Memorie storiche della città e del territorio di Trento/Parte seconda/Capo VIII

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CAPO VIII.
Memorie Storiche dall’anno 1390
fino all’anno 1423.

Ad Alberto di Ortemburga succedette Giorgio dei Baroni di Liechtenstein Preposito [p. 55 modifica]della Chiesa di S. Stefano in Vienna eletto per compromesso fatto dal Capitolo nell’Abbate de’ Benedettini di S. Lorenzo presso Trento li 29 Settembre 1390, e confermato dal Papa Bonifaccio IX. li 10 Ottobre dello stesso anno. Egli prese il possesso del Vescovato di Trento nel Marzo 1391.

Nell’anno 1405 egli ricuperò Riva con tutte le sue appartenenze, la quale era stata nell’anno 1349, come altrove abbiam detto, da Giovanni di Pistoia Vescovo di Trento data in pegno insieme con altre terre ad essa adjacenti a Mastino II. della Scala Signor di Verona. Avendo Giovanni Galeazzo Visconti Duca di Milano nell’anno 1388 spogliata di Verona, e degli altri suoi Stati la famiglia Scaligera, egli occupò pure Riva, che la detta famiglia possedeva a titolo di pegno. Dopo la morte di Giovanni Galeazzo Riva ritornò nel dominio de’ suoi antichi Principi i Vescovi di Trento; ma il popolo di Tenno prima ancora che il Vescovo Giorgio ricuperasse Riva, erasi sottratto all’ubbidienza del Duca di Milano, come rilevasi dal diploma dei 13 Marzo 1400, con cui il Vescovo Giorgio alcuni privilegi concedette alla comunità di Tenno, ed in cui dicesi: «Episcopum Joannem de Pistoria ante annos circiter 50 vendidisse Dominis Scaligeris Ripam, Thennum, Vallem Leudri ac Tignalum, atque in eorum possessionem postea intrasse Galleatium Mediolani Ducem ac Dominum Veronae, ejusque [p. 56 modifica]heredes; tandem vero Thennenses ad proprium legitimum Dominum rediisse, aperientes ei seu potius ejusdem Deputatis Joanni de Wolchenstein Capitaneo Generali Exercitus, atque Azoni Francisco de Castrobarco de Dosso Majore, Portas Burgi Thenni.»

Egli diede fin dal principio del suo governo le investiture feudali a tutti i vassalli del suo Vescovato, che troppo lungo sarebbe l’annoverare, e noi noteremo solo quella, che l’anno 1405 egli diede a Gulielmo di Castelbarco, e di cui ne estraremo qui una parte: «Nos Georgius Dei gratia Episcopus Tridentinus. Tenore presentium Litterarum notum facimus universis, quod nobilis et fidelis noster Dilectus Guilielmus natus q. Spectabilis et Potentis Viri D. Azonis de Castrobarco de Lizana Vallis Lagarine nostre Diocesis coram nostra presentia personaliter constitutus infra anni circulum post obitum dicti sui Genitoris a Nobis cum debita, instantia postulavit, quatenus ipsum pro se, ac vice et nomine Fratris sui Aldrigeti et Heredum ipsorum de infrascriptis Feudis et Bonis Feudalibus nobis et Ecclesie nostre Trid. jure directi Dominii spectantibus .... investire dignaremur. Cupientes igitur .... prefatum Gulielmum devote requirentem pro se, ac vice et nomine prefati Aldrigeti Fratris sui, et eorum Heredibus legitimis masculis dumtaxat ex eis in perpetuum descendentibus .... investimus. Primo videlicet [p. 57 modifica]de Castro Lizane cum tota Jurisdictione Plebatus Lizane tam in monte quam in plano, et cum Jurisdictionibus et Decimis spectantibus ad ipsum Castrum .... Item de Castro Castrumculi penes Burgum Terre Rovredi. Item de Muda de Sacho tam lignaminum quam aliorum quorumcumque mercimoniorum conducendorum tam per terram, quam per aquam, et animalium quorumcumque, Equorum videlicet et Bestiarum Bovinarum, et aliorum animalium cujuslibet generis existentium. Item de Muda de Marcho tam lignaminum quam animalium quorumcumque, et mercimoniorum quorumque et cujusque generis existentium, et modo quolibet per inde transeuntium. Item de Muda de Roveredo in simili forma de quibuscumque mercimoniis et animalibus quibuscumque ducendis et vehendis versus partes Territorii Vicentini. Item de Muda de Ravazono de quibuscumque mercinioniis ibi transeuntibus .... Versa quoque vice ibidem et incontinenti prefatus Guilielmus solemniter promisit, et tactis corporaliter scripturis juravit, .... Datum et actum Tridenti in Castro nostro Boni Consilii in Canzelaria nostra die Dominico 29 Mensis Martii in media Quadragesima: presentibus .... Anno Domini 1405.»

