenzio? Persuade prima a sè stesso che l’assassinio di Fulgenzio altro non è che naturale difesa. Sicchè, a ridurre la cosa nei suoi termini, [p. 159 modifica]non odia un tale perchè sia odiabile, ma sel fa odiabile volendolo odiare; non corre intrepido all’assassinio come a propria difesa, ma, deliberato di assassinare, grida prima all’assassino.

Vorrei che si notasse questa singolare maniera di giudicare le proprie azioni, che potrà forse parere di poco rilievo, ma che stimo in sostanza sia atta a darci la chiave delle innumerabili contraddizioni che veggiamo negli uomini. Quanti sono, i quali ponendosi a discutere non mettano già per immutabile quel principio intorno a cui si rigira appunto la controversia? Quanti che, mostrando di voler cercare un nobile fine alle loro azioni, altro facciano che cercarela via più sollecita di giugnere a quel dato fine che si sono anticipatamente proposto? Ecco qui sempre in campo l’onestà singolare di Evasio. Il vocabolo singolare ha in questo caso grandissima forza, e comprende in sè la quintessenza dell’individualità, in quanto essa può avere di condannabile, ossia la più brutta feccia dell’egoismo.

Poco pericolo, dirà forse taluno, ci ha in questo, stanteche la singolare onestà di Evasio si farà facilmente palese, e tutti potranno guardarsene. Mai no. E questa una specie d’ipocrisia raffinata che può far girare il cervello anche de’ meglio accorti. Della ipocrisia comunale sonosi fatte oggimai tante descrizioni, che a chi non sa riconoscerla possiamo dire: suo danno; [p. 160 modifica]ma di questa ipocrisia coscienziosa non è ancora bene scoperta la natura, e quindi non se ne fece abbastanza esalta descrizione. Chi si avviserebbe immaginare trovarsi studiata e profonda perversità ove le apparenze indicano trepidazione e riserbo? Chi si penserebbe che il voler intendersela colla propria coscienza sia un voler correre più franco e risoluto alla colpa? Tanto è ciò difficile a immaginare e a pensare da chi non abbia l’anima e la coscienza di Evasio, che Evasio è presso molti in concetto dell’animo più delicato, e della più ritenuta coscienza che dar si possa. Anche queglino stessi, cui tocco di farne l’infelice esperienza si rimasero lung’ora perplessi se fosse vero ciò che pur vedevano e udivano, e se l’intimo sentimento della rettitudine naturale gli consigliasse a dovere nel giudicar che facevano delle azioni di un tal uomo. Oh Evasio! Oh singolare onestà! Ciò che udiamo fanciulletti narrare dalle fantesche ignoranti circa il costume de’ cocodrilli, che piangono dopo essersi fatto pastura della carne dell’uomo, s’attaglierebbe assai bene a significare i pessimi vizij occultati sotto il manto di una singolare onestà!