Novelle d'ambo i sessi/In salmì

In salmì

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La bora La casa delle vecchie

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IN SALMÌ.

“No, signor colonnello, sia buono, non mi ammazzi; ho i piccini da allattare. Mi ammazzerà un altr’anno„

Voleva quasi dire: “Un altr’anno, prometto che passerò per qui a sua disposizione„. Ma non ebbe tempo, perchè il signor colonnello spianò e sparò.

Perchè quella mattina c’era la neve. Scintillava tutta al sole di decembre, la neve: una gran pace bianca in terra, una gran pace azzurra in cielo, e il signor colonnello aveva detto con profonda strategìa:

— Mia dolce Camomilla, questa è la mattina che ammazzo la lepre.

E s’era messo in traccia della lepre. E in fatti gli si era parata lì, che l’avrebbe potuta quasi prendere con le mani.

Evidentemente la lepre voleva dirgli: “Buon giorno, signor colonnello!„. Pim! pam! la nuvo[p. 142 modifica]letta pirica della sua doppietta si era sollevata sopra la bianca neve, si era dispersa nella chiara trasparenza del giorno invernale, e su la neve c’era la lepre ammazzata.

Il signor colonnello la sollevò per le orecchie, la mirò, e festante se la trascinò a casa. Su la neve erano disegnate lettere rosse: sangue di lepre.

Anche la dolce Camomilla volle prender la lepre. Ella, buona massaia, aveva la bilancia in cucina e la bilancia in testa; e disse:

— Sono quindici libbre.

La gioia di avere uccisa la lepre impedì al signor colonnello di continuare in quel giorno la lettura del romanzo, la Guerra dei Mondi, del signor Wells, insieme con la geografia del cielo; ma corse dal suo amico capostazione. Lo trovò nella solitaria stazione, che meditava con volto atroce sul Riscatto ferroviario.

Gli annunziò che aveva ammazzata la lepre:

— Mangiàmola insieme, così ci sembrerà più saporita.

Il volto del signor Capo si spianò.

— Arrosto? su lo spiedo? in umido?

— Ma no! in salmì con la polenta!

— Il salmì, il salmì! Crede lei, colonnello, che sia facile preparare bene il salmì? Il salmì vero, intendiàmoci! [p. 143 modifica]

— La mia signora, — rispondeva il signor colonnello, — è una specialista del salmì.

— Pestando ben bene fegato, cuore, sangue per fare la salsa?

— Pestando ben bene.

— Sia per non detto, allora. Ma io vengo a desinare da lei ad un patto, che io porterò un zampetto di Modena. Io farò onore alla sua lepre, e lei farà onore alla mia patria.

Così dicendo il signor Capostazione andò a una cassetta, e fra fini truccioli, sollevò, ornati di bende rosse, come antiche vittime all’ara, tre zamponi, di quelli che si mangiavano al tempo della Secchia rapita.

— Mi balena un’idea, — disse il signor Capo. — Andiamo ad invitare il dottore.

— Eccellente idea!

In fatti era una diplomàtica idea. Vivendo in campagna, era bene, era saggia cosa vivere in cordiali rapporti col signor dottore, non tanto per la salute del corpo, quanto per la pace dello spirito e la incolumità della villetta, civettuola anzi che no. Il giovane dottore curava specialmente l’evoluzione spirituale di quel proletariato agricolo; e questo avrebbe potuto dire: “Dottore, quella villetta civettuola non è un oltraggio alla nostra virtù?„.

E andarono, chè il dottore abitava lì presso. [p. 144 modifica]

— La lepre in salmì, il zampone coi crauti? — disse il dottore. — Fidatino! — chiamò con voce stentorea.

Fidatino, il garzone del dottore, apparve sul limitare.

— Stacca di lassù quei due fiaschi di nèttare.

Fidatino entrò.

— E lèvati il berretto, ignorante!

Così esclamò il dottore perchè il garzone si era avanzato nel salottino col berretto in testa, e nel salottino del dottore c’era il ritratto di Carlo Marx.

