Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 21

Canto 21

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Canto 20 Canto 22

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CANTO XXI



 [1]

N
E ſune intorto crederò che ſtringa

     Soma coſi, ne coſi legno chiodo
     Cóe la ſé ch’una bella alma cinga
     IVI ſuo tenace indiſſolubil nodo,
     Ne da gli antiqui par che ſi dipinga
     La ſanta ſé veſtita in altro modo
     Che d’un vel biaco che la cuopra tutta:
     Ch’u ſol pūto, 11 ſol neo la può far brutta

 [2]
La fede vnqua non debbe eſſer corrotta
     data a vn ſolo, o data inſieme a mille,
     E coſi in vna ſelua, in vna grotti:
     1 .untati da le cittadi, e da le ville,
     Come dinazi a tribunali: in ſrotta
     Di teſtimon, di ſcritti, e di poſtille,
     Sniza giurare, o ſegno altro piū eſpreffo
     Baiti vna volta che s’habbia promeſſo.

 [3]
Quella ſeruo come ſeruar ſi debbe
     In ogni impreſa il cauallier Zerbino:
     E i|iiiui dimoſtro che conto n’hebbe
     Quando ſi tolſe dal proprio camino
     Per andar con coſtei: laqual gl’increbbe
     Come s’haueſſe il morbo ſi vicino,
     O pur la morte iſteffa, ma potea
     Piū che’l dillo quel che pmeſſo hauea.

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 [4]
Diſſi di lui che di vederla ſotte-
     La ſua condotta, tanto al cor gli preme
     Che n’arrabbia di duol, ne le fa motto
     E vanno muti e taciturni inſieme,
     Diſſi che poi ſu ql ſilentio rotto
     Ch’ai modo il Sol moſtro le ruote eſtreme,
     Davn caualliero auenturoſo errate
     Ch’in mezo del camin lor ſi ſé inante.

 [5]
La vecchia che conobbe il caualliero
     Ch’era nomato Hermonide d’Olanda
     Che per inſegna ha ne lo ſcudo nero
     Attrauerſata vna vermiglia banda,
     Poſto l’orgoglio e quel fembiáte altiero
     Humilmente a Zerbin ſi raccomanda,
     E gli ricorda quel ch’eſſo promiſe
     Alla guerriera ch’in ſua man la miſe.

 [6]
Perche di lei nimico e di ſua gente
     Era il guerrier che contra lor venia,
     Vcciſo ad eſſa hauea il padre innocente
     E vn fratello che ſolo al mondo hauia,
     E tutta volta far del rimanente
     Come de glialtri il traditor diſia,
     Fin ch’alla guardia tua donna mi ſenti
     (Dicea Zerbin) nò vo che tu pauenti.

 [7]
Come piú preſſo il cauallier ſi ſpecchia
     In quella faccia che ſi in odio gliera
     O di combatter meco t’ apparecchia
     Grido con voce minaccioſa e ſiera,
     O laſcia la difeſa de la vecchia,
     Che di mia man fecondo il merto pera,
     Se combatti per lei rimarrai morto
     Ch coſi auuiene a chi s’appiglia al torto.

 [8]
Zerbin corteſemente a lui riſponde
     Che glie deſir di baſſa e mala ſorte
     Et a caualleria non corriſponde
     Che cerchi dare ad vna donna morte,
     Se pur combatter vuol non ſi naſconde:
     Ma che prima conſideri, ch’importe
     Ch’un cauallier com’era egli gentile
     Voglia por man nel ſangue feminile.

 [9]
Queſte gli diſſe e piú parole in vano
     E ſu biſogno al ſin venire a fatti,
     Poi che pſo a baſtaza hebbon del piano
     Tornarli incontra a tutta briglia ratti,
     Non van ſi preſti i razi ſuor di mano
     Ch’ al tempo ſon de le allegrezze tratti
     Come andaron veloci i duo deſtrieri
     Ad incontrare inſieme i cauallieri.

