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IV VI
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V.

Lea, stanca della sua giornata piena di movimento e di chiasso, dormiva profondamente.

Tutto taceva nella casa; la servitù era andata a dormire; i padroni si erano ritirati.

Gilda chiuse l’uscio che metteva nella camera della bambina, e riapri la finestra. S’affacciò un momento. La notte era buja e silenziosa ma calma, forse troppo: il cielo coperto da folte nuvole, pareva chiuso in quell’istante di raccoglimento, che precede la tempesta. Il lago somigliava ad uno stagno, nero ed immobile. La fontana del giardino col suo zampilletto, così allegro di giorno, produceva in quell’ora un rumore lamentoso e sinistro. [p. 67 modifica]

Sulle sponde sparse di villette e paeselli scintillava qua e là qualche lume. Qualche barca peschereccia scivolava lungo la riva.

Gilda rimase un momento assorta, con gli occhi fissi sulla striscia luminosa che usciva da una finestra del pianterreno situata nell'ala destra dell’edificio. Là era il piccolo studio dove il Banchiere si chiudeva per scrivere le sue lettere e discorrere con gli uomini di affari, che venivano a seccarlo perfino in campagna.

La camera dove egli dormiva solo, quando andava a coricarsi tardi o doveva levarsi di buon’ora, per non disturbare sua moglie, era sopra lo studio.

Da qualche tempo egli dormiva sempre là.

La camera matrimoniale era sulla stessa linea, ma più lontana, all’estremità dell'edifizio. Là dormiva Edvige. Le finestre chiuse, le gravi tende calate non lasciavano apparire alcuna luce al di fuori.

La istitutrice pensi che era giunto il momento di eseguire il suo progetto. Si lavo gli occhi e la faccia, perchè egli non vedesse che aveva pianto ravviò i riccioli sulla sua fronte e si buttò uno scialletto sulle spalle, perchè si sentiva tremar e aveva, certi brividi.

Stava per prendere il lume, allorchè fu bussato piano piano al suo uscio.

Ella sentì una scossa in tutto il suo corpo, come se la circolazione del sangue le si fosse arrestata improvvisamente.

Rimase immobile, con gli occhi sbarra.

Non aveva alcun dubbio sulla persona che si recava da lei a quell’ora: chi poteva essere altri [p. 68 modifica] che lui? Le mancava però la forza di andargli incontro o di dire: Avanti! Pronta a discendere nel suo studio per dirgli ciò che stimava necessario, l’idea ch’egli l’aveva prevenuta, che veniva a cercarla lassù nella sua cameretta, dove nessun uomo era entrato ancora, la sconvolgeva profondamente.

Egli bussò più forte. E subito dopo, indovinando forse l’agitazione e le esitazioni della fanciulla, e volendo vincerle, anche a costo di parere brutale, voltò la gruccia, e la sua bella figura di uomo altero ed elegante, apparve improvvisamente nella inquadratura dell’uscio.

Gilda, esterrefatta, lo guardava.

Un momento egli parve esitare sotto la fierezza di quello sguardo; ma oramai era troppo tardi: anche se voleva recedere, doveva dare prima una spiegazione del passo che aveva fatto.

Entrò col cappello in mano, e chiuse l’uscio dietro di sè, senza però allontanarsene.

— Le domando perdono signorina, — disse con la sua voce più dolce — le domando mille volte perdono. Non prenda quest’atto per quello che potrebbe parere ad un giudice estraneo, superficiale. Sapevo che era alzata: l’ho sentita aprire la finestra poco fa; ho visto il lume; e, siccome desideravo di parlarle prima di domani, e avevo aspettato inutilmente d’incontrarla a pranzo e nella serata, ho creduto... mi è parso... che la mia azione, un po’ troppo libera, potesse trovare scusa, ch’ella non avesse a farmene una colpa... Se mi sono ingannato, però, se devo ritirarmi, comandi, io obbedirò....

