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76 nell’ingranaggio


Ora, dacchè era nella sua camera e aveva ascoltato il suo racconto, non glie ne rimaneva che un confuso e disgustoso ricordo.

Gilda era ben lontana dall’immaginare queste battaglie.

Lo ascoltava in una specie d’estasi. Quando egli tacque, distratto improvvisamente dalla contemplazione della mano ch’ella gli aveva abbandonato, gli domandò timidamente se non credeva di poter riparare al disastro che lo minacciava.

Egli non capì subito, perchè aveva posato anche le labbra su quella manina, e il contatto della sua epidermide delicata gli aveva cacciato dalla mente tutti i pensieri uggiosi.

Gilda ripetè la domanda e ritirò la mano.

Allora il Banchiere scosse la testa e sorridendo disse:

— Le disgrazie del commercio sono come i temporali nei paesi di montagna, non si sa mai dove andranno a cascare. Guardi un po’ qui — e alzandosi improvvisamente andò alla finestra che aprì cautamente per respirare una boccata d’aria fresca che calmasse la sua febbre — guardi! un’ora fa il lago era cupo, il cielo minaccioso; pareva che una burrasca dovesse scoppiare da un momento all’altro: adesso tutto è limpido, sereno: i nuvoli neri sono andati a sfogarsi da un’altra parte. Chi sa! forse anche il mio fallimento potrà essere scongiurato, sfumerà nell’aria, come sono sfumati tanti milioni!.... Chi sa!.... Che importa dopo tutto un banchiere fallito di più o di meno? Ce ne sono tanti! Io, se resto povero, mi rimetterò a lavorare con più ardore di prima per guadagnarmi da vivere, ma non cercherò più le ricchezze.