 [10]
Hermonide d’Olanda ſegno baffo
     Che per paſſare il deſtro ſianco atteſe,
     Ma la ſua debol lancia andò in ſracaſſo
     E poco il cauallier di Scotia ofi’efe:
     Non ſu giá l’altro colpo vano e caffo
     Roppe lo ſcudo, e ſi la ſpalla preſe
     Che la ſoro da l’uno all’altro lato
     E riuerſar ſé Hermonide fu’l prato.

 [11]
Zerbin che ſi penſo d’ hauerlo vcciſo
     Di pietá vinto ſcefe in terra preſto:
     E leuo l’elmo da lo ſmorto viſo:
     E quel guerrier come dal ſonno deſto
     Senza parlar guardo Zerbino ſiſo:
     E poi gli diſſe non m’e giá moleſto
     Ch’ io ſia da te abbattuto ch’ai ſembianti
     Moſtri eſſer fior de cauallieri erranti.

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 [12]
Ma ben mi duol, che queſto per cagione
     D’una femina perfida m’auuiene:
     A cui non ſo come tu ſia campione
     Che troppo al tuo valor ſi diſconuiene:
     E quando tu ſapeſſi la cagione
     Ch’a vendicarmi di cortei mi mene
     Haureſti ogn’ hor che rimèbraffi affanno
     D’hauer per campar lei fatto a me dano.

 [13]
E ſé ſpirto a baſtanza hauro nel petto
     Ch’ io il poſſa dir (ma del cotrario temo)
     Io ti faro veder ch’in ogni effetto
     Scelerata e coſtei piú ch’in eſtremo
     Io hebbi giá vn ſratel che giouinetto
     D’Olanda ſi parti, d’onde noi femo
     E ſi fece d’ Eraclio caualliero
     Ch’allhor tenea de Greci il ſórno ipero.

 [14]
Quiui diuenne intrinſeco e fratello
     D’un corteſe baron di quella corte,
     Ch nei cofin di Seruia hauea vn caſtello
     Di ſito ameno e di muraglia ſorte,
     Nomoſſi Argeo colui di ch’io fauello
     Di queſta iniqua femina conſorte,
     La quale egli amo ſi, che paſſo il ſegno
     Ch’ a vn huom ſi guenia come lui degno.

 [15]
Ma coſtei piú volubile che ſoglia
     Qií l’autunno e piú priua d’ humore:
     Cbe’l ſreddo vento gli arbori ne ſpoglia
     E le ſoſſia dinanzi al ſuo furore,
     Yerſo il marito cangio toſto voglia
     Che ſiſſo qualche tépo hebbe nel core:
     E volſe ogni penſiero ogni diſio
     D’acquiſtar per amante il ſratel mio.

 [16]
Ma ne ſi ſaldo all’impeto marino
     l’Acrocerauno d’ inſamato nome,
     Ne ſta ſi duro incontra Borea il Pino
     Che rinouato ha piú di cento chiome,
     Che q^to appar ſuor de lo ſcoglio alpino
     Tanto ſotterra ha le radici, come
     II mio fratello a prieghi di coſtei:
     Nido de tutti i vitii infandi e rei.

 [17]
Hor come auuiene a vn cauallier’ ardito
     Che cerca briga e la ritroua ſpeffo,
     Fu in vna impreſa il mio ſratel ferito
     Molto al cartel del ſuo còpagno appſſo,
     Doue venir ſenza aſpettare inuito
     Solea, ſorte o non ſorte Argeo con erto:
     E dentro a quel per ripoſar fermorte
     Tanto che del ſuo mal libero ſorte.

 [18]
Mentre egli quiui ſi giacea, conuenne
     Ch’in certa ſua biſogna andarte Argeo:
     Toſto queſta sfacciata a tentar venne
     Il mio fratello, & a ſua vſanza feo,
     Ma quel fedel non oltre piú ſoſtenne
     Hauere a i ſianchi vn ſtimulo ſi reo:
     Elette per ſeruar ſua fede a pieno
     l’i molti mal quel che gli parue meno.