Gilda Mauri era molto giovine, molto inesperta [p. 69 modifica] e di carattere un po’ esaltato; inoltre era commossa da un sentimento che aveva inebbriata la sua fantasia e soggiogato il suo cuore, prima ch’ella pensasse a difendersene; infine, gli avvenimenti della giornata la mettevano in uno stato eccezionalmente propizio alle aberrazioni: ce ne era dunque d’avanzo perchè le sue esitazioni cedessero il posto a una illimitata fiducia e ch’ella si lasciasse trascinare dalla gioja di essere amata.

Tuttavia, se Pianosi si fosse presentato con aria da padrone, o se in quel momento supremo avesse lasciato apparire un animo volgare sotto alla distinzione esteriore, la fanciulla si sarebbe ribellata, come si ribellava alle audacie dell’Anselmi.

Invece, anche se non lo avesse amato, ella non poteva essere insensibile alla squisitezza dei modi con cui quel gentiluomo si presentava a lei: il suo orgoglio di fanciulla povera doveva essere lusingato dalla sincera umiltà con cui egli le parlava, tanto quanto il suo cuore dall’accento supplichevole di quella voce amorosa.

Ella pensava pure ch’egli era la vittima inconsapevole di una doppia perfidia, che sua moglie aveva osato posporlo, lui, a quel meschino avvocato Anselmi; e questo fatto che la indignava come una grave ingiustizia, offendeva realmente nel modo più intollerabile la sua delicata suscettibilità di fanciulla innamorata.

— Se è così, rispose, semplicemente, quasi come se si fosse trattato di una visita regolarissima, si accomodi: anch’io devo dirle qualche cosa.

Gli accennò una sedia e sedette di fronte a lui.

Egli la guardava ora con stupore ed ammirazione. Pensava tra sè a quello che ella poteva avere a [p. 70 modifica] dirgli. Voleva che parlasse lei per la prima; perchè lui, ora, si sentiva fuori di strada, e non avrebbe saputo mettere insieme due parole di quelle che aveva pensato prima. Così tacevano tutti e due, incerti e impacciati. Per uscire d’imbarazzo, egli portò un momento la conversazione sopra altri soggetti. Le domandò se era contenta di quella camera, se non vi faceva freddo; se Lea non la disturbava troppo di notte; se si era avvezzata al rumore delle onde... Ma pochi minuti bastarono ad esaurire questo fondo di riserva. Tornarono a guardarsi in silenzio, con gli occhi umidi, le guance rosse.

Gilda trovò il coraggio di rompere quell’incantesimo.

— Signore, disse, quello ch’io devo dirle è assai spiacevole, tanto che, nella mia condizione, sarebbe forse meglio che non dicessi nulla. Se ho preso la risoluzione di parlare, gli è perchè ella mi ha dimostrato sempre una amicizia e una stima, che, nella mia coscienza, mi hanno innalzata fino a lei, e mi sembrerebbe una vigliaccheria se tacessi, per un riguardo convenzionale, quando si tratta forse di farle schivare un pericolo...

S’arrestò un momento interdetta, sopraffatta dalla difficoltà delle cose che doveva narrare.

Egli le prese una mano.

— Oh Gilda! disse sinceramente commosso e non già per l’apprensione del pericolo cui ella accennava, quanto siete cara, quanto siete buona!

Ella scosse il capo e, lentamente, ritirò la mano. Poi riprese a parlare. Raccontò la sua passeggiata solitaria per la campagna, animandosi a poco a [p. 71 modifica] poco: come si era seduta sotto la strada al piede di un albero, per riposarsi nella contemplazione di quel bellissimo paesaggio, che doveva abbandonare, forse per non tornarvi più; come s’era nascosta sentendo delle voci; come era stata colpita da quello che dicevano, come s’era trascinata per sentire di più, e, infine, quello che aveva sentito...

Non tutto però; vale a dire soltanto la parte finanziaria. Sul punto di pronunziare un’accusa contro la madre di Lea, una ripugnanza insormontabile, un istinto di una delicatezza quasi incomprensibile a lei stessa, che poco prima aveva stigmatizzato l’inganno, in tutte le sue forme, le chiusero la bocca. Forse, all’ultimo momento, ella provò anche un vago terrore, pensando ch’egli poteva essere molto geloso di quella donna e ch’ella si sarebbe trovata presente al primo scoppio di quella gelosia. Quand’è sul nascere l’amore ha facilmente l’ispirazione di risparmiare a sè stesso i colpi troppo violenti, che potrebbero compromettere la sua giovine esistenza.

