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dare all’astronomia, una debole immagine d’una tale intelligenza»2.

Infatti come l’astronomo ha bisogno soltanto di dare al tempo nelle equazioni lunari un certo grado negativo per stabilire se, quando Pericle si imbarcò per Epidauro, il sole era oscurato per il Pireo, così la mente immaginata da Laplace potrebbe, per mezzo di convenienti dimostrazioni della sua formula del mondo, saperci dire chi nascondeva la maschera di ferro, o perchè il «Presidente» colò a fondo. Come l’astronomo prevede il giorno in cui una cometa dalle profondità dello spazio riapparirà sulla volta celeste, così tale intelligenza leggerebbe nelle sue equazioni il giorno in cui dalla moschea di Sofia brillerà la croce greca, o in cui l’Inghilterra brucerà il suo ultimo carbon fossile. Se essa ponesse nella formula del mondo t = — ∞, le si svelerebbe l’enigmatica origine delle cose. Essa vedrebbe nello spazio infinito la materia, o già in movimento oppure in riposo e disugualmente distribuita, poichè con eguale distribuzione mai non sarebbe stato scosso il suo equilibrio instabile. Lasciando crescere t illimitatamente nel senso positivo, verrebbe a conoscere dopo quanto tempo il teorema di Carnot minaccia il mondo di morte per raffreddamento3. Ad un tale spirito sarebbe noto il numero dei capelli sul nostro capo, e nemmeno un passero cadrebbe a terra senza ch’egli lo sapesse. Profeta con lo sguardo rivolto avanti e indietro, per lui, come si esprimeva D’Alembert nell’Introduzione all’Enciclopedia nutrendo