Occhi e nasi/Sangue italiano
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Sangue Italiano
Qual’è la sua età?
Si è fermato sui quarantacinque anni per avere il diritto di chiamarsi giovane con quelli che lo credono vecchio, e viceversa.
Non è nè celibe, nè ammogliato. Dopo un anno di matrimonio, la sua moglie prese un marito, e lui, per amor di simmetria, prese una moglie.
Volle essere cavaliere, e s’accaparrò la croce per un prezzo, come suol dirsi, d’affezione. Oggi la rivenderebbe volentieri a prezzo di fabbrica, e non trova oblatori.
Urla contro i preti e va alla messa: bestemmia quando n’ha bisogno, e poi si leva il cappello alle Madonne, ai Santi e ai cavalli della carrozza di Monsignore.
Al tempo dei tempi, chiese con gli altri la Guardia nazionale, e appena l’ebbe, si fece prestare dal suo medico una sciatica artificiale per essere dispensato dal servizio.
Battè le mani alla istituzione dei Giurati; ma dopo quindici giorni di esperimento, cominciò a promuovere una sottoscrizione clandestina col fine di innalzare un monumento a quel ministro guardasigilli, che avesse avuto il coraggio di abolire questa burletta terribile per la sua serietà.
*
È stato sempre partigiano fanatico del suffragio universale; ma viceversa poi, ogni volta che c’è da eleggere il deputato del suo collegio, si astiene scrupolosamente dal dare il voto; e se il giorno dell’elezione piove, rimane a letto.
Il vero elettore italiano, dice lui, quando piove, non esce di casa e manda all’urna l’ombrello. È l’unica ricetta per conciliare l’esercizio dei diritti politici colla paura delle infreddature e dei mal di petto.
Guai, se la vigilia dell’elezione non gli hanno portato la scheda a casa! Urla, strepita e minaccia di farne uno scandalo su tutti i giornali. Però la mattina dopo, svegliandosi, spera sempre di trovare qualche buona ragione meteorologica per non andare all’urna, e domanda alla cameriera:
— Piove?
— Nossignore.
— Tira vento?
— Nemmeno.
— È molto freddo?
— È una giornata di paradiso.
— Maledetto il Novembre e la sua smania di far da Aprile! —
Quindi salta il letto tutto stizzito, si veste in quattro e quattr’otto, e preso il soprabito ovattato, il cappello e il bastone, dice alla cameriera:
— Dov’è la scheda?
— Quale scheda?
— Quella del deputato.
— Ieri, quando la portarono, la posai sul suo scrittoio.
— Stillo scrittoio non c’è più. Cercatela. —
La cameriera esce, e poco dopo ritorna colla scheda in mano.
— Ecco la scheda.
— Vi potevi risparmiare la fatica di trovarla.
— Lei mi ha detto che la cercassi!
— Vi ho detto cercatela, ma non vi ho detto trovatela, imbecille! Tornerò alla solit’ora.
— Che cosa vuole da pranzo?
— (arrabbiatissimo) Un deputato arrosto.
— Semplice o guarnito?
— Con un contorno di patate e di moccoli ereticali. —
*
Qual è il suo nome e cognome?
Tutti quelli che lo conoscono di saluto o di vista, lo chiamano semplicemente «il Cavaliere».
Io l’ho incontrato appunto ieri mattina, mentre uscivo di casa.
— Finalmente sarai contento! — gli ho detto andandogli incontro e stringendogli la mano.
— Contento di che?
— Del tempo. Oggi abbiamo una discreta giornata.
— Discreta? Gua’! tutti i gusti son gusti, e chi si contenta, gode.
— Se non altro, dopo tanto diluvio, oggi abbiamo riveduto uno spiraglio di sole.
— Caro mio, per dir bene del sole, bisogna essere lucertole o fabbricanti di cappelli di paglia.
— Eppure l’altro giorno bestemmiavi come un Turco contro l’ostinazione della pioggia.
— Io? tu sbagli. Per conto mio, sempre meglio l’acqua del sole. Il sole, è la cagione di tutti i nostri malanni: capogiri, riscaldamenti, colpi di sangue al cervello, flussioni d’occhi, diavoli, saette.... Beati i Lapponi, che vedono il sole una volta l’anno, e lo vedono in fotografia!
— Povero sole! tu lo tratti peggio di un lampione a gas, mantenuto spento a spese del Municipio: e sì che ti dovresti ricordare che il sole, come dice il poeta, è il ministro maggior della natura....
