Novelle (Sercambi)/Novella XV

Novella XV

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Novella XIIII Novella XVI
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XV


La brigata avendo auto gran piacere della novella del gallo pelato, ma bene arenno voluto che ser Cola avesse casticato la moglie altramente che non fe’. Di che il preposto, vedendo il piacere che la brigata s’avea preso, disse: «Non isgomentate, che l’autore vi farà contenti». E rivoltosi a l’autore disse che per la giornata seguente contentasse la brigata fine al Borgo Sansipolcro di bella novella. L’autore disse che pensava farli contenti, e voltosi alla brigata disse:


DE BONO FACTO

Di Pincaruolo.


Innel contado di Milano fu uno contadino assai sofficente, il quale avea uno suo figliuolo nomato Pincaruolo, bello del corpo. E morendo, il padre del ditto Pincaruolo lassò la donna sua nomata madonna Buona, e lei lassò donna in casa con questo suo figliuolo. La qual donna essendo vedova rimasa al governo del figliuolo avendo giá anni xv, la ditta monna Buona disse: «Pincaruolo, figliuol mio, tuo padre è morto et a noi ci converrà vivere con quello che tuo padre ci ha lassato. E pertanto, figliuolo mio, e’ ti conviene fare alcuna volta delle legna et a Milano portarle, e col nostro acino ci potremo passare com’e’ nostri vicini». Pincaruolo disse: «Madre, io farò quello vi piacerà». E cominciò a fare delle legna et a Milano le portava e i denari recava alla madre. E così seguìo più tempo.

Avenne uno giorno che essendo molto ingrossate l’acque e [p. 80 modifica]Pincaruolo valendo fare legna in uno ontaneto, l’acino essendo carico non potendone uscire, de’ colpi dati e del fango et anco per lo pogo avere mangiato, l’acino convenne morire. Morto che Pincaruolo vidde l’acino, pensò di scorticarlo et il cuoio aportare a Milano a vendere. E come pensò fe’. Et avuto li denari del cuoio subito ritornò alla madre dicendo: «Ecco i denari del cuoio dell’acino nostro». La madre volse sapere in che modo l’acino morto era. Pincaruolo lei disse. La madre disse: «Figliuolo, non te ne dare malinconia: noi aremo un altro acino». Standosi la sera la donna con pensieri dell’acino perduto e Pincaruolo se n’andarono a dormire.

La mattina Pincaruolo disse: «Madre, io voglio andare a vedere che è dell’acino nostro». La madre disse: «Non te ne curare che bene aremo denari». A cui Pincaruolo disse: «Io andrò pure a vedere». E mossosi, andò a’ luogo dove l’acino morto avea lassato; e vedutovi molti corbi intorno, disse: «Se io avesse uno di quelli ugelli io sarei ricco». E subito prese delle pietre e cacciatoli se n’andò a l’acino pensando intrare innel corpo dell’acino, e come li corbi venissero, per li piedi prenderne uno.

E come pensò misse in efetto, che, cacciato i corbi et entrato in corpo a l’acino, li corbi venuti, Pincaruolo uno ne prese, e di letizia uscio fuori dell’acino e quello legò con uno cordone che aveva. E fu tanto l’alegrezza che avea che non si ricordò di tornare alla madre, ma missesi in camino verso ponente.

La sera arivò in una villa di lungi da Milano xv miglia e venendo la notte si ristéo a casa di uno contadino. Quine essendo la donna del contadino e chiedendo Pincaruolo albergo la sera con quello suo ugello, la donna disse: «E’ non c’è lo mio marito, ma spettalo e elli t’albergherà». Pincaruolo aspettò, avendo gran fame, e puosesi a l’uscio della casa a posarsi. E mentre che in tale stato stava, la donna subito d’una pentra cavò uno cappone cotto et in una tovaglia lo ’nvolse e misselo innell’arcile. E poi trasse di du’ testi una grosta di pollastri e quella misse in una cassetta. Riposta la grosta, aperse uno forno e di quello trasse una fogaccia incaciata e simile quella innell’arcile misse. Pincaruolo fa vista di non vedere. La donna pensa che ’l giovano non s’acorga di nulla. [p. 81 modifica]

E pogo stante lo marito della donna nomato Bartolo chiamò la donna sua chiamata Soffia: «Chi è questo giovano?» Disse: «Parmi persona che vorrè’ che stasera noi l’albergassimo; e però se se’ contento io te ne prego». Bartolo disse: «E’ mi piace». E misse il giovano in casa.

