Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo XXV - Delle famiglie Pallavicini e Sauli.

Capo XXV - Delle famiglie Pallavicini e Sauli.

../Capo XXIV - Celebri Guerrieri. ../Capo XXVI - Laureati. IncludiIntestazione 2 aprile 2012 100% Storia

Capo XXIV - Celebri Guerrieri. Capo XXVI - Laureati.
[p. 145 modifica]

CAPO XXV.


Delle famiglie Palavicini e Sauli.



Colla morte dell’abate Celestino Ceva di Lesegno canonico penitenziere di questa collegiata, avvenuta li 27 dicembre 1845, figlio del fu marchese Gio. Giacomo Ceva Lesegno, sparì da Ceva ogni traccia dei suoi antichi marchesi. Non vi è più in questa città nè famiglia, nè abitazione, nè podere che loro appartenga.

I rami tuttor viventi di questa marchionale prosapia, si dispersero per varie città del Piemonte e dell’estero.

Le sole due nobili famiglie, di cui s’onori Ceva al giorno d’oggi, sono quelle dei Pallavicini e dei Sauli d’Igliano.

I marchesi Pallavicini, secondo monsignor Della Chiesa, nella sua Corona Reale di Savoia, si fanno derivare dal marchese Adalberto d’Ivrea, fratello di Berta marchesa di Susa, Signore potentissimo in Piemonte, nella Corsica, in Lombardia e principalmente nei Contadi di Parma e Piacenza ove col dominio d’un gran numero di castella ed alcune città, che solamente dagl’imperatori riconoscevano, tennero un tempo i suoi discendenti, qualità di principi.

Il professore Casalis nel suo dizionario dei Regi Stati, e sulle notizie e documenti somministratigli dal signor cavaliere Carlo Marenco, e dal signor D. Pio Bocca, dice il primo che venne a stabilirsi in Ceva nel principio del secolo XVI, fu Giulio Cesare, figliuolo di Giovanni Antonio capitano, negli [p. 146 modifica]eserciti dell’imperatore Carlo V, cavaliere dell’Ordine di S. Giacomo e del Toson d’oro.

« Il casato Pallavicini (così si legge nel succitato dizionario) era già illustre nel secolo XIII per molti dominii da esso in Lombardia posseduti, e massimamente nel distretto di Piacenza. Il suo nome gli provenne da un celebre condottiero di eserciti dell’imperatore Federico II, chiamato il marchese Oberto, il quale profittando dell’anarchia che regnava nelle terre Lombarde dopo la morte di quell’imperatore, tanto seppe fare colle sue vittorie sopra le vicine città, e co’ suoi accorgimenti, che di esse tutte diventò Signore, e ne ebbe perciò il cognome di Pellavicini che nel secolo dopo fu dalla sua famiglia in quello di Pallavicini cambiato.

Egli veramente si formò uno Stato che nell’insieme era di considerabile estensione, perocchè ad un tempo signoreggiava Milano, Novara, Pavia, Alessandria, Tortona, Piacenza, Parma, Reggio, Modena, Como, Lodi, Brescia ed altre minori città.

Ma verso il fine del secolo XIII giunsero in mal punto i Provenzali, e fu abbattuto gran parte del suo dominio, perocchè molte città a lui già soggette lo abbandonarono siccome capo Ghibellino, per unirsi al re Carlo di Provenza, che erasi fatto capo dei Guelfi.

Ora avendo Carlo V confermato in questo secolo alla augusta casa di Savoia le concessioni già fattele da Arrigo due secoli avanti, il duca Carlo III divenuto Signore dell’Astigiano e del Cevasco, pose al governo di queste il Giulio Cesare anzidetto, il quale vi acquistò molti beni e feudi, ed assunse il titolo di marchese di Ceva. Fra questi feudi si contano le due Frabose, Perlo, Malpotremo e Priola. »

Dal suddetto Giulio Cesare, nacquero Carlo grande scudiere, gran mastro della casa della duchessa Cristina di Savoia, e cavaliere dell’ordine supremo dell’Annunziata, e Paolo Antonio che gli successe nel governo di Ceva.

[p. 147 modifica]Da Carlo venne Adalberto che acquistò il marchesato di Frabosa 1, Carlo Emmanuele gran mastro ed aio di Carlo Emmanuele II e cavaliere della Nunziata morì nel 1650, come già si disse altrove.

Nel castello di questi marchesi fu splendidamente accolto nel 1585 Carlo Emmanuele I duca di Savoia, nel suo passaggio per Ceva reduce dalla Spagna colla sua novella sposa l’infanta Catterina d’Austria. Il professore di Canonica nella R. Università di Torino, Filippo Roffreddo, in un’orazione latina recitata per queste faustissime nozze, dopo aver descritte le feste che si fecero a questi augusti sposi dalla città di Genova dove sbarcarono, lungo tutti i paesi della Riviera, parlando di Ceva dice, che fecero il loro solenne ingresso fra gli applausi, gli apparati, le solenni feste, le pompe, le sinfonie, ed i soavi concerti musicali, ed il tripudio di Ceva, sotto uno splendido baldacchino violaceo di seta ricamato in oro, e presero alloggio nel castello: quid a Carolo Pallavicino, son parole di Roffreddo, ex Cevae Marchionibus vos in ejus hospites excipiente, non factum praetermissumque fuit.

