Malmantile racquistato/Undecimo cantare
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UNDECIMO CANTARE.
ARGOMENTO.
Cangia le danze in rissa un accidente
Fuggonsi Bertinella e Martinazza.
Vien fuor Biancone, e fa morir gran gente;
Ma gli orbi a lui fan poi sentir la mazza.
Da Celidora e da Baldon possente
Mezza destrutta è quella trista razza:
Tagliansi a pezzi in quelle squadre e in queste,
E così in Malmantil fansi le feste
1.
Chi mi darà la voce e le parole,
Bastanti a dir la guerra indiavolata
Ond’oggimai darà le barbe al Sole1
Bertinella con tutta la sua armata?
Che al ciel gagliarde2 alzando e capriole,
Farà verso Volterra3 la calata;
E se d’amor cantò con cetra in mano,
Dirà col ferro il vespro siciliano.
2.
Qui ci vorria chi scortica l’agnello,
O se al mondo è persona più inumana,
A descriver la strage ed il flagello
Che seguir si vedrà di carne umana;
Ch’io già mi sento, mentre ne favello,
Il tremito venir della quartana;
E n’ho sì gran terror, ch’io vi confesso
Che mai più de’ miei dì sarò quel desso.
3.
Sbandiva il gallo apportator del giorno
La notte nera più d’un calabrone,
E il suo buio e quant’ombre ell’ha dintorno
D’ogni e qualunque grado e condizione,
Acciò sicuri omai faccian ritorno
Gli uccei cantando il lor falso bordone4
Incontr’al Sol; che in questa parte e in quella
Fa pel lor gozzo nascer le granella;
4.
Quand’infra dame e cavalieri erranti
Ch’al trescone in palazzo erano intenti,
Comparsi un dietro all’altro i duellanti,
Armati tutti due come sergenti,
Si sballò5 il ballo, andâr da canto i canti,
E le chitarre e i musici strumenti
A’ propri sonatori e a’ ballerini
Divenner6 tante cuffie e berrettini.
5.
Perchè ciascun che quivi si ritrova
Vedendo entrar quell’armi colà drento
Subito disse: qui gatta ci cova:
Questa è trama di qualche tradimento.
Si fa però bisbiglio, e si rinnova
L’odio fra le fazion già quasi spento,
Che tirando a’ rispetti giù la buffa7,
Ruppe la tregua e rappiccò la zuffa.
6.
Baldone mette man da buon soldato,
E nimico ritorna a Bertinella;
Alla quale in quel punto cascò il fiato,
Il fegato, la milza e le budella,
Vedendo, quando men l’avria pensato,
Uscire i pesci fuor della padella8,
Mentre la fa venir Marte vigliacco
Col suo Baldone alle peggio del sacco9.
7.
Ma perch’un certo vento non le gusta
Che fan le spade e ognor per l’aria fischia,
E già vedendo che la morte aggiusta
Chi più vuol far del bravo e più s’arrischia,
Bel bello svigna, e vanne alla rifrusta
D’un luogo da salvarsi da tal mischia:
Mischia che non le par di poter credere;
Perciò sospira e non si può discredere10.
8.
Mentre se alcun l’osserva ella pon mente
Per cansarsi e non esser appostata,
Ecco in un tratto vedesi presente
Martinazza la sua confederata,
Che poco dianzi anch’ella similmente
Di man di Calagrillo è scapolata;
E seco vanne in luoghi occulti e scuri
A fare incanti e i soliti scongiuri.
9.
Ne’ quali aiuto ella chiede a Plutone
Ed ei comparso quivi in uno istante,
Dice c’ha fatto a lor riquisizione
Già spedire un lacchè per un gigante:
Qual è quel famosissimo Biancone11,
Che col battaglio, ch’era di Morgante12,
Verrà quivi tra poco ìn lor soccorso
A dar picchiate c’hanno a pelar l’orso.
10.
Ed eccolo, soggiunse, oh ve’ battaglio!
Io ti so dir che al primo ch’egli accoppa,
Tutta l’armata a irsene13 in sbaraglio,
Che la barba pensò farvi di stoppa14;
E s’avvedrà ch’al fin pisciò nel vaglio,
E che pigliar un regno non è loppa;
Così scaciata15 abbasserà la cresta
In veder che de’ suoi non campa testa.
11.
Qui tacque il diavol, perch’è fatto roco;
E perchè l’aria al capo gli è maligna16,
Essendo avvezzo a star sempre nel foco,
Volta alle donne il dietro a casa e svigna,
E lasciavi il gigante nel suo loco;
Che dovendo a Baldon grattar la tigna,
Sull’uscio del salon già pervenuto,
Alzò il battaglio, e questo fu il saluto.
12.
Sei braccia era il battaglio alto e di passo17,
E n’infragneva almen diciotto o venti;
Ma dando su nel palco, mandò a basso
Una trave intarlata e tre correnti:
E fece tal frastuono e tal fracasso,
Che sbalordì a un tratto i combattenti;
E per paura, a chi non fu percosso
Non rimase in quel punto sangue addosso.
13.
Ed infra gli altri Piaccianteo, il quale
S’era schermito bene insino allora,
Vedendo un fantoccion sì badiale
Dopo il terror di tante spade fuora,
Di quel detto farebbe capitale:
«Che un bel fuggir salva la vita ancora;»
Ma perchè in qua e in là v’è mal riscontro,
Vede aver viso di sentenza contro.
14.
