Melmoth o l'uomo errante/Volume I/Capitolo VI
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CAPITOLO VI.
Dopo questa esclamazione Melmoth continuò a guardare un profondo silenzio per lo spazio di alcune ore. La memoria ritornava in lui gradatamente, i suoi sensi riprendevano la loro antica situazione, la ragione riassumeva l’impero. Ora mi ricordo di tutto, gridò egli alzandosi a sedere sul letto, con tale una istantanea veemenza, che riempiè di spavento la governante; conciossiachè ella immaginava che cadesse di nuovo in delirio. Ma essendosi avvicinata di più al letto con una candela accesa in una mano, mentre coll’altra si riparava attentamente gli occhi, affinchè la luce riflettesse pienamente sulla fisonomia del malato, ella vide negli occhi di lui brillare la ragione, dal che trasse la conseguenza, lui esser in perfetto stato di salute. Egli dimandò con forza in che modo fosse stato salvato; come era andata a terminare la tempesta; se qualcuno dei componenti l’equipaggio del bastimento aveva, come lui, sopravvissuto al naufragio. Quantunque alla governante fosse stato caldamente raccomandato di non permettere che il malato parlasse, e neppure stesse ad ascoltare i suoi discorsi, non potè impedirsi dal rispondere alle sue reiterate interrogazioni. Era già da molti giorni che ella aveva puntualmente eseguito un tal’ordine, e questo era tutto quello che ragionevolmente potevasi esigere da lei.
Ella dunque incominciò la sua narrazione, la quale se non altro servì a conciliare un profondo silenzio in Melmoth, che si addormentò prima che la governante fosse alla metà del suo racconto arrivata. Egli aveva con molta attenzione ascoltato il principio, ma il suo respiro allungato diede ben presto a conoscere, lui cedere ad un involontario assopimento. Ella però non ristava intanto di parlare, e le immagini che dipingeva continuarono per qualche tempo ad aggirarsi vagamente davanti agli occhi del giovane, senza che egli potesse nè comprenderle nè disporle in ordine.
L’indomani risvegliandosi diede uno sguardo intorno a sè; le sue idee non erano ancora nette e distinte; ma nulladimeno si ricordò, che la governante gli aveva parlato di uno straniero, salvato dal naufragio che si trovava in casa, e che era ancora addolorato ed indebolito dalle contusioni che aveva riportate, dal timore e dalle fatiche che aveva sofferto. Melmoth dimandò istantemente di vederlo.
Le opinioni de’ domestici erano divise sul fatto dello straniero. Egli era cattolico, e cotesta circostanza presso di loro parlava in favore di lui. Il suo primo moto, ricuperando la ragione, era stato di dimandare un sacerdote cattolico, e di ringraziare il cielo, perchè si trovava in un paese, dove poteva godere de’ soccorsi della religione. Fin qui tutto andava bene; ma egli dimostrava un’arroganza imperiosa, ed una riserva, che respingeva l’officiosa indiscrezione di quelli che lo servivano. Egli parlava sovente seco stesso a voce dimessa in un linguaggio, che essi non comprendevano: avevano sperato, che l’ecclesiastico darebbe loro qualche schiarimento su questo particolare; ma esso dopo essere stato per qualche tempo in ascolto alla porta, dichiarò, che la lingua parlata dallo straniero non era latina; e quando fu entrato e che ebbe discorso a lungo con lui, non volle in nessuna guisa dichiarar loro che linguaggio fosse quello, e loro proibì inoltre di avere la minima curiosità su questo particolare. Eglino però non furono molto contenti di cotesta inutile spiegazione, e decisero inoltre, che, giacchè il forestiere parlava correntemente l’inglese, non aveva il diritto d’inquietarli con que’ suoni a loro incogniti, i quali sovente pieni di energia, sembrava che altro scopo non avessero, che quello di evocare qualche invisibile creatura.
Egli dimanda tutto ciò di che ha di bisogno, in inglese, disse la governante; se ha bisogno della candela o di qualche altra cosa, lo dice in inglese; come pure in inglese si esprime, quando gli viene volontà di andare a riposare, e perchè, diamine, non può far tutto in inglese? In inglese parimente indirizza le sue preghiere ad un ritratto che si cava fuori incessantemente dal petto, ed io sono più che persuasa che non è quello di un santo: io l’ho veduto così alla sfuggita; mi par piuttosto, Dio mi liberi, quello del diavolo.
Tutte queste stravaganti dicerie, e mille altre ancora erano del continuo riferite al giovane Melmoth, il quale ne rimaneva sbalestrato, nè sapeva cosa arguirne. Finalmente essendo stato informato, che l’ecclesiastico veniva ogni giorno invariabilmente a visitare il forestiero, dimandò se il padre Fay fosse ancora in casa? Se vi è, lo voglio vedere, aggiunse. Il padre Fay non tardò a presentarsegli: Era questi un ecclesiastico autorevole e rispettato, anco da quelli che non erano della sua comunione. Quando egli entrò nella camera di Melmoth lo trovò che rideva de’ vani e ridicoli discorsi che si facevano dai domestici sul conto del forestiero.