Questa nobile famiglia diede in ogni tempo illustri personaggi allo Stato, alla milizia ed alla magistratura.

Vive tuttora in Ceva onorata la memoria del marchese Ignazio Maria Pallavicini di Priola nato li 24 novembre 1749 e morto li 23 febbraio 1825 2.

[p. 148 modifica]Fu questi senatore in Savoia, quindi in Torino, aveva sposato la nobile Gabriella Della Chiesa di Cinzano, che cessò di vivere li 21 dicembre 1841, in seguito ad uno sgraziato accidente che funestò la sua famiglia, e specialmente i poveri di Ceva che perdettero in lei una generosa ed affezionatissima madre.

La sera dei morti ad ora molto avanzata attese ella per molto tempo all’orazione nel coretto della cappella di suo castello. Aveva già licenziata la sua servitù un’ora prima, quand’ecco nel mentre s’accosta al tavolino dove era accesa la candela s’attacca il fuoco ad una manica della veste, ed in un attimo si trova in mezzo alle fiamme. Grida per isvegliare la cameriera, ma inutilmente. Corre precipitosa alla camera del domestico, che svegliato alle strida della padrona, se la vede vicino al letto tutta in fiamme. Ebbe questi la prontezza di spirito di tosto avvilupparla colla coperta del proprio letto, e soffocò così la fiamma, ma la povera marchesa orribilmente scottata fu messa a letto fuori dei sensi, sofferse atrocissimi dolori, si riebbe pel tempo necessario per ricevere i santi Sacramenti, e passò in continuo delirio il restante del tempo che visse.

Piansero meritamente i Cevesi la morte di questa nobile matrona, che univa in sè le qualità di spirito gentile e colto, di cuor generoso e benefico, e di pietà esemplare.

Dal suo coniugio col marchese Ignazio nacquero tre figliuoli, Luigi, Casimiro e Valentino.

Luigi fu per molti anni gentiluomo di camera alla corte di Torino, Casimiro che sposò la nobile damigella Paolina Ceva dei marchesi di Battifollo, fu tolto ai vivi nel fior di sua età; e Valentino, che militò nelle guerre di Napoleone, quindi sotto i regnanti Sabaudi Vittorio Emmanuele I, Carlo Felice e Carlo Alberto, salì al grado di generale, e morì Direttore generale delle Regie Poste, lasciando vedova inconsolabile la rispettabilissima dama Marianna Scoffier nata [p. 149 modifica]in Sardegna, e quattro figli, tre dei quali emulatori nel servizio militare delle esimie virtù del genitore.

La marchesa Paolina Ceva di Battifollo e Pamparato e vedova del suddetto Casimiro, entrò in Corte come dama di palazzo, e quindi governante delle RR. principesse, e terminò i suoi lunghi e segnalati servigi col terminare del 1856.

Godette in modo particolare dell’affezione e confidenza delle due regine Maria Teresa vedova di Carlo Alberto e di Maria Adelaide augusta consorte del regnante Vittorio Emmanuele II. L’unico suo figlio maschio marchese Luigi Pallavicini di Priola padrone del castello di Ceva, prese parte alla guerra di Lombardia nel 1848-49; sposò quindi la gentilissima e nobile damigella Leonia Gianasso di Pamparà, e fa la maggior parte dell’anno sua residenza in Ceva amato e riverito dai suoi concittadini.

Il signor marchese Litta nella sua grandiosa opera delle famiglie illustri stampò nel 1841 la tavola genealogica dei Pallavicini di Ceva, che per la sua precisione ed esattezza nulla lascia a desiderare, e deve andar unita ai cenni biografici che riguardano questa nobile famiglia (vedi in fine).

Sul principio del 1500 venne da Genova, e si stabilì in Ceva la nobile famiglia Sauli nella persona di Sebastiano, il quale sin da quel tempo godeva il titolo di Magnifico, proprio de’ principali cavalieri; acquistò giurisdizioni feudali nel Comune d’Igliano col titolo di conte.

Quest’illustre famiglia godette mai sempre il rispetto e la stima dei Cevesi per l’onorata condotta dei personaggi che la composero.

La collegiata di Ceva si onora di poter comprendere nell’elenco de’ suoi canonici due sacerdoti di questa casa. L’uno per nome Carlo Lorenzo menzionato nella Sinodo istorica di Monsignor Brizio, e morto nel 1642. L’altro per nome Benedetto morto nel 1666.

Alle sventure di Ceva deve aggiungersi l’estinzione di questo nobil casato, di cui è solo superstite ed in età avanzata [p. 150 modifica]il conte Ludovico tuttora celibe, di cui per dovere d’amicizia ed a gloria di sua famiglia, di Ceva e d’Italia, si dà qui un semplice cenno biografico.