— Di’, ignorante, quello che devi dire quando passi davanti a quell’imagìne.

— Salve, argonauta della libertà! — disse il garzone.

— Ora ti è lècito entrare. Ma ricòrdati di non silurare i fiaschi.

*

La villetta del signor colonnello era sperduta nella neve, al buio della sera. Ma dentro, oh dentro era tutta festa e luce, quando i due ospiti entrarono.

La dolce Camomilla aveva fatto un degno contorno al salmì; lasagne col sugo di salmì, [p. 145 modifica]caminetto acceso, lampade accese e i fiaschi sul caminetto.

— Tutto bene, tutto bene, — diceva il dottore ispezionando le pareti. — Ma lì vedo imagini borghesi, quadretti bellicosi, ricordi quarantotteschi, un Cavour, un Garibaldi, e che so io. Rinnovarsi, rinnovarsi, egregio colonnello.

— Egregio dottore, — diceva il signor colonnello, — lei mi sottrae quaranta anni, e io mi rinnovo.

La dolce Camomilla assicurava il dottore che suo marito era essenzialmente uomo d’ordine, niente bellicoso. La sola cosa che studiava era la guerra dei mondi nei romanzi del signor Wells, e la geografia del pianeta Marte.

— Non parliamo di politica, — disse il signor Capo. — E il salmì, signora Camomilla?

— Giudicherà alla stregua dei fatti.

— Chiedo scusa; e il mio zampone?

— Il suo zampone è venuto benissimo, con tutte le regole: bolle dalle quattro, e ora riposa.

— Benissimo! — disse il Capo, — perchè, veda, pare una cosa facile, ma anche cuocere uno zampone, non è da tutti: ci vogliono quattro ore buone, e se crepa la pelle è un disastro. [p. 146 modifica]

*

Dunque l’orologio segnava le sette e trentacinque di quella sera, e possiamo accertare che erano le undici allorchè due violenti colpi rintronarono nel silenzio.

Ma forse erano due colpi delicati. La colpa è del silenzio della notte che aumenta i rumori.

Era Fidatino che veniva con la lanterna per prendere il dottore.

— Fuori è buio come in bocca al lupo.

— Ma c’è la luna, — disse il signor Capo.

— La settimana scorsa c’era la luna, — osservò il signor colonnello, che era dotto nella geografia celeste.

— Lei, caro colonnello, ha tempo di occuparsi della Luna e di Marte; noi è molto se possiamo tener dietro agli orari.... A proposito: che ora è?

— Sono le undici.

— Inverosimile! Anche il mio orologio fa le undici. Devo presenziare il diretto.

— Ha fatto lo scambio? — disse il dottore.

— Sì.

— Ha messo la lanterna?

— Sì. [p. 147 modifica]

— E allora che bisogno ha di presenziare?

— C’è sempre qualche ispettore.

— Abbasso le spie, — grugnì Fidatino.

— Bravo, Fidatino, bevi! — disse il dottore.

— Guarda, Camomilla, guarda, — diceva il colonnello, — se avanza un po’ di salmì pel nostro caro Fidatino.

— Una cosa che fa senso, — spiegava il signor Capo. — È un diretto che passa sempre vuoto e dobbiamo stare alzati sino a mezzanotte. Perchè hanno messo quel diretto?

— Per comodo di Sua Eccellenza quando viene da Roma, — disse il dottore.

— Viva la Narchia! — gridò Fidatino.

— Fidatino, Fidatino, — disse il dottore, — questo grido non va bene. Quale è il grido che devi, invece, innalzare?

— Viva la solidarietà dei popoli.

— È sviluppato quel giovanotto, — disse il colonnello.

— Non c’è male, — disse il dottore. — Si va formando.