— Io ho a noia tutti i ministri, e occorrendo, anche i segretarj generali! Chi dice bene del sole non può essere amico mio. —
In quel mentre passò su per aria una nuvola nera nera, e di lì a poco caddero sul cappello del cavaliere alcuni goccioloni d’acqua.
— Eccoti esaudito! — gli dissi ridendo.
— Cioè?
— Chiedevi l’acqua e Giove te l’ha mandata.
— Io chieder l’acqua? E perchè dovevo chiederla? Non son mica un’anguilla di palude.
— A ogni modo, tu preferisci la pioggia al sole.
— Distinguo: quando c’è il sole, preferisco la pioggia; ma quando piove, si capisce bene che preferisco il sole.
— Sicchè la pioggia non ti accomoda?
— No davvero.
— O il sole!
— Nemmeno.
— Ho capito: per contentar te ci vogliono le giornate di nuvolo.
— Dio ci liberi tutti!
— Ma dunque, come dovrebbe essere la stagione, per darti proprio nel genio?
— Non lo so. So per altro che se le stagioni le avessi fatte io, saremmo più contenti tutti. —
*
Oggi l’ho incontrato daccapo, e siamo andati a far colazione insieme.
— Cameriere! — ha gridato, appena entrato nel Caffè.
— Comandi!
— Che cosa mi dài!
— Vuole un buon risotto?
— Mai farinacei!
— Vuole una costola?
— Riportala al padre Adamo, che la perse mentre dormiva.
— Vuole un filetto alla parigina?
— Carne, mai!
— Allora una bella sogliola panata?
— Il pesce lo devi dare ai gatti.
— Una frittata?
— Uova e latticini, tutto veleno per lo stomaco! —
Il cameriere stizzito:
— Vuole un fritto di francobolli o una mezza porzione di guttaperca alla parmigiana?
— Se non c’è altro, pazienza! Piglierò il filetto alla parigina. —
Dopo cinque minuti il filetto arriva: il cavaliere lo assaggia, e quindi, richiamato il cameriere, gli dice:
— Portalo via!
— Forse è poco cotto?
— Eccellente per chi piace la carne. Fortunate le folaghe e i frati certosini, che mangiano pesce da un anno all’altro. Si potrebbe avere una sogliola fritta?
— Subito. —
Dopo tre minuti la sogliola arriva: il cavaliere l’assaggia appena, poi richiama il cameriere:
— Portamela via.
— Non è abbastanza fresca?
— Freschissima: ma il pesce per me è un cibo da gatti. Anche l’odore mi secca. Prenderò una frittata.
— Ma le uova, signor cavaliere....
— Lo uova, per tua regola, sono un alimento sanissimo, tant'è vero che le raccomanda anche monsignore Arcivescovo nell’indulto quaresimale. —
Arriva, la frittata; il cavaliere ne prende un bocconcino, quindi chiama il cameriere e gli dice indispettito:
— Fammi il conto.
— Non le piace?
— È buonissima: ma se mi metto questa frittata sullo stomaco, c’è il caso di ritrovarcela tale e quale fra quattro giorni.
— Eppure le uova, signor cavaliere....
— Le uova, per tua regola, sono il cibo più indigesto che abbia inventato la Provvidenza Divina in un quarto d’ora di malumore. —
Poi, voltandosi tutto d’un pezzo verso di me, mi domanda:
— Che c’è di nuovo nei giornali?
— Nulla.
— O questa legge sul divorzio?
— Dicono che fra poco sarà presentata alla Camera.
— Credi che passerà?
— Io credo di sì, e così tu sarai contento....
— Cioè?...
— Nella tua qualità di marito da tanti anni separato dalla moglie, potrai riacquistare la tua libertà e tornare uomo libero.
— Invece se la legge passasse, io sarei un uomo rovinato!
— Perchè?
— Perchè, approvato il divorzio, la prima cosa che farei sarebbe quella di riunirmi a mia moglie.
— Ma dunque — gli ho domandato scherzando — che cosa bisogna fare per contentarti?
— Nulla. Io per tua regola, sono l’uomo più facilmente contentabile di questo mondo: basta che mi lascino brontolare e dir male di tutto. —
E ci siamo voltati le spalle.
Appena tornato a casa, ho preso subito in mano la Statistica ufficiale del Regno per domandarle quanti tipi di questo genere vi fossero in Italia.
E la statistica mi ha risposto: — «circa ventotto milioni» — ossia qualche migliaio più della popolazione effettiva.