Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/302


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Pien di paura e di dolor rimaſe,
     Philadro, poi ch del ſuo error s’ accorſe
     Quaſi il primo furor gli peiſuaſe
     D’uccider qſta, e ſtette vn pezzo í ſorſè,
     E ſé non che ne le nimiche caſe
     Si ritrouo, che la ragion ſoccorſe,
     No ſi trouado hauere altr’ arme in mano
     Co i denti la ſtracciaua a brano a brano.

 [53]
Come ne l’alto mar legno talhora
     Che da duo venti ſia percoſſo e vinto
     C’hora vno inanzi l’ha madato, & hora
     Vn’ altro al primo termine reſpinto,
     E l’han girato da poppa e da prora
     Dal piú poſſente al ſin reſta foſpinto,
     Coſi Philandro, tra molte conteſe
     De duo pèſieri, al máco rio s’ apprefe.

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Ragion gli dimoſtro il pericol grande
     Oltre il morir, del ſine inſame e ſozzo,
     Se l’homicidio nel caſtel ſi ſpande
     E del penſare il termine gli e mozzo,
     Voglia o no voglia, al ſin cjuien ch made
     l’amariſſimo calice nel gozzo,
     Pur ſinalmente ne l’afflitto core
     Piú de l’oſtination potè il timore.

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Il timor del ſupplicio inſame e brutto
     Prometter fece con mille ſcongiuri
     Che faria di Gabrina il voler tutto
     Se di quel luogo ſé partian ſicuri,
     Coſi per ſorza colſe l’empia il ſrutto
     Del ſuo deſire, e poi laſciar quei muri,
     Coſi Philandro a noi fece ritorno
     Di ſé laſciado in Grecia iſamia e ſcorno.

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E porto nel cor ſiſſo il ſuo compagno
     Che coſi ſcioccamente vcciſo hauea,
     Per far, co ſila gra noia, èpio guadagno
     D’ una Progne crudel d’ una Medea:
     E ſé la fede e il giuramento magno
     E duro ſreno non lo ritenea,
     Come al ſicuro ſu: morta 1 ’ haurebbe
     Ma quanto piú ſi puote in odio l’hebbe.

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Non ſu da indi in qua rider mai viſto
     Tutte le ſue parole erano meſte,
     Sempre ſoſpir gli vſcian dal petto triſto
     Et era diuenuto vn nuouo Horeſte
     Poi ch la madre vcciſe e il ſacro Egiſto,
     E che l’ultrice ſurie hebbe moleſte,
     E ſenza mai ceſſar tanto l’affliſſe
     yueſto dolor, ch’inſermo al letto il ſiſſe.

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Hor queſta meretrice che ſi penſa
     Quanto a queſt’ altro ſuo poco ſia grata
     Muta la ſiamma giá d’amore intenſa
     In odio, in ira ardente, & arrabbiata,
     Ne meno e còtra al mio fratello accenſa
     Che foſſe contra Argeo la ſcelerata:
     E diſpone tra ſé leuar dal mondo
     Come il primo marito, acho il fecondo.

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Vn medico trouo d’ inganni pieno
     Sufficiente & atto a ſimil vopo:
     Che ſapea meglio vecider di veneno
     Che riſanar gl’infermi di Silopo:
     E gli promette inanzi piú che meno
     Di quel che domando, donargli, dopo
     C haueſſe con mortiſero liquore
     Leuatole da gliocchi il ſuo Signore.