*

Il colonnello volle accompagnare gli ospiti. Fidatino precedeva con la lanterna. Salmì, zampone, erano le parole che si udivano, mescolate con Sua Eccellenza. [p. 148 modifica]

— Pare una notte di primavera! — esclamò il colonnello, e guardando il gran stellato, diceva: — Pace in cielo, pace in terra, pace in ogni luogo.

In quel punto la notte tremò: il diretto passò: una serie di sofà rossi si inchinava su altra serie di sofà rossi.

— Riverisco, — fece il Capo.

— Vuoto! vuoto! vuoto! — contava il colonnello.

— Vede lei come si spende il sangue del popolo? — esclamò il dottore, — e lei mi canta “pace„.

— Ma non è anche lei argonauta della pace? — domandò il colonnello al dottore.

— Fidatino, — disse il dottore, — insegna tu come si deve dire!

— Guerra ai palazzi e pace alle capanne! — disse Fidatino.

*

Al lume delle fiammeggianti stelle, il signor colonnello poi che ebbe preso commiato dai suoi ospiti, era in contemplazione della facciata della sua villetta.

Non era una capanna, ma non si poteva nemmeno accusare di essere un palazzo. [p. 149 modifica]

Forse lui, uomo d’ordine, e la dolce Camomilla, moglie di ordine e di economia, tenevano troppo pulito, troppo ordinato, e troppi vasi in vista, troppi fiori in primavera.

Pare una notte di primavera.

E il signor colonnello rientrò.

Ma non riposò.

*

Un velocissimo treno, per i siderei geli lucentissimi, trasportò in meravigliosi vagoni riscaldatissimi il signor colonnello alla capitale dei Marziani di cui parla il signor Wells.

Quivi non erano nè capanne nè palazzi, ma enormi edifici ugualissimi e lucentissimi assirobabilonesi. Tutto vi era ordinatissimo; ma bianco e gelo da rabbrividire. Perciò i Marziani camminavano impellicciatissimi e tutti erano pasciutissimi. I Marziani avevano sembianza tutti di lepri mostruosissime. I negozi erano fornitissimi.

Dietro le lastre dei ristoranti immensi si vedevano i Marziani mangiare compostissimi. Civiltà perfettissima. Ma che mangiavano i felici Marziani?

Come da noi per il Santo Natale i negozi espongono festoni di saginate e nitide oche e [p. 150 modifica]tacchini, e le vetrine dei bei ristoranti hanno in vetrina la lepre, il capriolo, le quaglie e le coturnici, così quivi. Ma invece dell’oca, del cappone, delle quaglie, pendevano festoni di umani: e sotto in belle bacinelle colava il sangue. Delicatezze!

In una vetrina v’erano bimbi di umani, sgozzati e disposti con una certa festività, che recavano la gaia dichiarazione gastronomica, come da noi: “Domani andremo arrosto allo spiedo„.

V’era il grassoccio Capostazione che giaceva nella deforme nudità su di un talamo di felci; in bocca aveva una melarancia: in mano, invece del Riscatto ferroviario, la indicazione: “Quattr’ore di cottura. Non rompere la pelle!„. Le massaie marziane approvavano le sagge indicazioni.

— La mia dolce Camomilla in salmì! — urlò il colonnello.

E si destò.

*

La civiltà marziana dileguava un poco per volta, come dilegua un’imàgine della lanterna magica se per avventura si apre la finestra e si fa entrare il sole. [p. 151 modifica]

— Dove sono? — urlò il colonnello.

— Sei vicino a me, — disse la dolce Camomilla. — Vedi, stanotte ti ha fatto male quel salmì, troppo ne hai mangiato! e anche troppo hai bevuto! non hai fatto altro che russare, sbuffare e voltarti tutta la notte. Va a prendere un po’ d’aria.

E il signor colonnello, quando ebbe fatto la sua toilette e preso il caffè, andò.

Il sole rideva su la neve chiara: tepido e senza vento era il bel giorno invernale.

Ecco lì dove la lepre gli era apparsa e avea detto: “Buon giorno, signor colonnello!„, e lui pim pam! E su la neve c’era sangue di lepre.