 [19]
Tra molti mal gli parue elegger qvieſto
     Laſciar d’ Argeo l’intriſichezza átiqua:
     Lungi andar ſi, che non ſia manifeſto
     Mai piu il ſuo nome alla femina iniqua,
     Ben che duro gli ſorte, era piu honeſto
     Che ſatisfare a quella voglia obliqua:
     O ch’accuſar la moglie al ſuo Signore:
     Da cui ſu amata a par del proprio core.

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 [20]
E de le ſue ferite anchora inſermo
     l’arme ſi veſte, e del caſtel ſi parte
     E con animo va conſtante e fermo
     Di non mai piú tornare in quella parte:
     Ma che glival? ch’ogni difeſa e ſchermo
     Gli diſipa Fortuna con nuoua arte,
     Ecco il marito che ritorna in tanto
     E troua la moglier che fa gran pianto.

 [21]
E ſcapigliata e con la faccia roſſa:
     E le domanda di che ſia turbata,
     Prima ch’ella a riſpondere ſia moſſa
     Pregar ſi laſcia piú d’ una ſiata,
     Penſando tuttauia come ſi poſſa
     Vendicar di colui che l’ha laſciata:
     E ben cóuenne al ſuo mobile ingegno
     Cangiar l’amore in ſubitano ſdegno.

 [22]
Deh, diſſe al ſine, a che l’error naſcondo
     Clio comeſſo Signor ne la tua abſentia?
     Che qií anchora io’l celi a tutto’l modo
     Celar noi poſſo alla mia conſcientia:
     l’alma che ſente il ſuo peccato immodo
     Paté dentro da ſé tal penitentia
     Ch’ auanza ogn’ altro corporal martire
     Che dar mi poſſa alcun del mio fallire

 [23]
Quando fallir ſia quel che ſi fa a ſorza
     Ma ſia quel che ſi vuol, tu fappil’ancho
     Poi con la ſpada da la immonda ſcorza
     Scioglie lo ſpirto imaculato e bianco:
     E le mie luci eternamente ammorza
     Che dopo tanto vituperio, al manco
     Tenerle baſſe ogn’ hor non mi biſogni
     E di ciafeii ch’io vegga io mi vergogni.

 [24]
Il tuo copagno ha l’honor mio diſtrutto
     Queſto corpo per ſorza ha violato,
     E perche teme ch’io ti narri il tutto
     Hor ſi parte il villan ſenza cómiato,
     In odio con quel dir glihebbe ridutto
     Colui che piú d’ ogn’ altro gli ſu grato,
     Argeo lo crede: & altro non aſpetta
     Ma piglia l’arme, e corre a far vendetta.

 [25]
E come quel e’ hauea il paeſe noto
     Lo giunſe che non ſu troppo lontano,
     Che’l mio fratello debole, & egroto
     Senza ſoſpetto ſé ne giá pian piano,
     E breuemente in vn loco remoto
     Poſe per vendicarſene in lui mano,
     No troua il ſratel mio ſcuſa che vaglia
     Ch’i fòma Argeo co lui vuol la battaglia

 [26]
Era l’un ſano e pien di nuouo ſdegno
     Infermo l’altro, & all’ufanza amico,
     Si c’hebbe il ſratel mio poco ritegno
     Contra il compagno fattogli nimico,
     Dunqj Philandro di tal ſorte indegno
     (De l’infelice giouene ti dico)
     Coli hauea nome, non fofrendo il peſo
     Di ſi ſiera battaglia reſto preſo.

 [27]
Non piaccia a Dio, che mi códuca a tale
     II mio giuſto furore e il tuo demerto
     Gli diſſe Argeo) ch mai ſia homicidiale
     Di te ch’amaua, e me tu amaui certo,
     Ben che nel ſin me l’hai moſtrato male:
     Pur Voglio a tutto il mondo fare aperto
     Che come ſui nel tempo de l’amore
     Coſi ne l’odio ſon di te migliore.