Ma ben infelice ne’ susseguenti anni fu il governo del nostro Vescovo Giorgio Liechtenstein, ed il periodo di tempo, di cui [p. 58 modifica]ora andiamo a parlare, ci presenta de’ tragici avvenimenti, che fortunatamente non si leggono che di rado negli annali delle nazioni.

Nel mese di Febbrajo dell’anno 1407 una gravissima insurrezione scoppiò nella Naunia contro il Vescovo Giorgio, nella quale, come narrato abbiamo nella prima Parte di queste Memorie, il popolo furibondo prese le armi, smantellò e distrusse interamente i tre Castelli di Tueno, di S. Ippolito, e d’Altaguarda appartenenti al Vescovo Principe, e scacciò e bandì perpetuamente i tre di lui ufficiali o ministri, e saccheggiò ed arse le loro case, e confiscò tutti i loro beni atteso le concussioni ed estorsioni, che quegli ufficiali o ministri vi avevan commesse. Il Vescovo Giorgio altro far non potendo non solo approvò e confermò tutto ciò che gl’insorgenti avevano fatto, ma promise pur loro, che i tre Castelli smantellati più nè da lui nè da’ suoi successori stati sarebbero riedificati, ed esaudì inoltre pienamente tutte le altre loro dimande; con che il popolo della Naunia ritornò alla primiera obbedienza. Tutto ciò apparisce dall’autentico documento, che abbiamo rapportato nella prima Parte delle nostre Memorie seguito il 31 Marzo 1407 in terra Bulsani, et in Domo Domini Episcopi. Ma appena ritornato da Bolgiano in Trento il nostro Vescovo Giorgio una ben peggiore sventura ebbe a soffrire; poichè il dì 4 Aprile dello stesso anno 1407 egli fu arrestato nella Chiesa [p. 59 modifica]cattedrale da una turba di sediziosi, capo de’ quali era Rodolfo Bellenzani ricco e potente cittadino di Trento, e posto in prigione nella Torre Wanga. Insieme col Vescovo furono pure arrestati tre nobili giovani ecclesiastici, che erano alla sua corte, e che il Bellenzani fece tosto decapitare con aver poscia mandate le loro teste al Vescovo Giorgio nella Torre Wanga. Rodolfo Bellenzani aveva disegnato di stabilire in Trento un libero e popolare governo scosso per sempre il dominio de’ Vescovi, e dopo l’arresto del Vescovo Giorgio furono bentosto elette sedici persone al governo della città, capo delle quali era il Bellenzani medesimo. Ma udita questa nuova Enrico di Rottemburg Prefetto e Capitano del Vescovo Giorgio nella valle superiore dell’Adige fedele al suo Principe si mosse tosto con numerosa gente armata verso Trento. Gli si fece incontro il Bellenzani con alcuni de’ suoi seguaci; ma dopo breve zuffa egli fu preso, e condotto nella piazza grande del Duomo ebbe tosto per ordine del Rottemburg tagliata la testa come reo di ribellione e di alto tradimento. Il Vescovo Giorgio venne quindi tratto dalla sua prigione, e ristabilito nella primiera sua dignità; ma non andò guari, ch’egli dovette prestamente fuggirsene; poichè l’Arciduca Federico d’Austria Conte del Tirolo si portò poco dopo con un esercito in Trento, occupò la citta e tutto il Principato con dire, che non il Vescovo, non [p. 60 modifica]il popolo, ma egli solo aveva il diritto della sovranità sopra Trento in virtù delle cessioni e rinunzie dei due Vescovi Egnone ed Enrico, ed egli solo ne era il legittimo signore. Il Vescovo Giorgio visse per più anni esule dal suo Stato in estero paese; ma apertosi nell’anno 1414 il Concilio generale di Costanza convocato per dar pace alla Chiesa, e porre fine allo scisma, che affliggevala da lungo tempo, il Vescovo Giorgio vi si portò personalmente, ed al medesimo rappresentò l’occupazione del suo Vescovato fatta dall’Arciduca Federico implorando contro di lui l’autorità e la protezione del Concilio. Il Concìlio accolse favorevolmente le di lui dimande, ed ordinò