Giovanni Pianosi l’ascoltò in silenzio.

Non aveva alcun dubbio sulla verità della cosa. Che i suoi affari da un certo tempo non andavano come avrebbe desiderato, lo sapeva meglio di chiunque. E se l’ingegner Santini aveva detto che la casa industriale, a cui egli aveva confidato tanta parte di capitale, nella speranza di rialzare il suo credito e ricavarne un larghissimo beneficio, era sul punto di sospendere i pagamenti, certo non doveva ingannarsi molto; perchè quello era un uomo positivo e meglio informato di tutti i giornalisti negli affari industriali e le vicende del commercio. Quanto alla complicità dell’avvocato [p. 72 modifica] Anselmi, l’accusa rispondeva pur troppo a certi suoi sospetti particolari. Più di una volta egli era stato colpito da alcuni dati equivoci, dal senso misterioso di certe frasi sorprese a volo. Ma l’Avvocatino, al quale lui non diceva mai nulla in proposito, aveva avuto la fortuna di cancellare questi sospetti, volta per volta, con qualche azione di una probità luminosa, e con qualche importante servizio. In tali occasioni, il Banchiere era stato preso da subita vergogna di que’ sospetti, e s’era affidato a lui con più completa fiducia, quasi per risarcirlo del torto segreto che gli aveva fatto. Da qualche tempo però, egli provava per quell’uomo una indefinibile repulsione, nella quale c’entrava per molto la nuova rivalità occulta in cui si trovavano, sentendosi trascinati tutti e due, nel medesimo quarto d’ora, verso la giovane istitutrice.

Strano a dirsi, della prima rivalità, Pianosi non aveva alcun sospetto.

Mai gli era passato per la mente che sua moglie e quell’assiduo amico di casa potessero intendersela.

Sapeva che si erano conosciuti da giovani, nella vita artistica e zingaresca, e se questo fatto bastava a giustificare ai suoi occhi la protezione che Edvige gli aveva accordato nei primi tempi dei loro matrimonio, essa escludeva pure qualunque possibilità di amore. Se anche si erano piaciuti, ciò che non gli pareva probabile, almeno dal lato di Edvige, dovevano aver avuto tutto il tempo di seccarsi reciprocamente.

D’altra parte, come la grande maggioranza dei mariti, egli non conosceva sua moglie, che assai superficialmente. [p. 73 modifica]

La vedeva bella, poichè l’aveva sposata appunto per questo; e capiva che aveva molto spirito; ma per lui era una donna fredda, dal sangue nordico più gelato; incapace d’accendersi, altro che per sè stessa, per la sua vanità e per il suo orgoglio. Ora in quale cosa mai quell’eterno malcontento, quell’uomo amaro e sarcastico, fallito all’arte e ai trionfi del foro, poteva lusingare l’orgoglio e la vanità di sua moglie?

Sano, e nato agli amori sani e naturalmente logici delle creature forti, egli non poteva intendere il fascino morboso di certi amori composti di odio e di voluttà, di repulsioni oscure e di fiammeggianti attrattive.

Per questo suo stato d’animo, egli non ebbe’ alcun dubbio che Gilda gli tacesse una parte del vero, e pure comprendendo tutta la gravità della rivelazione, seppe vincere le proprie inquietudini, apparire quasi calmo e rassicurare la giovinetta.

Cominciò dal ringraziarla con vivissima espansione per l’amicizia che gli dimostrava: lui non se ne sarebbe dimenticato mai; le avrebbe serbato una riconoscenza eterna; in qualunque caso della vita doveva rivolgersi a lui; l’avrebbe sempre trovato pronto a qualunque sacrificio: perchè in quel momento riceveva da lei un grandissimo beneficio non tanto in riguardo agli affari, che non lo spaventavano mai, come dal lato morale.