E chiuso l’uscio e acceso i’ lume, si misse Bartolo a taula per cenare e disse al giovano che cenasse con lui. Pincaruolo, ch’avea gran fame, credendo mangiare di quelle cose che la donna avea riposte, fu contento et a taula si puose col corbo in braccio. La donna arregò a Bartolo et al compagno un pan migliato et alquante fave fredde e due capidagli con alquante fronde di porro. Bartolo, che tutto ’l dì avea vangato uno campo presso a casa, avendo fame mangiò, e simile il giovano, parendo loro un presutto. La donna, atinto il vino, alcuno boccone si misse in bocca e così cenarono di brigata. E poi Bartolo disse al giovano: «Và posati in cotesto lettuccio». E lui con la donna se n’andarono a dormire innel loro letto.

Pincaruolo, avendo veduto che di quelle cose che la donna avea riposte niente se n’era toccato, stimò per certo la donna esser di cattiva condizione; e pensò nuovo modo d’apalesare quelle cose a Bartolo per potere mangiare meglio che mangiato non avea. E stato alquanto, il giovano strinse il piè al corbo, tale che ’l corbo cominciò a gracchiare. Pincaruolo gridando che stesse cheto, dicendo: «Tu fai male a svegliar questo buono omo e la donna, che sai quanto onore stasera ci hanno fatto»; Bartolo udendo gridare il corbo disse quello volea dire. Lo giovano dice: «Questo mio ugello dice che vorrè’ di quella grosta di pollastri che è innella cassa». Bartolo, subito levatosi et andato alla cassa, trovò la grosta. Chiamato lo giovano, lo fe’ levare e preso del pane quella grosta mangionno, dandone alquanta al corbo, parlando Bartolo, dicendo: «Soffia mi tratta a questo modo, a me dà pan migliato e fave, e per sé con qualche prete si gode la grosta di pollastri». La donna questo udendo maladice la venuta del giovano. Mangiato ch’ebe, Bartolo ritornò a letto e niente dice alla moglie.

E stato per ispazio di ii ore, Pincaruolo di nuovo fa gridare lo corbo, con parole alte biasimando il corbo. Alle cui grida Bartolo [p. 82 modifica]disse che volea dire. Lo giovano dice che non volea dire altro se non che di quel capone e di quella fogaccia che è innell’arcile li fusse data. Bartolo, ciò udendo, uscito del letto all’arcile se n’andò e quine trovò uno cappone et una buona fogaccia. Bartolo, chia mato il giovano, atinto del vino, quella fogaccia e cappone mangionno e a lo corbo ne dienno.

Mormorando la donna di quello avea sentito, Bartolo disse a Pincaruolo: «Deh, piacciati dirmi che cosa è questo ugello». Pincaruolo disse: «Èglie uno indivino che tutto ciò che si facesse di dì o di notte indivina». «Ora lo credo», disse Bartolo, «a quello ho veduto, e però ti prego che questo mi vendi». Disse il giovano: «E’ vale tutto il tesoro». Disse Bartolo: «Io ti vo’ dare fiorini 500 et uno paio de’ miei buoi, e tu mi dà questo indivino». Lo giovano dice: «Poi che stasera m’avete ricevuto io sono conten to; ma tanto vi vo’ dire che se per aventura niuno omo li pisciasse in capo, subito morirè’; altramente morir non puote». Bartolo disse: «Io farò una pertica tanto alta con uno spago lungo che persona non li potrò’ in capo pisciare». Lo giovano dice che bene ha pensato. Monna Soffia che ha udito tutto, cheta sta fine al giorno.