al Vescovo di Lodi di scrivere in suo nome a Pietro di Sporo, a Simone ed Erasmo di Thonno, ad Aliprando di Cles, e ad altri Signori della Naunia in favore del Vescovo Giorgio una lettera del seguente tenore: «dandam ipsis operam esse, ut Fridericus cum illo in gratiam redeat, et Ecclesiam illi suam male affectam restituat: ea in re, si quod sui officii est, fecerint, id Deo Opt. Max. et Synodi Patribus Ecclesiam Dei repræsentatibus gratissimum fore, sin minus pro conservanda Ecclesiæ tranquillitate se etsi cum animi dolore processuros.» Questa lettera leggesi per intero nel libro Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ. pag. 125; ma continuando tuttavia l’Arciduca Federico a tener in suo potere il paese [p. 61 modifica]occupato, il Concilio di Costanza pubblicò contro di lui una citazione, con cui venne chiamato a render ragione innanzi ad esso di sua condotta. Il celebre Fleury nella sua storia ecclesiastica, ovvero il continuatore di questa storia (Lib. 103 § 153 Tom. 21) rapporta distesamente la forma, con cui venne innanzi al Concilio di Costanza trattata questa famosa causa tra il Duca d’Austria ed il Vescovo di Trento: «Dans la vingtiéme Session du Concile, dice egli, tenue le jeudi vingt-uniéme de Novembre il fut traité du différend, qui étoit entre l’Èvêque de Trente, et le Duc Frédéric d’Aûtriche. Le Prélat se plaignoit de ce que ce Duc l’avoit dépouillé depuis neuf ans de son Èvêché, et de toutes les Villes, Châteaux, et autres domaines, qui en dependoient.» Egli parla inoltre di quest’affare al § 182 dello stesso libro, ed al § 7 del libro 104, ove dice, che ai 3 di Marzo nella Sessione 28 non essendo il Duca Federico d’Austria mai comparso a difendere la sua causa, il Concilio fulminò contro di lui la sentenza di scomunica. Il Duca Federico d’Austria nulla curandosi delle citazioni e delle sentenze del Concilio si mantenne sempre in possesso, del Vescovato di Trento fondando il suo diritto sulle cessioni o rinunzie fatte ai Conti del Tirolo dai Vescovi di Trento Egnone ed Enrico antecessori del Vescovo Giorgio. Queste cessioni o rinunzie diceasi bensì dall’altra [p. 62 modifica]parte, nulle essere e di niun valore, ma il Duca Federico pretendea che fossero valide, ed è da credere che egli non si stimasse punto obbligato a rispettare i decreti, nè a sottomettere la sua causa alla decision del Concilio, essendo quella sacra assemblea solo destinata a decidere le questioni intorno alla religione, ed a regolare la disciplina ecclesiastica, ma non già a giudicare delle contese, che insorgono tra Principi intorno ai loro temporali dominj, ed ai diritti che all’uno posson competere contro dell’altro; se non che interpostosi l’Imperator Sigismondo coll’autorità sua indusse il Duca Federico a restituire al Vescovo Giorgio il suo Vescovato e tutti i luoghi, ch’egli aveva prima occupati. Il documento di questa restituzione portante la data die Mercurii ante Dominicam Palmarum in Novo Spaur 1419 vedesi registrato nel libro che abbiam più volte citato Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ pag. 125 e segg. Ritornò dunque in Trento il Vescovo Giorgio, ed assunse nuovamente le redini del governo del suo Principato; ma il suo trionfo fu di breve durata, perchè poco tempo appresso cioè nello stesso anno 1419 li 25 Agosto egli venne arrestato dal Signore di Sporo, e condotto in Castro Spori nella Naunia, ove morì nel susseguente mese di Settembre. Il suo corpo venne poi trasportato in Trento e sepolto nella Cattedrale. Egli donò pria della sua morte una croce grande d’argento portante scolpite [p. 63 modifica]le sue armi alla Chiesa parrocchiale di Flavon, che anche oggidì la conserva.