Vi ringrazio, signore, disse all’ecclesiastico, delle attenzioni che voi non cessate di usare verso lo sfortunato gentiluomo, che si ritrova, per quanto mi dicono, in casa mia. Io non ho fatto, rispose il padre Fay, che adempiere il mio dovere. — È egli vero, che parla talvolta un linguaggio straniero? L’ecclesiastico rispose affermativamente. Sapete voi, continuò Melmoth ad interrogarlo, qual è il suo paese? Esso è spagnuolo, rispose il sacerdote, e questa risposta così semplice non lasciò alcun dubbio a Melmoth, e vide chiaramente, che in tutto ciò non v’era altro mistero, se non quello, che i suoi domestici avevano essi medesimi creato nella loro fantasia.
L’ecclesiastico raccontò a Melmoth le particolarità del naufragio. Il bastimento era una nave mercantile inglese destinata per Wexford o per Waterford, e che spinta dal vento sulle coste di Wicklow aveva urtato in alcuni scogli a fior d’acqua nella notte del 19 ottobre per motivo di una grande oscurità cagionata dalla tempesta. L’equipaggio, i passeggieri, tutti erano periti, ad eccezione di questo solo spagnuolo. Una cosa degna di rimarco era, che questo straniero aveva salvata la vita a Melmoth. Nel mentre che egli si affaticava di guadagnare la riva nuotando, lo aveva veduto cader giù dalla rupe, e quantunque fosse quasi rifinito di forze, raccolse quelle poche, che gli rimanevano, per salvare la vita di una persona, la quale, per quanto ne giudicava, non doveva che alla propria sensibilità e commiserazione il pericolo cui era andato incontro. I suoi sforzi ottennero il desiato effetto, quantunque Melmoth di nulla si fosse accorto; e la mattina furono trovati sulla spiaggia del mare abbracciati l’uno con l’altro, ma ambidue intirizziti e senza conoscimento. Quando li vollero separare diedero qualche segno di vita, e lo straniero fu trasportato in casa di Melmoth.
Voi a lui dovete la vita, gli disse l’ecclesiastico quando ebbe ultimato il racconto. Vado a ringraziarlo all’istante, rispose Melmoth. Intanto che lo aiutavano a sortire dal letto la vecchia governante gli disse all’orecchio, e con un’aria di spavento che non era che troppo visibile: In nome del cielo non gli dite di esser un Melmoth. Qualcuno avendo per azzardo pronunziato questo nome alla di lui presenza l’altra sera, egli si mise a correre e fuggire come un pazzo. Melmoth a queste parole si ricordò di alcuni passi del manoscritto; ma fece uno sforzo sopra se medesimo e si portò alla camera dello straniero.
Lo spagnuolo era un uomo dell’età di trent’anni circa, di un bell’aspetto, e di cortesi e graziose maniere. Alla gravità comune agli abitanti del suo paese, egli univa un particolare esteriore di malinconia. Parlava correntemente l’inglese, ed avendogli ciò fatto rilevare Melmoth, rispose sospirando di averlo appresso ad una molto penosa scuola. Melmoth cambiò argomento, e gli fece i suoi ringraziamenti per avergli salvata la vita. Risparmiatemeli, egli rispose lo spagnuolo; se la vostra vita non fosse stata più preziosa della mia, il perder la mia sarebbe stato ben picciolo danno. Voi però faceste degli sforzi per salvarvi, gli fece osservare Melmoth. Fu per un naturale istinto, gli rispose con gravità lo spagnuolo. Ma voi ne ne faceste altrettanti per me, soggiunse Melmoth. Fu un istinto ancor questo, replicò lo spagnuolo; quindi riassumendo la sua grave urbanità aggiunse: farei meglio ad attribuir ciò all’influenza del mio buon genio. Io son forestiero in questo paese, e sarei stato molto infelice se non avessi trovato un asilo sotto il vostro tetto.
Melmoth credette di accorgersi che lo spagnuolo parlava con difficoltà ed egli dopo alcuni istanti confessò di fatti che quantunque non fosse ferito, aveva sostenuta tanta fatica, aveva riportate tante contusioni, che aveva quasi perduto l’uso dei sensi, ed a mala pena poteva respirare. Dopo aver terminata la relazione di tutto ciò che soffrì durante il naufragio, e per tutto il tempo che si sforzò di guadagnare la riva, esclamò in ispagnuolo: oh! mio Dio! perchè si è salvato Giona, mentre si è perduto l’equipaggio?
Melmoth credendo che egli volesse eseguire qualche esercizio di pietà, voleva ritirarsi, ma lo spagnuolo lo rattenne dicendogli: signore, ho inteso dire, che il vostro nome.... Qui fece un poco di pausa e fremette; quindi con uno sforzo, che sembava una convulsione, pronunciò il nome di Melmoth. — Il mio nome è diffatti Melmoth. — Avete avuto un antenato di un’epoca molto arretrata, del quale forse non vi rimane più nissuna tradizione? — .....