In quel momento della sua vita, in cui gli pareva che tutto crollasse, che tutto fosse egoismo, falsità, rincontro di una affezione così delicata, così sincera, gli faceva provare una gioja ineffabile e affatto nuova.

Egli diceva queste cose come gli venivano, [p. 74 modifica] senza ricerca, con un gran calore di sentimento.

In realtà si sentiva in una posizione falsa e aveva un’intima vergogna di sè. Per quanto sinceri, i sentimenti che esternava adesso erano molto diversi da quelli che l’avevano spinto a recarsi, in un’ora così poco conveniente, presso la istruttrice di sua figlia.

La bella ragazza gli aveva ispirato una simpatia vivissima fin dai primi giorni: la convivenza mutava questa simpatia in un violentissimo capriccio, contro il quale si dibatteva da mesi. Più volte nelle ore lente della notte, in mezzo ai computi e alle lettere d’affari, il pensiero improvviso che gli affacciava l’immagine di lei, sola nella sua camera, nella casa dove egli era padrone, lo aveva turbato profondamente. Più volte era stato preso dall’aspra tentazione di assalirla, in modo brutale, possederla, e poi mandarla via, per riconquistare la pace che gli sfuggiva, la lucidità di mente di cui aveva più che mai bisogno.

Ma sempre, qualche cosa di invincibile lo aveva trattenuto: era un vago senso di vergogna e di pietà, una specie di sentimentalismo strano, che gli faceva trovare delle sensazioni deliziose in quella nuova sofferenza.

Le rare volte in cui, vinto dall’inquietudine interna, aveva parlato con lei in modo da farle intendere che voleva il suo amore, gli era accaduto di esprimersi in un modo affatto diverso da quello che aveva immaginato prima.

I desiderii selvaggi, che gli davano tanta battaglia, non avevano trovato in tali occasioni altro che parole soavi: il capriccio tumultuoso aveva fatte sue le delicate espressioni della tenerezza; [p. 75 modifica] ma spontaneamente, senza premeditazione, anzi con sua propria sorpresa; poi era arrivato perfino a questo: aveva sognato come uno scolaretto e si era sentito intimamente felice perchè ella gli aveva sorriso, o gli aveva stretto la mano con inconsueta cordialità.

Ma quella sera tutto aveva contribuito a trascinarlo verso una brusca risoluzione.

Era tornato da Milano col desiderio intenso di vederla: pregustava la dolcezza del momento in cui ella gli sarebbe andata incontro con Lea, e i loro occhi si sarebbero fissati lungamente in uno sguardo pieno di promesse. Invece Gilda non si era lasciata vedere nè prima, nè poi.

Questo lo aveva esasperato. Gli era parsa una volgare civetteria, degna veramente di una maestrina.

Dalla cameriera aveva saputo che era stata fuori quasi tutto il giorno, che pareva agitata c accusava un forte mal di testa, il quale però non le impediva di stare alzata e di leggere.

Allora gli era venuto un pensiero stupido, di quelli che si danno per furbi. Quella ragazza, si era detto, non può essere tanto ingenua. Nell’ambiente in cui è nata, si usa parlare liberamente.

È bella, ardita, inclinata al lusso ed alla eleganza, chi sa! forse è impaziente di sfruttare la mia simpatia!

Mi ha mostrato che non le dispiaccio.

Forse le mie lungaggini la seccano e mi tiene il broncio: forse è un tacito invito, di cui bisogna ch’io approfitti.

Tuttavia, al momento di accingersi all’impresa, questi sofismi lo avevano già abbandonato. [p. 76 modifica]

Ora, dacchè era nella sua camera e aveva ascoltato il suo racconto, non glie ne rimaneva che un confuso e disgustoso ricordo.

Gilda era ben lontana dall’immaginare queste battaglie.

Lo ascoltava in una specie d’estasi. Quando egli tacque, distratto improvvisamente dalla contemplazione della mano ch’ella gli aveva abbandonato, gli domandò timidamente se non credeva di poter riparare al disastro che lo minacciava.