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 [28]
Per altro modo punirò il tuo fallo
     Che le mie ma piú nel tuo ſangue porre,
     Coſi dicendo fece fu’! cauallo
     Di verdi rami vna bara comporre,
     E quaſi morto in quella riportallo
     Dentro al cartello in vna chiuſa torre,
     Doue in perpetuo per punitione
     Condanno l’innocente a ſtar prigione.

 [29]
Non perno ch’altra coſa haueſſe manco
     Che la liberta prima del partire.
     Perche nel reſto come ſciolto e ſranco
     Vi remi. ind. m. i e ſi facea vbidire,
     Ma non eſſendo anchor l’animo ſtanco
     Di queſta ria del ſuo penſier ſornire,
     Quaſi ogni giorno alla prigion veniua
     C hauea le chiaui e a ſuo piacer l’apriua

 [30]
E mouea ſempre al mio fratello aſſalti
     E con maggiore audacia che di prima:
     Queſta tua fedeltá (dicea) che vaiti?
     Poi che perfidia per tutto ſi ſtima ?
     O che triomphi glorioſi & alti
     O che ſuperbe ſpoglie, e preda opima:
     O che merito al ſin te ne riſulta
     Se come a traditore ognun t’ infulta.

 [31]
Quato vtilméte quato con tuo honore:
     M’haureſti dato quel che da te volli,
     Di queſlo ſi oſtinato tuo rigore
     La gra merce che tu guadagni hor tolli,
     In prigion fei, ne crederne vſcir ſuore
     Se la durezza tua prima non molli,
     Ma quando mi cOpiacci io faro trama
     Di racquiſtarti e libertade e fama.

 [32]
No no (diſſe Philádro) hauer mai ſpene
     Che non ſia come ſuol mia vera fede.
     Se ben contra ogni debito mi auuiene
     Ch’io ne riporti ſi dura mercede,
     E di me creda il mondo men che bene:
     Baſta che manti a quel che’l tutto vede
     F. mi può riſtorar di graſia eterna
     Chiara la mia innocentia ſi difeerna.

 [33]
Se non baſta ch’Argeo mi tenga preſo
     Tolgami anchor queſta noioſa vita.
     Forſè non mi ſia il premio in ciel conteſo
     De la buona opra qui poco gradita,
     Forſè egli, che da me ſi chiama oſſeſo
     Quando fará queſt’ anima partita
     S’auedra poi d’hauermi fatto torto
     E piangerá il fedel cOpagno morto.

 [34]
Coſi piú volte la sfacciata Donna
     Tenta Philandro e torna ſenza ſrutto,
     Ma il cieco ſuo deſir che non aſſollila
     Del ſcelerato amor trailer conſtrutto,
     Cercando va piú dentro ch’alla gonna
     Suoi vitii antiqui, e ne diſcorre il tutto
     Mille penſier fa d’uno in altro modo
     Prima ch fermi in alcun d’effi il chiodo.

 [35]
Stette fei meſi, che non ineſſe piede
     Come prima facea ne la prigione:
     Di che il miſer Philádro e ſpera e crede
     Che coſtei piú no gli habbia affettione:
     Ecco Fortuna al mal propitia, diede
     A queſta federata occaſione
     Di metter ſin con memorabil male
     Al ſuo cieco appetito irrationale.

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 [36]
Antiqua nimicitia hauea il marito
     Con vn baron detto Morando il bello,
     Ch nò v’eſſendo Argeo ſpeffo era ardito
     Di correr ſolo e ſin dentro al cartello,
     Ma s’ Argeo v’era non tenea lo’nuito
     Ne s’accoſtaua a dieci miglia a quello,
     Hor per poterlo indur che ci veniſſe
     D’ire in Hieruſalem per voto diſſe.

