Piccola morale/Parte terza/III. Vizii e virtù concorrenti
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III.
VIZII E VIRTU’ CONCORRENTI.
Fra le molte osservazioni che accade di fare intorno ai vizij e alle virtù, c’è la seguente. Due vizij concorrenti nello stesso uomo, anziché accrescere la somma delle sue reità, la fanno minore di quella sarebbe per rispetto ad un vizio solo; e un uomo all’incontro in cui concorra più d’una virtù, anzichè essere maggiormente stimato che se ne possedesse una sola, lo è meno. Non si può negare che, di qualunque fatta essi sieno, non abbiano i vizij tutti una comune radice, e non altrimenti è d’uopo conchiudere delle virtù; donde avviene egli adunque (per usare un’immagine materiale) che sostanze, nelle quali v’è affinità di natura, non possano insieme amicarsi, e cospirare ad un fine comune?
Terenzio è calunniatore. Non c’è genere di menzogna che non esca della nocente sua bocca. Ma Terenzio è anche un cotal bizzarro cervello da non potersene mai cavare il costrutto di una deliberazione assennata. Da molti gli si dà il nome di originale, e ciò il lava in gran parte dalla macchia di calunniatore. Dicesi da taluno, a cagion d’esempio, di lui parlando: quanto egli mise fuori in proposito della onestà di quel negoziante è pretta menzogna. Ove ciò s’udisse d’altri che di Terenzio, la brigata intuonerebbe a coro che calunniatore! Trattandosi di Terenzio, la più parte contentasi di esclamare: che originale! Originale? Che ha che fare l’originalità colla bricconeria? Se Terenzio, oltre all’essere calunniatore, è anche strambo, sia doppiamente disprezzato pel doppio difetto. No, signori; l’originalità accoppiata alla furfanteria è tollerata; toglietele quella compagnia, e lasciatela sola, come in Federico che vive bizzarramente, senza però recar male di sorta ad alcuno, e saranno pronte ed acerrime le censure.
All’incontro Filippo, oltre all’essere fiore di galant nomo, è anche piacevole nel conversare. La piacevolezza fa meno luminosa la sua onestà: si amerebbe che chi è tanto spiritoso fosse anche un poco briccone. Si dura fatica a tributare a Druso le debite lodi pel suo talento musicale, e perchè? Non per altro che per la riputazione di cui gode d’amico costante ed affettuosissimo. Sembra che in tutti gli uomini non ci abbia che una data dose di ammirazione, riferibile a ciascheduno dei loro simili, e che non possa essere adoperata fuorchè una volta, per una data cagione. Io stimo il tale per la sua lealtà, tocca ad altri stimarlo come ingegnoso. Siccome poi importa ad ognuno di essere lodato per avere saputo convenientemente dispensare il tesoro della propria stima, all’apparire di una qualche virtù, che pure ne sarebbe meritevole, ci arrestiamo dubbiosi, temendo che possa indi sorgere nella stessa persona un’altra virtù più nobile della prima, a cui non ci sia più rimasto nulla da offrire. Deplorabile gramezza dei nostri giudizii!
Chi volesse adunque operare secondo la vigliacca prudenza dell’utilità particolare dovrebbe studiarsi di non possedere che una sola virtù; e dato che gli sia impossibile torsi alla strada del vizio, in esso addentrarsi per diverse bande! Ma un’arcana legge di giustizia, che, immedesimata nella natura morale, rende sembianza di ciò che nella natura fisica sono altre leggi mirabili e misteriose del pari, fa si spesse volte, che nell’uomo bruttato di molti vizij concorrano questi tutti in un solo, e nell’uomo virtuoso le varie virtù si vestano tutte di quel coJore ch’è proprio alla virtù principale.
Egli è per questo che noi conosciamo, a modo d’esempio, un’avarizia ambiziosa e una liberalità modesta, una collera imbelle e un’affettuosa alterezza. Quelli fra i comici che seppero cogliere colla loro imitazione gli estremi impercettibili all’occhio volgare, nei quali riescono a corrispondersi vizij e virtù apparentemente opposti fra loro, toccarono, a parer nostro, il supremo grado dell’eccellenza. La ripetizione continua di un solo difetto, come viene nauseosa nella vita, annoia del pari nei lavori d’arte; e scarso rimedio ad un tal genere di noia si porge colla contrapposizione di caratteri affatto dissomiglianti, i quali, alla foggia stessa che due negative riescono ad affermare, vanno a metter capo per contrarie vie in uu termine solo. Chi, verbigrazia, vedendo messi di fronte ai lagrimevoli effetti dell’impetuosità quelli salutari della pacatezza, non si accorge che, sebbene proceda da oggetti diversi, è poi una sempre l’impressione che dall’anima si riceve? Di che ne conseguita a lungo andare stanchezza. All’incontro la lotta di opposti principij che si disputano la signoria di un cuore, e trovano modo di allignarvi fratellevolmente, quando sembrerebbe a prima giunta che avessero dovuto l’un l’altro distruggersi, è ciò di più essenzialmente vero ed utilmente piacevole che può avervi nelle imitazioni dell’umana natura.
Avendo cominciato a parlare di morale e di costumi siamo usciti a parlare d’arti: non è maraviglia. Ritornando cola onde prendemmo le mosse, non altra conclusione può trarsi da questo nostro discorso fuorchè un nuovo argomento a dubitare più sempre dei giudizij che si pronunziano in proposito dei nostri fratelli; potendo assai spesso accadere ch’ivi il merito sia maggiore ove gli applausi sono meno copiosi; e dove abbondano le censure, non altra esservi cagione di ciò, che la mancanza di un vizio di più, che le avrebbe fatte, o tacere o per lo meno parlare sommessamente.