Tale fu il tragico fine di questo infelice Principe; ma la storia non manca di somiglianti funesti esempi. L’Imperatore Arrigo V. fece in Roma imprigionare Pasquale II. Papa, ed abbiam veduto anche a’ dì nostri morire il sommo Pontefice Pio VI, prigioniero in Francia. Mentre la causa del Vescovo Giorgio agitavasi innanzi al Concilio di Costanza, moltissime accuse furono innanzi al medesimo portate contro di lui intorno al tirannico e crudele suo governo verso i cittadini di Trento. Noi non possiam ora sapere, se vere o false fossero queste accuse, mentre abbiamo nella storia altri esempi di gravissime imputazioni anche contro alcuni Papi, imputazioni non sempre vere, e dettate solo dall’odio e dal furor d’un partito inimico: ma l’insurrezione, che contro il Vescovo Giorgio era scoppiata nell’anno 1407 nella Naunia per l’estorsioni, che colà commettevansi da' suoi officiali, ci fa sospettare, che non fosse punto il più dolce e moderato il suo governo, o che almeno egli non vegliasse, come doveva, sulla condotta de’ suoi ministri. Egli fu creato Cardinale da Papa Giovanni XXIII., ma il n’eut point de titre, scrive il Fleury, parcequ’ il n’alla jamais à Rome, et qu’ il mourut peu de temps après sa promotion. 1

[p. 64 modifica]Quanto alla congiura ordita contro di lui dal Bellenzani, tuttochè egli sollevato avesse una parte del popolo dicendo di volere stabilir in Trento una città libera ed un popolare governo, troppo verisimile sembra, ch’egli meditasse di farsi poscia signore della città sull’esempio di molt’altri, che in quei tempi eransi resi padroni delle loro patrie, e le signoreggiavano a lor voglia; ma troppo diversa fu la sorte, che toccò al Bellenzani, poichè egli in luogo della signoria, a cui aspirava, ebbe su d’un palco tagliata la testa. Fu coniata intorno alla di lui morte una medaglia, di cui fa menzione Monsignor Gian Benedetto Gentilloti nelle sue note all’Italia sacra dell’Ughelli. Il supplizio del Bellenzani vedesi pure dipinto nella facciata del Palazzo civico di Trento, il qual dipinto dobbiam credere, che sia stato ordinato a fine di serbare, e tramandare a’ posteri la perpetua memoria della funesta sua sorte, ch’è quella, cui debbono il più sovente aspettarsi coloro, che suscitano ribellioni e rivolte contro i legittimi loro Principi.

Note

  1. Fleury o il suo continuatore Istoria ecclesiastica Lib 112. Tom. 21.