Qui lo spagnuolo coprissi il volto con ambedue le mani, e mandò un lungo gemito. Melmoth lo ascoltava con una curiosità mista di spavento. Forse, continuò quindi, se voleste proseguire, sarei in istato di rispondervi. Continuate dunque, signore. Avete voi avuto, soggiunse lo spagnuolo parlando rapidamente, benchè con molto sforzo, un parente che visitò la Spagna or sono certo quarant’anni? — Credo... sì.... mi pare d’averne avuto uno. — Ciò mi basta signore; lasciatemi.... dimani forse... lasciatemi di grazia per quest’oggi.
Mi è impossibile abbandonarvi per ora, disse Melmoth ritenendolo fra le sue braccia, veggendo ch’egli andava a cadere per terra. Egli non era già insensibile, perchè i suoi occhi si muovevano con una espressione terribile, e si sforzava di parlare; eglino erano soli. Melmoth non osando abbandonarlo e volendo aprirgli il farsetto per facilitargli la respirazione, gli trovò sul petto una piccola miniatura. Toccato che ebbe Melmoth il ritratto, lo straniero ritornò in se come in forza di un incantesimo; lo afferrò con una mano fredda come la morte, e mormorò con una voce rauca, ma commovente: che avete voi fatto? Cercò il nastro al quale il ritratto era appeso, e quando si fu tranquillato intorno al suo tesoro, si rivolse verso Melmoth e gli disse con una fermezza spaventevole: Voi dunque sapete tutto! Non so nulla, rispose Melmoth balbettando.
Lo spagnuolo si rialzò, e sciogliendosi dalle braccia di Melmoth che lo sorreggeva, si approssimò vivamente, ma barcollando, al lume, e contemplò il ritratto che teneva stretto in mano: era quello dell’uomo straordinario. Quantunque un poco grossolanamente dipinto vi si riscontrava il pennello d’un amatore; ma la somiglianza era di una fedeltà sorprendente. Il vostro antenato, disse quindi lo spagnuolo, era egli... l’originale di questo ritratto?... Siete voi uno de’ suoi discendenti?... Siete voi il depositario di questo terribile segreto, che.... Egli ricadde di nuovo sul pavimento agitato da terribili convulsioni, e Melmoth che nello stato di debolezza, in cui era egli medesimo, non era in grado di sopportare una simile scena, fu ricondotto nel suo appartamento.
Non rivide il suo ospite che dopo parecchi giorni; lo trovò in uno stato maggiore di calma, e conservò la sua tranquillità fino a tanto che non si rammemorò di dovere a Melmoth qualche scusa della singolare emozione, ch’egli aveva provata nella prima loro confabulazione. Cominciò esitando... si arrestò, e sembrava che indarno cercasse di metter dell’ordine nelle sue idee, o piuttosto nel suo linguaggio, ma si scorgeva chiaramente, che gli sforzi che faceva ad altro non servivano che a rinnovellare in lui l’emozione, onde Melmoth giudicò opportuno di cambiare l’argomento della loro conversazione. Ma quello che scelse fu il più infelice, che potesse immaginare: gli dimandò il motivo del suo viaggio in Irlanda; dopo una lunga pausa lo spagnuolo gli disse:
Prima di avervi conosciuto io era di opinione, che non esistesse un mortale, che avesse tanto potere da costringermi a svelare ciò che io gelosamente teneva rinserrato dentro il mio cuore; io reputava tanto impossibile il comunicarlo ad altrui, quanto malagevole a credere. Sembravami d’esser solo sulla terra, e di più senza speranza e senza consolazione dalla parte de’ miei simili. Ella è cosa strana, che il caso mi abbia balestrato presso l’unico individuo, dal quale per me si possa l’una e l’altra attendere, e che sarà in grado forse di facilitarmi lo sviluppo delle circostanze, che mi hanno in una tanto stravagante situazione collocato.
Cotesto esordio, con una solenne gravità pronunziato, fece molto effetto sullo spirito di Melmoth; si assise e si preparò ad ascoltare. Già lo spagnuolo aveva incominciato a parlare, quando, dopo una breve esitazione, si tolse dal collo il ritratto, e gettatolo per terra, se lo pose sotto i piedi calpestandolo e lacerandolo con una vivacità affatto meridionale; quindi gridò: Demonio! demonio! tu mi strangoli! Finita che fu l’operazione aggiunse: al presente sono più tranquillo.
La camera nella quale essi si trovavano era bassa e mal mobiliata; la serata era procellosa, ed il vento passava sibilando per le porte e per le finestre. Per tutto il tempo della lunga pausa, che fece lo spagnuolo prima di cominciare la sua narrazione, Melmoth si sentì profondamente agitato; il cuore gli batteva; si alzò e volle con un segno di mano impedirgli di parlare. Lo straniero invece riguardando cotesto segno come un effetto della di lui impazienza di ascoltarlo, prese la parola ne’ seguenti termini.