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deve tenersi l’uomo a compagni in ogni sua impresa, bensi rincalzare la loro ragione con osservazioni desunte dal considerare la cosa sotto diverso aspetto. Dico adunque che il presente ha il suo addentellato nel passato e nel futuro, e che potrebbesi chiamare con egual giustezza rimembranza e presagio, in quanto appunto è sempre impregnato di ciò che vengono all’uomo somministrando, in diverse dosi secondo i naturali diversi, la memoria e l’antiveggenza.

Che sarebbe mai il presente senza il passato? Che sarebbe l’avvenire? Sarebbe tolta ogni via di confrontare, ogni alimento alla speranza. Non conosciamo gioie e dolori presenti che non possano essere accresciuti o scemati dalla considerazione del passato e dell’avvenire. Chi considera il presente nella semplice superficie può credere ch’esso sia tutto solo, ma per poco che si voglia toglier da esso la prima corteccia, ci si trovano subito le tracce indelebili del passato, e i germogli sorgenti dell’avvenire. Noi viviamo in un’età, che, bisogna pur confessarlo, sembra avere rinnegato l’esperienza, e tuttavia serve ad essa senz’avvedersene; poichè quando anche l’uomo si lasci sedurre dai consigli della propria forsennatezza, sa e può mai egli ripudiare la propria natura? Ora quest’uomo, per qualunque via s’incammini, parte egli pur sempre da un qualche altro sito e verso un qualche altro sito s’invia: può credere di arrestarsi inoperoso