Nacque egli in Ceva il 10 novembre 1787, dalli signori coniugi conte Domenico Sauli d’Igliano ed Angela dei conti Franchi di Centallo, virtuosissima dama, di cui ebbimo campo ad ammirare l’anima candida, colta e gentile, il cuor magnanimo e benefico ed il tratto nobile e cortese. La di lei morte avvenuta li 21 febbraio 1830, fu meritamente lamentata da ogni classe di cittadini Cevesi.

Ludovico Sauli si addottorò nella facoltà di Leggi l’anno 1811.

Al ritorno dei Reali di Savoia in Piemonte venne applicato all’ambasceria del re in Parigi. Nel 1816 ebbe la carica di Capo di divisione nella R. Segreteria per gli affari esteri: ove stette per sette anni e nel 1821 gli toccò contro sua voglia la reggenza di quel ministero da dove uscì poi spontaneamente, malgrado gli sforzi usati per trattenervelo. Nel 1822 fu spedito con pieni poteri da Carlo Felice ai cantoni dei Grigioni e del Ticino. In otto mesi di dimora colà riuscì a togliere gli ostacoli che si frapponevano al perfezionamento della strada del monte. S. Bernardino, per cui il porto di Genova si congiunge in linea retta col lago di Costanza.

Sul principio del 1825 inviato a Costantinopoli, ottenne che fossero aperte ai sudditi Sardi le fauci del Bosforo, ritornassero i Genovesi ai ricchi traffichi del mar nero, ed il commercio Sardo fosse posto in condizione uguale ed anche migliore di quello d’altre potenze aventi antichi trattati colla Porta Ottomana.

Nel 1832 fu nominato Commissario generale dei confini, nel 1833 creato primo ufficiale del ministero per gli affari di Sardegna che tutta percorse per conoscerne i bisogni, e nel 1848 fu compreso nella prima nomina che fece Carlo Alberto dei Senatori del regno.

Egli è decorato dell’Ordine militare dei SS. Maurizio e [p. 151 modifica]Lazzaro, dell’Ordine civile di Savoia, socio ordinario della Reale Accademia delle scienze, membro della deputazione sopra gli studii di storia patria, e Consigliere di Legazione.

L’ingegno ed il merito letterario di questo dotto ed elegante scrittore son noti a tutta Italia ed oltr’Alpi. Citeremo solo qui l’applaudita sua opera della Colonia dei Genovesi in Galata, vol. II in 8° stampata in Torino nel 1832, e l’altra non meno commendevole sulla condizione degli studii nella monarchia di Savoia sino all’età di Emmanuele Filiberto. Torino 1843 3.

Note

  1. Il feudo di Frabosa apparteneva alla Chiesa d’Asti e quindi ai Sig.i di Morozzo. Carlo Emmanuele I lo infeudava con titolo di Marchesato ad Alberto Pallavicino.     Diz. Casalis.
  2. Leggesi nella Chiesa dei Cappucini dove fu scolpito il seguente epitafio.

    D.   O.   M.
    Manibus spectatissimi viri
    Ignatii Mariæ Pallavicini
    Marchionis Petriolæ
    Nec non ex dominis Cevæ
    In amplissima Taurinensi Curia
    Senatoris emeriti
    Cevæ nati anno MDCCXLIX
    Ibique sui relicto desiderio
    anno MDCCCXXV.
    ætatis suæ LXXVI.
    Aloysius, Casimirus, Valentinus filii mœrentes p. p.

  3. Il Conte Sauli Ludovico studiò il latino e la filosofia in Ceva, ove fu volontario nell’ufficio della sottoprefettura, che vi fu instituita nel 1805 e lavorò per alcuni anni sotto Thedenat du Vert. Attese a gravi studi letterari nella Biblioteca dell’Università Torinese sotto la guida del Barone Vernazza: fu Bibliotecario per pochi mesi degli Archivi di Corte. Oltre le succitate opere stampò Lezioni, molto lodate, del Cavaliere errante Romanzo di Tommaso III Marchese di Saluzzo. Un lungo articolo nell’Antologia sulle notizie del Cav. Antonio Baratta intorno a Costantinopoli nel 1831. Un altro lunghissimo parimenti nell’Antologia di Firenze intorno alla Storia delle relazioni vicendevoli dell’Europa e dell’Asia dalla decadenza di Roma sino alla distruzione del califfato, del Conte G. B. Baldelli Boni, e sopra il Milione di Marco Polo in aprile 1829. Nello stesso periodico, ai 7 luglio 1830, un articolo necrologico del Conte Giovanni Francesco Napione. Nella Gazzetta Piemontese dei 20 dicembre 1838 stampò una necrologia del Cav. Luigi Andrioli, ove delineò il quadro della condizione letteraria del Piemonte durante il dominio francese, un’altra del Cav. Luigi Provana del Sabbione, ed una terza del Conte Coriolano Malingri di Bagnolo. Molti altri articoli stampò in vari giornali letterari e principalmente di Verona. Molto commendevole è quello che scrisse sulla Storia arcana di Marco Foscarini nella Rivista Europea del 30 novembre 1845. La novella intitolata Il Castello delle Mollere, quantunque anonima, gli procurò qualche dispiacere ma non meritato. Tutte queste opere dimostrano una mente vasta e fervida, uno spirito retto unito a grande sincerità.