 [37]
Diſſe d’andare, e parteſi, ch’ognuno
     Lo vede, e fa di ciò ſparger le grida,
     Ne il ſuo pèſier ſuor ch la moglie, alciio
     Puote ſaper, che ſol di lei ſi ſida:
     Torna poi nel cartello all’aer bruno
     Ne mai ſé non la notte iui s’ annida:
     E con mutate inſegne al nuouo albore
     Senza vederlo alcun ſempre eſce ſuore.

 [38]
Se ne va in qſta e in quella parte errado
     E volteggiando al ſuo cartello intorno:
     Pur per veder ſé credulo Morando
     Voleſſe far, come ſolea, ritorno,
     Staua il di tutto alla foreſta, e quando
     Ne la marina vedea aſcoſo il giorno
     Venia al cartello, e per naſcoſe porte
     Lo togliea dentro V inſedel conſorte.

 [39]
Crede ciaſcun, ſuor che V iniqua moglie
     Che molte miglia Argeo lòtan ſi troue,
     Dunqj il tempo oportuno ella ſi toglie
     Al ſratel mio va con malitie nuoue,
     Ha di lagrime a tutte le ſue voglie
     Vn nèbo che da gliocchi al ſen le pioue,
     Doue potrò dicea trouare aiuto
     Che in tutto l’honor mio nò ſia perduto?

 [40]
E col mio, quel del mio marito inſieme
     Ilqual ſé ſorte qui non temerei:
     Tu conoſci Morando, e fai ſé teme
     Quado Argeo non ci ſente nomini e dei
     Queſti hor pgado hor minaccialo, eſtreme
     Prone fa tutta via, ne alcun de miei
     Laſcia che non contamini per trarmi
     A ſuoi diſii, ne ſo s’io potrò aitarmi.

 [41]
Hor e’ ha inteſo il partir del mio coſorte
     E ch’al ritorno non fará ſi preſto
     Ha hauuto ardir d’entrar ne la mia corte
     Senza altra ſcuſa, e fenz’ altro preteſto:
     Che ſé ci ſorte il mio Signor per ſorte
     Nò ſol no hauria audacia di far queſto:
     Ma non ſi terria anchor per dio ſicuro
     D’ appreffarfi a tre miglia a queſto muro

 [42]
E quel che giá per meſſi ha ricercato
     Hoggi me l’ha richieſto a ſronte a ſròte,
     E con tai modi che gran dubbio e ſtato
     De lo auuenirmi dishonore & onte,
     E ſé non che parlar dolce gli ho vſato
     E ſinto le mie voglie alle ſue pronte,
     Saria a ſorza di quel ſuto rapace
     Che ſpera hauer per mie parole in pace.

 [43]
Promeſſo gliho, non giá per obſeruargli
     Che fatto per timor nullo e il contratto,
     Ma la mia intention ſu per vietargli
     Quel ch p ſorza haurebbe allhora fatto
     Il caſo e qui, tu ſol poi rimediargli
     Del mio honor altrimenti fará tratto:
     E di ql del mio Argeo, ch giá m’hai detto
     Hauer’o tato o piú ch’I jpprio a petto

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 [44]
E ſé queſto mi nieghi, io diro dunq3
     Ch’in te non ſia la ſé di che ti vanti,
     Ma che ſu ſol per crudeltá, qualunque
     Volta hai ſprezzati i miei ſupplici pianti,
     No per riſpetto alcií d’Argeo, quantúq?
     M’hai qſto ſcudo ogn’ fiora oppoſto insti
     Saria ſtato tra noi la coſa occulta
     Ma di qui aperta inſamia mi riſulta.

 [45]
Non ſi conuien (diſſe Philadro) tale
     Prologo a me per Argeo mio diſpoſto,
     Narrami pur quel ch tu vuoi, che quale
     Sempre ſui, di ſemp eſſere ho ppoſto,
     E ben ch’a torto io ne riporti male
     A lui non ho queſto peccato importo,
     Per lui ſon pròto adar acho alla morte:
     E ſiami contra il mòdo e la mia ſorte.

