Piccola morale/Parte seconda/V. Il presente

Parte seconda - V. Il presente.

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V.

IL PRESENTE.

Con ragione si declama contro quei filosofi, antichi o moderni che siano, dettino in prosa o in versi le loro lezioni, che consigliano gli uomini non d’altro affannarsi che del presente, come da quello da cui possano rimanere tocchi, e su cui, per certa tal qual maniera, tengon la mano. Non so per altro se siasi da molti, e molte volte considerato quanto possa essere soverchio un tale rimprovero. A che riferendomi col presente articolo non vorrò già distorre gli scrittori dall’inveire contro chi fa troppa stima del presente, con grave scapito della esperienza e dell’avvedimento che [p. 86 modifica]deve tenersi l’uomo a compagni in ogni sua impresa, bensi rincalzare la loro ragione con osservazioni desunte dal considerare la cosa sotto diverso aspetto. Dico adunque che il presente ha il suo addentellato nel passato e nel futuro, e che potrebbesi chiamare con egual giustezza rimembranza e presagio, in quanto appunto è sempre impregnato di ciò che vengono all’uomo somministrando, in diverse dosi secondo i naturali diversi, la memoria e l’antiveggenza.

Che sarebbe mai il presente senza il passato? Che sarebbe l’avvenire? Sarebbe tolta ogni via di confrontare, ogni alimento alla speranza. Non conosciamo gioie e dolori presenti che non possano essere accresciuti o scemati dalla considerazione del passato e dell’avvenire. Chi considera il presente nella semplice superficie può credere ch’esso sia tutto solo, ma per poco che si voglia toglier da esso la prima corteccia, ci si trovano subito le tracce indelebili del passato, e i germogli sorgenti dell’avvenire. Noi viviamo in un’età, che, bisogna pur confessarlo, sembra avere rinnegato l’esperienza, e tuttavia serve ad essa senz’avvedersene; poichè quando anche l’uomo si lasci sedurre dai consigli della propria forsennatezza, sa e può mai egli ripudiare la propria natura? Ora quest’uomo, per qualunque via s’incammini, parte egli pur sempre da un qualche altro sito e verso un qualche altro sito s’invia: può credere di arrestarsi inoperoso [p. 87 modifica]a mezzo il cammino, ma pur sempre cammina, non foss’altro verso la tomba, e allora solamente ha cessato di dar passo dopo passo quando è giunto ad adagiarsi fra le ceneri dei suoi padri. Molti s’illudono di riposare, e sono da rassomigliare a quegli uomini che, vedendo coll’occhio della loro speranza sorgere il sole ogni mattina, e ogni sera corcarsi, si figurano che la terra fosse immobile e il sole le circolasse all’intorno, e intanto si rigirano senza posa con essa.

Ma queste sono considerazioni troppo malinconiche: pure la malinconia è quella stessa che troverete nell’essenza d’ogni vostro piacere, solo che vi facciate alcun poco a smidollarlo. Che cosa sarebbe una contentezza che non fosse stata preceduta dal desiderio, quand’anche non avesse potuto avervi luogo la speranza? Di qui quel fondo di tristezza, quel non so che di amaro che sorge di mezzo agli scherzi e che ci attrista, secondo scrisse il poeta della natura, anche nel seno dei fiori. E mi sono arrestato al passato perché si vegga, che un compiuto diletto non sarebbe possibile all’uomo quando anche non avesse imminente e terribile l’immaginazione dell’avvenire. Potrà essermi opposto che questo discorso si regge ove trattisi di pensieri, ma non è poi di una eguale forza ove trattisi d’azioni. Ma che cosa è azione scompagnata dal pensiero? E mentre l’uomo fa tal cosa, non pensa egli forse a tal altra? E quella che [p. 88 modifica]egli fa, e che fatta non avrebbe senza il precedente lavoro dell’intelletto, non gli è cagione a continuare nell’esercizio di questo? Noi veggiamo le ruote di un mulino che si turbinano incessantemente intorno a quel perno in cui sono commesse, ma egli è l’acqua che le fa andare sgorgando precipitosa e sonora, e versandosi senza posa. Ora è il pensiero regolatore d’ogni nostro atto, e ogni nostro atto alimenta l’attività del pensiero; a quella guisa appunto che le ruote anzidette, mosse dall’acqua, nel loro turbinarsi continuo rispingono l’acqua all’insù, e dando ad essa un’altra spezie d’impulso, ne fanno alzare gli sprazzi tutto all’intorno.

Chi sapesse formarsi un giusto concetto del presente, scompagnato dal passato e dell’avvenire, nulla gli mancherebbe ad intendere l’eternità. E però chi volle parlare della mente eterna con molta chiarezza e sublimità ebbe a dire esser quella

                    A cui tutti li tempi son presenti.

Il qual concetto e la qual frase non sarebbero interpretati a dovere da chi prendesse la parola presente soltanto per attributo di cosa che sta d’ innanzi, che si ha sotto gli occhi, ciocchè potrebbe dirsi anche del savio nel cui presente si comprendono le lezioni dell’esperienza, e le conseguenze presumibili nell’avvenire. Veggano adesso con quanta cognizione della nostra natura [p. 89 modifica]discorrano quelli che dicono doversi aver riguardo al presente, contentarsi di questo: veggasi se la nuda notizia de’ fatti sia bastante per l’uomo, e se gli siano necessarii i confronti e le conclusioni che se ne traggono.