Lo giorno venuto, Pincaruolo si parte co’ denari e co’ buoi e camina verso ponente. Bartolo, concia la pertica e lo indivino e prese suoi vanghe, innel campo presso a casa andò a lavorare. La donna rimase trista e sconsolata in casa. Sopravenne prete Rustico, prete della chiesa, e disse: «Soffia, come godiamo?» Soffia disse: «Male». Lo prete disse: «Perché?» Soffia disse tutta la convenenzia della grosta e del capone e della fogaccia e del giovano e dello indivino, dicendo che Bartolo l’avea comprato fiorini v cento et uno paio di buoi, e che mai quel fatto non poteranno più fare. Disse prete Rustico: «O perché?» «Ci abiamo lo ’ndivino». «Or non si può lo ’ndivino far morire?» Monna Soffia disse: «Sì, se altri li pisciasse a dosso». Lo prete disse: «Cotesto farò io bene». La donna disse: «Come?» Lo prete disse: «Io monterò in sul tetto: tu picchia sotto e sopra il capo dello ’ndivino et io scopro del tetto e quine metterò il mio compagnone e pisciando ucciderò lo ’ndivino». La donna disse: «Sere, Idio vel [p. 83 modifica]cresca et ingrossi il vostro compagnone, che bene avete pensato».

Lo prete montato in sul tetto, monna Soffia con una pertica picchia il tetto: il prete sente, discuopre il tetto e per le tempie mette il suo compagnone assai prospero e cominciò a pisciare sopra lo ’ndivino. Lo corbo, che naturalmente trage alla carogna, come sentío l’odore della carogna del prete, subito alzati li occhi verso il tetto, vedendo il compagnone di prete Rustico, stimando fusse carogna com’era, subito volando, cogli artigli, col becco tale carogna prese. Lo prete, sentendosi per la coda preso, subito cominciò a gridare.

Bartolo, che innel campo era a lavorare, alzati li occhi al grido vidde prete Rustico in sulla sua casa gridare. Partisi et a casa n’andò, quine u’ vidde il suo indivino tenere stretto la carogna del prete. Bartolo gridando: «Indivino, tieni forte!»; prete Rustico, udendo Bartolo, per lo dolore e per la paura del morire dicea: «O Bartolo, io mi ti racomando!» Bartolo gridando allo ’ndivino dicea: «Tiello forte!» Lo prete avendo pena grande disse: «O Bartolo, io t’imprometto se allo ’ndivino mi fai lassare che mai in questa casa non entro. E più, che io ti vo’ dare fiorini 300 et uno cavallo et un guascappo nuovo, e tu mi fà lassare». Bartolo, udendo ciò che prete Rustico ha ditto, disse ch’era contento; e preso la corda dello ’ndivino e stirato l’ha per modo che tutta la carogna del prete isquarciò (che poi non molto tempo visse).

Venuto prete Rustico in casa e dato a Bartolo fiorini 300 e lo cavallo e ’l guascappo e quasi morto andatosene, Bartolo montò in sul cavallo e co’ fiorini 300 e col guascappo si misse et andò per quella via dove Pincaruolo era andato. E trovatolo disse: «Quel tuo indivino vale quello dicei», e tutto li contò la novella del prete. E poi disse: «Giovano, io non ti pagai bene: ora ti do questo cavallo e fiorini 300, ma io ti prego che i buoi mi rendi e questo guascappo mi rimagna». Pincaruolo disse: «Io sono contento». E preso li denari e ’l cavallo, e’ rendéo i buoi et acomandònsi a Dio.

Pincaruolo, montato a cavallo co’ fiorini 800, dice fra se medesmo: «Io posso esser un gran signore; e poi che io sono a cavallo et ho tanti denari, da qui innanti mi potrò far chiamare [p. 84 modifica]Torre e non Pincaruolo». E camino verso Troia, in Campagna. E tanto fu lo suo camino che giunse, passato l’alpe di Briga, in sulla pianura di Campagna.