 [46]
Riſpoſe l’empia io voglio che tu ſpéga
     Colui che’l noſtro diſhonor procura,
     Non temer ch’alcun mal di ciò t’ auenga
     Ch’io te ne moſtrero la via ſicura,
     Debbe egli a me tornar, come riuenga
     Su l’hora terza la notte piú ſcura,
     E fato vn ſegno de ch’io V ho auucrtito
     10 l’ho a tor dentro che non ſia ſentito.

 [47]
A te non granerá prima aſpettarme
     Ne la camera mia doue non luca,
     Tanto che diſpogliar gli faccia l’arme
     E quaſi nudo in man te lo conduca,
     Coſi la moglie conduceſſe panne
     11 ſuo marito alla tremenda buca,
     Se per dritto coſtei moglie s’appella
     Piú che ſuria inferita] crudele e fella.

 [48]
Poi che la notte federata venne
     Fuor traſſe il mio ſratel co l’arme i mao:
     E ne l’ofeura camera lo tenne
     Fin che tornaſſe il miſer Cartellano:
     Come ordine era dato il tutto auuenne:
     Che’l conſiglio del mal va raro in vano:
     Coſi Philadro il buono Argeo percofTe
     Che ſi penſo che quel Morando foſſe.

 [49]
Con eſſo vn colpo il capo feſſe e il collo
     Ch’elmo non v’era e non vi ſu riparo:
     Peruéne Argeo ſenza pur darevn crollo
     De la miſera vita al ſine amaro,
     E tal l’uccife che mai non penſollo
     Ne mai l’hauria creduto, o caſo raro
     Che cercando giouar, fece all’amico
     Quel, di che peggio no ſi fa al nimico.

 [50]
Poſcia ch’Argeo non conoſciuto giacqj
     Rende a Gabrina il mio ſratel la ſpada,
     Gabrina e il nome di coſtei) che nacqj
     Sol per tradire ognun che in ma le cada,
     Ella che’l ver fin’a quell’hora tacqj
     Vuol che Philandro a riueder ne vada
     Col lume i mano il morto ond’egli e reo,
     K gli dimoſtra il ſuo compagno Argeo.

 [51]
E gli minaccia poi ſé non conſente
     All’amorofo ſuo lungo deſire:
     Di paleſare a tutta quella gente
     Quel ch’egli ha fatto: e noi può gradire
     E lo fará vituperoſamente
     Come aſſaſino e traditor: morire
     E gli ricorda che ſprezzar la fama
     Non de, ſé ben la vita ſi poco ama.

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 [52]
Pien di paura e di dolor rimaſe,
     Philadro, poi ch del ſuo error s’ accorſe
     Quaſi il primo furor gli peiſuaſe
     D’uccider qſta, e ſtette vn pezzo í ſorſè,
     E ſé non che ne le nimiche caſe
     Si ritrouo, che la ragion ſoccorſe,
     No ſi trouado hauere altr’ arme in mano
     Co i denti la ſtracciaua a brano a brano.

 [53]
Come ne l’alto mar legno talhora
     Che da duo venti ſia percoſſo e vinto
     C’hora vno inanzi l’ha madato, & hora
     Vn’ altro al primo termine reſpinto,
     E l’han girato da poppa e da prora
     Dal piú poſſente al ſin reſta foſpinto,
     Coſi Philandro, tra molte conteſe
     De duo pèſieri, al máco rio s’ apprefe.

 [54]
Ragion gli dimoſtro il pericol grande
     Oltre il morir, del ſine inſame e ſozzo,
     Se l’homicidio nel caſtel ſi ſpande
     E del penſare il termine gli e mozzo,
     Voglia o no voglia, al ſin cjuien ch made
     l’amariſſimo calice nel gozzo,
     Pur ſinalmente ne l’afflitto core
     Piú de l’oſtination potè il timore.

