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senza ricerca, con un gran calore di sentimento.

In realtà si sentiva in una posizione falsa e aveva un’intima vergogna di sè. Per quanto sinceri, i sentimenti che esternava adesso erano molto diversi da quelli che l’avevano spinto a recarsi, in un’ora così poco conveniente, presso la istruttrice di sua figlia.

La bella ragazza gli aveva ispirato una simpatia vivissima fin dai primi giorni: la convivenza mutava questa simpatia in un violentissimo capriccio, contro il quale si dibatteva da mesi. Più volte nelle ore lente della notte, in mezzo ai computi e alle lettere d’affari, il pensiero improvviso che gli affacciava l’immagine di lei, sola nella sua camera, nella casa dove egli era padrone, lo aveva turbato profondamente. Più volte era stato preso dall’aspra tentazione di assalirla, in modo brutale, possederla, e poi mandarla via, per riconquistare la pace che gli sfuggiva, la lucidità di mente di cui aveva più che mai bisogno.

Ma sempre, qualche cosa di invincibile lo aveva trattenuto: era un vago senso di vergogna e di pietà, una specie di sentimentalismo strano, che gli faceva trovare delle sensazioni deliziose in quella nuova sofferenza.

Le rare volte in cui, vinto dall’inquietudine interna, aveva parlato con lei in modo da farle intendere che voleva il suo amore, gli era accaduto di esprimersi in un modo affatto diverso da quello che aveva immaginato prima.

I desiderii selvaggi, che gli davano tanta battaglia, non avevano trovato in tali occasioni altro che parole soavi: il capriccio tumultuoso aveva fatte sue le delicate espressioni della tenerezza;