E come passò per la pianura vidde uno: il quale stando alzato per modo che correr volesse, Torre fermandosi, non vedendo alcuno co’ lui disse: «Che fa costui?» E apressandosi a lui disse che facea. A cui rispuose: «Spetto di prendere un cavriolo». Disse Torre: «Oh, tu non hai cani né reti, come pensi alcuna cosa prendere?» Rispuose: «Io lo prenderò col corso». Torre meravigliandosi disse: «Come può questo essere?» «Se aspetti lo vedrai». E poco stante uno cavriolo uscio del bosco; colui li tenne dirieto et in pochi passi l’ebbe preso et a Torre l’apresenta dicendo: «Vedi se io corro?» Rispuose Torre: «Di vero tu corri molto bene, e dicoti se vuoi meco venire io ti darò fiorini c e la spesa; e se niente avanzo, arai la tua parte. Ma pregoti che mi dichi il nome tuo». Rispuose: «Io sono chiamato Rondello e sono contento teco venire; e tu mi dà fiorini c». Torre, aperta la borsa, fiorini c li diè, Rondello si misse in camino con lui.

Dilungati alquanto, Torre vidde uno giacere in terra e disse a Rondello: «Colui dé esser morto». Rondello disse: «Io andrò a vedere». Subito fu a lui e vidde ch’era vivo. Torre andò a lui e vidde che tenea l’orecchie in terra. Disse Torre: «Che fai?» Colui rispuose: «Sento nascere la grimigna». Torre meravigliandosi nol credea. Lui disse: «Io vi sentì quando diceste colui è morto». Torre disse se con lui andar volea, domandandolo del suo nome. Al qual e’ disse: «Io ho nome Sentimento, e sono contento avendo alcuno pregio». Torre l’offerse fiorini c. Sentimento li prese e insieme caminaro.

Caminato alquanto, vidde uno che stava con uno balestro teso con uno bulcione. Torre disse quello facea. Rispuose: «Spetto prendere alcuno ugello per desnare». «Or come lo potresti mai prendere che qui non sono arbori dove li ugelli posare si possino?» Disse: «Se aspetti vedrai quello che non credi». E poco stante una rondina volando per l’aria, colui balestrando li diede et a piè di Torre cadde morta. Veduto Torre la virtù di costui, pensò di lui con li altri aver buona compagnia; e domandandolo del nome, [p. 85 modifica]offerendoli fiorini c se con lui volesse andare, il quale disse lui esser chiamato Diritto e che era contento seco andare. E presi fiorini c, con lui e con li altri si misse in camino.

Acostandosi verso Parigi a una giornata, vidde uno il quale avea dinanti da sé uno molino senz’acqua e senza vento. Torre disse: «Deh, che fae colui?» Et andati a lui lo dimandonno quello facea. Rispuose: «Macino grano col mio soffio». Torre disse: «Ben aresti buon fiato se macinassi grano». Lui disse: «La prova tosto veder ne potrai». E messo staia iii di grano innella tremoggia, dato un soffio alla macina, la macina non restò di volger tanto che staia iii di grano funno macinate. Torre vedendo la sua bontà li disse se con lui andar volea, e che a lui come a li altri darò’ fiorini c, e come avea nome. Colui rispuose: «Io ho nome lo Spazza e sono contento avendo fiorini c». Torre subito li diè fiorini c e con lui n’andò.

Avuto Torre li ini compagnoni et apressandosi verso Parigi, sentìo dire che re Filippo avea una sua figliuola nomata Drugiana, giovana da marito, ma che la costuma era che quale la vincesse di correre averla per isposa, e chi fusse perdente morire. E molti già aveano preso a correre con lei e tutti ereno stati morti, perché ella li avanzava.

Torre, sentendo questo, ristrintosi <con> Rondello corritore, disse se lui volea esser quello che con Drusiana corresse, e che lui metterò’ la testa alla incontra. Disse Rondello: «Messer, non dubitate, che se volasse la vincerò e voi arete di lei vostro piacere». Piacque a Torre il bel parlare e la buona proferta che Rondello avea fatta. Voltatosi a li altri tre dicendo: «A voi che ne pare?», disse lo Spazza: «Signor nostro, poi che desideri d’aver la figliuola de’ re Filippo, la quale è corrente e bella, ti dico che securo me ne permetti di farlo: che se Rondello non corresse quanto lei, io la riterrò col fiato, ch’e’ largamente porrà giungere a’ luogo ordinato prima di le’. E per questo modo arai Drugiana». A Torre piacendo disse: «O voialtri che dite?» Dissero Sentimento e Diritto che loro staranno a vedere con loro argomenti e se bisogno sarà adoperanno per lui quello bisognerà.