 [55]
Il timor del ſupplicio inſame e brutto
     Prometter fece con mille ſcongiuri
     Che faria di Gabrina il voler tutto
     Se di quel luogo ſé partian ſicuri,
     Coſi per ſorza colſe l’empia il ſrutto
     Del ſuo deſire, e poi laſciar quei muri,
     Coſi Philandro a noi fece ritorno
     Di ſé laſciado in Grecia iſamia e ſcorno.

 [56]
E porto nel cor ſiſſo il ſuo compagno
     Che coſi ſcioccamente vcciſo hauea,
     Per far, co ſila gra noia, èpio guadagno
     D’ una Progne crudel d’ una Medea:
     E ſé la fede e il giuramento magno
     E duro ſreno non lo ritenea,
     Come al ſicuro ſu: morta 1 ’ haurebbe
     Ma quanto piú ſi puote in odio l’hebbe.

 [57]
Non ſu da indi in qua rider mai viſto
     Tutte le ſue parole erano meſte,
     Sempre ſoſpir gli vſcian dal petto triſto
     Et era diuenuto vn nuouo Horeſte
     Poi ch la madre vcciſe e il ſacro Egiſto,
     E che l’ultrice ſurie hebbe moleſte,
     E ſenza mai ceſſar tanto l’affliſſe
     yueſto dolor, ch’inſermo al letto il ſiſſe.

 [58]
Hor queſta meretrice che ſi penſa
     Quanto a queſt’ altro ſuo poco ſia grata
     Muta la ſiamma giá d’amore intenſa
     In odio, in ira ardente, & arrabbiata,
     Ne meno e còtra al mio fratello accenſa
     Che foſſe contra Argeo la ſcelerata:
     E diſpone tra ſé leuar dal mondo
     Come il primo marito, acho il fecondo.

 [59]
Vn medico trouo d’ inganni pieno
     Sufficiente & atto a ſimil vopo:
     Che ſapea meglio vecider di veneno
     Che riſanar gl’infermi di Silopo:
     E gli promette inanzi piú che meno
     Di quel che domando, donargli, dopo
     C haueſſe con mortiſero liquore
     Leuatole da gliocchi il ſuo Signore.

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 [60]
Giá in mia preſenza e d’ altre piú pſone
     Venia col toſco í máo il vecchio ígiuſto
     Dicendo ch’era buona potione
     Da ritornare il mio ſratel robuſto,
     Ma Gabrina con nuoua intentione
     Pria che l’inſermo ne turbane il guſto
     Per torſi il conſapeuole d’appreffo
     O per no dargli quel c’hauea promeſſo.

 [61]
La man gli preſe quando apunto daua
     La tazza, doue il toſco era celato,
     Dicendo, ingiuſtamente e fe’l ti graua
     Ch’ io tema per coſtui e’ ho tanto amato:
     Voglio eſſer certa che beuanda praua
     Tu non gli dia, ne ſucco auelenato,
     E per qſto mi par, che ’l beueraggio
     Nò glihabbi a dar, ſé no ne fai tu il ſaggio

 [62]
Come penſi Signor che rimaneſſe
     Il miſer vecchio conturbato allhora?
     La breuita del tempo ſi l’oppreffe
     Che penſar non potè che meglio ſora,
     Pur p non dar maggior ſoſpetto, eleſſe
     Il calice guſtar ſenza dimora:
     E P inſermo ſeguendo vna tal fede
     Tutto il reſto piglio che ſi gli diede.

 [63]
Come ſparuier che nel piede griſagno
     Tenga la ſtama, e ſia per trarne paſto,
     Dal can, che ſi tenea ſido compagno
     Ingordamète e fopragiunto e guaito,
     Coſi il medico intento al rio guadagno
     Donde ſperaua aiuto hebbe contratto,
     Odi di lumina audacia eſempio raro
     E coſi auuenga a ciaſcun altro auaro.

