Pagina:Bois - Sui confini della scienza della natura,1928.djvu/61


— 63 —


(30) Cfr. sotto p. 94.

(31) Nel passo citato sopra p. 17-18 (Cfr. nota 2 a pag. 52-53) Laplace non ha avuto intenzione di descrivere esattamente i limiti della conoscenza astronomica. Si manifesta infatti espressione inesatta quand’egli dice che l’intelligenza umana resterà sempre infinitamente lontana dall’Intelligenza da lui (Laplace) immaginata (cfr. sopra p. 23-53).

(32) Cfr. il mio discorso: Sull’esercizio, nelle due edizioni del discorso. V. II, p. 121.

(33) Col suo «Penso, dunque sono» Descartes intende in origine per pensiero, un atto di pensiero nel suo stretto significato (Discorso sul metodo delle opere di Descartes pubblicale da V. Cousin ecc. V. I, p. 158). Tuttavia spiegò più tardi che egli intendeva con ciò anche semplici sensazioni. «Con la parola pensare intendo tutto quello che si fa in noi in modo che ne abbiamo noi stessi l’immediata percezione, per cui non soltanto capire, volere, immaginare, ma anche sentire, significano qui la stessa cosa che pensare». (Principi di filosofia, ibidem, V. II, p. 67. Cfr. anche Meditazioni, ibidem. V. I, p. 253).

(34) Cfr. sotto p. 85 le osservazioni analoghe di Locke nella forma loro data da Leibniz. La dimostrazione qui da me sviluppata che noi non potremo mai comprendere i processi spirituali dalle loro condizioni materiali, l’ho esposta da anni nelle mie letture pubbliche «Sopra alcune conseguenze degli ultimi studi naturali» e comunicata anche conversando. In un Discorso tenuto all’Associazione Inglese dei naturalisti, a Norwich nel 1868, il mio amico prof. Tyndall si era anch’egli già espresso in