Rimaso Torre contento et auto la impromessa, giunti a Parigi, [p. 86 modifica]smontati a l’abergo e vestito sé e li altri onorevilmente, riposati alquanti dìe, Torre se n’andò a corte de’ re Filippo dicendo che lui era venuto per esser suo genero, offerendo a tenere la costuma. <Lo> re disse che li piacea.

Et ordinato la giornata e dato l’ordine, mettendo Torre in prigione con carico che, se colui che menato avea a correre con Drugiana perdea, li fusse la testa tagliata, la domenica ordinata che correr si debbia ciascuno s’adobba per corrrer e tali per vedere. Rondello presto dinanti a’ re, domandando che camino fare doveano, a cui lo re disse: «Voi vi moverete con uno fiaschetto di cuoio per uno e correte fine a San Donigio; e qual prima tornerà col fiasco pieno d’acqua della fonte di San Donigi arà vinto; e qual rimanesse arieto serà perdente». Udito Rondello tal cosa, subito disse: «Omai fate dare la mossa».

Lo Spazza fattosi in sulla strada con Sentimento e con Diritto, aspettando che la mossa si desse; ordinato la mossa e datola, la damigella correndo, Rondello, che di leggerezza passava ogni animale, subito fu giunto a San Donigio e ’l fiasco dell’acqua della fonte empio. Et adirieto tornando trovò Drugiana al mezzo il camino, la quale fattasi inanti a Rondello disse: «Giovano, omai veggo che hai vinto, che per certo ti dico che bene hai il tuo e mio signore servito. E pertanto senza molto affanno ti puoi un pogo posare». Rondello udendo le dolci parole si puose a sedere con Drugiana, e tanto funno le dolci canzoni che Drugiana dicea che lo fece adormentare. E come vidde che dormìa, Drugiana li cavò il fiasco pieno de l’acqua di sotto il capo e il voto vi misse; e tornata indirieto, verso Parigi se ne venìa correndo.

Lo Spazza vedendo Drugiana venire disse: «Male sta!» E fattoseli incontra, soffiando la mandava indirieto: e come innanti venia, lo Spazza la rivolgea di x tanto adirietro; e per questo la ritenne alcun tempo. Vedendo che Rondello non venìa, lo Spazza disse: «Per certo costui s’è morto». Disse Sentimento: «Io saprò tosto sua condizione». E posto l’orecchia in terra, sentío che Rondello dormìa e disse: «E’ dorme». Disse Diritto: «Quanto ci può esser ove dorme e da qual parte della strada s’è posto a dormire?» Disse Sentimento: «iii miglia ed è a man diritta della strada». [p. 87 modifica]Diritto tende il balestro e, postovi un bulcione, percosse il fiasco che Rondello avea sotto il capo. E’ svegliandosi e veduto il bulcione e ’l fiasco voito, pensò: «Io sono stato ingannato»; ma sperando che Spazza ritenesse la giovarla, subito prese il fiaschette, et a San Donigio ritornato et empiete il fiasco dell’acqua, dato volta, in poga d’ora giunse a Parigi prima che la donna.

E per questo modo Torre fu scampato e libero dalla prigioni. Lo re Filippo fatto sposare la figliuola e fatto la festa grande, più tempo < . . . . . . . . . . . . . . . . . . . >. Del qual Torre dipoi uscinno quelli della terra di Milano. Restata la corte, <Torre> auto parte de’ reame di Francia, li preditti Rondello Spazza Diritto e Sentimento fe’ conti di alcuni paesi, e visseno lungo tempo.

Domando a voi, donne et omini, chi ha miglior ragioni dell’acquisto di Drugiana: o Torre, o Rondello, o Spazza, o Sentimento, o Diritto? E questo mi direte domane quando saremo levati per andare a nostro camino.

Ex.º xv.