 [64]
Fornito queſto, il vecchio s’era meſſo
     Per ritornare alla ſu a ſtanza, in via,
     Et vſar qualche medicina appreſſo
     Che lo ſaluaſſe da la peſte ria:
     Ma da Gabrina non gli ſu conceſſo
     Dicendo non voler ch’andaſſe pria
     Che’l ſucco ne lo ſtomaco digeſto
     Il ſuo valor faceſſe manifeſto.

 [65]
Pregar non vai ne far di premio oſſerta
     Che lo voglia laſciar quindi partire,
     Il diſperato poi che vede certa
     La morte ſua, ne la poter ſuggire,
     A i circonſtanti fa la coſa aperta
     Ne la ſeppe coſtei troppo coprire
     E coſi quel che fece a glialtri ſpeffo
     Quel buon medico al ſin fece a ſé ſteffo

 [66]
E ſequito con l’alma quella ch’era
     Giá de mio ſrate caminata manzi
     Noi circonſtanti che la coſa vera
     Del vecchio vdimmo ch ſé pochi auazi
     Pigliamo queſta abomineuol ſera
     Piú crudel di qualunq3 in ſelua ſtanzi:
     E la ferrammo in tenebroſo loco
     Per condannarla al meritato fuoco.

 [67]
Queſto Hermonide dille, e piú voleua
     Seguir, coni’ ella di prigion leuoſſi:
     Ma il dolor de la piaga ſi l’aggreua
     Che pallido ne l’herba riuerſoſſi:
     In tanto duo feudier che ſeco haueua
     Fatto vna bara hauean di rami groſſſi,
     Hermonide ſi fece in quella porre
     Ch’ indi altrimente non ſi potea torre.

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 [68]
Zerbin col cauallier fece ſua ſcufa
     Che glincreſcea d’hauerli fatto oſſeſa,
     Ma come pur tra cauallieri s’uſa
     Colei che venia ſeco hauea difeſa,
     Ch’altrimente ſua ſé faria confuſa
     Perche qn in ſua guardia l’hauea preſa
     Promeſſe a ſua poſſanza di ſaluarla
     Contra ognun che veniſſe a diſturbarla.

 [69]
E s’in altro potea gratiſicargli
     Prontiſſimo oſſeriaſe alla ſua voglia:
     Riſpoſe il cauallier, che ricordargli
     Sol vuol, che da Gabrina ſi diſcioglia
     Prima ch’ella habbia coſa amachinargli
     Di ch’eſſo indarno poi ſi penta e doglia,
     Gabrina tenne ſempre gliocchi baffi.
     Perche non ben riſpoſta al vero daffi.

 [70]
Con la vecchia Zerbin quindi partiſſe
     Al giā promeſſo debito viaggio
     E tra ſé tutto il di la malediſſe,
     Ch far gli fece a quel barone oltraggio,
     Et hor che pel gran mal che gli ne diſſe
     Chi Io ſapea, di lei ſu inſtrutto e faggio
     Se prima l’hauea a noia e a diſpiacere
     Hor l’odia ſi, che non la può vedere.

 [71]
Ella che di Zerbin fa l’odio a pieno
     Ne in mala volunta vuole eſſer vinta
     Vii’ oncia a lui non ne riporta meno
     La tien di quarta, e la riſa di quinta,
     Nel cor era gonſiata di veneno
     E nel viſo altrimente era dipinta,
     Dunqj ne la concordia ch’io vi dico
     Tenean lor via p mezo il boſco antico.

 [72]
Ecco volgendo il Sol verſo la ſera
     Vdiron gridi e ſtrepiti e percoſſe
     Che facea ſegno di battaglia ſiera
     Che quanto era il Rumor, vicina foſſe,
     Zerbino per veder la coſa ch’era
     Verſo il rumore in gran fretta ſi moſſe
     Non ſu Gabrina lenta a ſeguitarlo
     Di ql ch’auuène all’altro canto io parlo.