Egli non capì subito, perchè aveva posato anche le labbra su quella manina, e il contatto della sua epidermide delicata gli aveva cacciato dalla mente tutti i pensieri uggiosi.

Gilda ripetè la domanda e ritirò la mano.

Allora il Banchiere scosse la testa e sorridendo disse:

— Le disgrazie del commercio sono come i temporali nei paesi di montagna, non si sa mai dove andranno a cascare. Guardi un po’ qui — e alzandosi improvvisamente andò alla finestra che aprì cautamente per respirare una boccata d’aria fresca che calmasse la sua febbre — guardi! un’ora fa il lago era cupo, il cielo minaccioso; pareva che una burrasca dovesse scoppiare da un momento all’altro: adesso tutto è limpido, sereno: i nuvoli neri sono andati a sfogarsi da un’altra parte. Chi sa! forse anche il mio fallimento potrà essere scongiurato, sfumerà nell’aria, come sono sfumati tanti milioni!.... Chi sa!.... Che importa dopo tutto un banchiere fallito di più o di meno? Ce ne sono tanti! Io, se resto povero, mi rimetterò a lavorare con più ardore di prima per guadagnarmi da vivere, ma non cercherò più le ricchezze. [p. 77 modifica]

— Che importa affannarsi sui capricci della Borsa, — continuava egli a dire in quel nuovo lirismo ispirato dall’eccitamento nervoso: — che importa vegliare le notti, logorare l’esistenza nell’aridità delle cifre, perdere gli amici che ci rubano e quelli che derubiamo alla nostra volta, incartapecorirci giorno per giorno, tutto per avere il gusto di spendere, male, centomila lire l’anno mentre si può vivere benissimo con seimila?

Quello che importa, Gilda, adesso lo vedo e lo so: è l’amore! Avere la festa dell’amore tutti i giorni, aprire gli occhi per amare, addormentarci amando: vivere nell’intensa adorazione di una creatura e renderla felice: questo è il sogno, Gilda, questa la più bella realtà che un uomo possa concretare.

Gilda ascoltava palpitante questo linguaggio così nuovo per lei, eppure così famigliare alla sua fantasia.

Le balenò veramente il pensiero di ciò che avrebbe dovuto dirgli: che lui aveva una moglie bella, desiderata, una bimba adorabile, che l’amore non gli mancava, anzi era raddoppiato, e che per quelle sue care doveva mantenere nella sua casa l’agiatezza, il lusso a cui erano avvezze.

Ma queste parole convenzionali non vollero uscirle dalla bocca.

Invece, quasi a insaputa di lei, le sue labbra sospirarono:

— Oh! l’amore è un tormento!

Egli si scosse tutto, e tremò come se ella lo avesse baciato.

— Anche tu, angelo?... anche tu soffri? [p. 78 modifica]

E passandole il braccio destro attorno la vita, con la sinistra le sollevò il mento per guardarla negli occhi che teneva abbassati.

— Anche tu soffri? — ripetè.

Gilda non rispose.

Le sue palpebre si chiusero, perchè ella non poteva sostenere lo sguardo di lui così intenso e vicino. Ma egli vide le lagrime che sgorgavano fra le belle ciglia vellutate e presto le bagnarono il viso.

Avidamente si chinò per beverle....

Le baciò gli occhi, le guancie, la bocca. Era tutto commosso, il cuore inondato di una tenerezza giovanile.

Dopo un momento ella cercò di sciogliersi; ma lui la trattenne ancora soavemente con dolci parole d’amore, susurrate sulle sue labbra.

Gilda, tutta tremante, lo ascoltava in silenzio, nell’estasi di quell’abbraccio.

Ma poichè egli diventava sempre più appassionato e veemente, ella cercò ancora di svincolarsi, spinta da un istinto segreto; e lentamente, con una dolcezza ostinata, si sciolse, si ritrasse alquanto e gli porse la mano, in atto di addio.

Egli non fece opposizione. Baciò la mano che gli veniva offerta, baciò i capelli che sfioravano la sua spalla e si allontanò, disperato e felice.