Poichè non sa trovar modo nè via
Per nessun verso da scampar la guerra,
E ch’egli è forza, che chi v’è vi stia,
Fintosi morto, gettasi giù in terra;
E ritrovando la bottiglieria,
Apre l’armadio e dentro vi si serra,
Con pensiero di starvi sempre occulto
Finchè si quieti così gran tumulto.
15.
Col battaglio, di nuovo, agile e presto
Tira il gigante e dà nella lumiera;
La qual cadendo fece del suo resto18,
Perchè si spense, e roppe ciò che v’era;
Or s’egli è in bestia dicavelo questo,
Mentre ch’ei dà ne’ lumi19 in tal maniera
E dice che ’l demonio lo staffila,
Poichè gli fa fallir due colpi in fila.
16.
E giacch’egli non può per quella stanza
Armeggiar col battaglio a suo talento,
Perocchè il luogo non ha gran distanza,
Cagion ch’ei trova sempre impedimento,
Lascialo andar, avendo più fidanza
Nelle sue man che in simile strumento
E piglia quella ciurma abbietta e sbricia20
A manate, com’anici in camicia21.
17.
Così tutto arrabbiato come un cane
Piglia un pel collo e scaglialo nel muro,
Di sorta, che disfatto ei ne rimane,
Com’un ficaccio piattolo maturo,
Talchè ’l meschin non mangera più pane
Perciò gli amici suoi a’ quai par duro,
Nè voglion che il ribaldo se ne vanti,
Gli andaron alla vita tutti quanti.
18.
Paion costoro un branco di galletti,
Quando la state a tempo di ricolta,
Intorno a qualche bica uniti e stretti
ognun di loro a bezzicar s’affolta.
Però il gigante fa certi scambietti,
Che te ne svisa quattro o sei per volta;
Infastidito alfin da quel baccano,
Si china ed aggavignane un per mano.
19.
E come la mia serva quand’in fretta
Dee fare il pesce d’uovo22, e che si caccia
Tra man due uova, e insieme le picchietta
Sicchè in un tempo tutte due le schiaccia;
Ei, che dall’ira è spinto alla vendetta,
Sostien quei due, e s’apre nelle braccia,
Poi ciacche! batte insieme quello e questo,
Sicchè e’ diventan più che pollo pesto.
20.
Allor Bieco non ha più sofferenza,
E giura che di questo il bacchillone23
Non andrà al prete per la penitenza,
Perch’ei vuol ch’e’ la faccia col bastone;
E i suoi, che di tal’arme han la licenza,
Gliene daran d’una santa ragìone.
Così guida i suoi ciechi ov’è il colosso,
Acciò gli caccin le mosche da dosso.
21.
Eglino tutti quivi fermi a tiro
Presso a Biancone, a un fischio co’ bastoni
Senza tramezzo alcun, senza respiro,
Ne diedero un carpiccio di quei buoni.
Ed egli con un piede alzato in giro
Fa lor sentir s’egli ha sodi i talloni;
E mentre questo passa e quel rientra,
Con quel pedino te gli chiappa e sventra.
22.
Quand’ecco il vecchio Paolino il cieco24,
Il qual fa più canzon che il Testi o ’l Ciampoli,
E, perch’egli è bizzarro, avendo seco
Condotti, com’ei suole, un par di trampoli,
Ov’è salito a petizion di Bieco,
Va col mantel ch’egli ha di cento scampoli
Tastando ov’è il gigante, e all’improvviso
Per dalle schiene gl’imbacucca il viso.
23.
Ei con Macone allor si scandolezza,
E dice: oh traditor, che cosa è questa?
Che temi, ch’e’ mi porti via la brezza,
Che tu m’hai posto il pappafico in testa?
Ma porco! oibò! questo cenciaccio allezza25
E sa di refe26 azzurro ch’egli appesta;
Io vo’ pagarti colla tua moneta,
E darti anch’io l’incenso colle peta.
24.
Fatto legare intanto avea Perlone
La trave dal gigante rovinata.
Al canapo ancor quivi ciondolone,
Che la lumiera già tenea legata;
Ed a foggia d’arïete o montone
Tiranla addietro e dannole l’andata
Verso quel torrïon, che si distese
Col sì27 più volte in bocca del Franzese.
25.
Or è quando, perch’egli sbalordito
E tutto intenebrato in terra giace,
i ciechi più che mai fanno pulito28,
Ed egli se la piglia in santa pace:
E fra le mazze29 involto a quel partito,
Un sacco divenuto par di brace;
E ben quel panno al viso gli è dovuto,
Dovendosi il cappuccio a un battuto30.
26.
Mentre gli rompon l’ossa e poi gli fanno
Così l’incannucciata31 co’ randelli,
E talor non vedendo ov’essi danno,
Si tamburan fra lor come vitelli32,
Gli altri soldati a gambe se la danno,
Ed ognun dice: alla larga, sgabelli33.
Fugge, e la parte amica e la contraria,
Perchè quivi non è troppo buon’aria.
27.
Ma restin pare a rinfrescarlo gli orbi
Con quell’insalatina di mazzocchi;
Ed ei riposi all’ombra dì quei sorbi34
Che gli grattan la rogna co’ lor nocchi,
Mentre quivi, per far dispetto a’ corbi,
Sotto quel cencio tien coperti gli occhi.
Chè se ognun parte, ed io mi parto ancora,
Per tornare a Baldone e a Celidora.
28.
Che là nel mezzo a’ suoi nemici zomba,
Di modo ch’essi sceman per bollire35;
Chè dove i colpi ella indirizza e piomba,
Te gli manda in un subito a dormire
Che nè meno col suon della sua tromba
Camprïan36 gli farebbe risentire:
E quanto brava, similmente accorta,
A combattere i suoi così conforta:
29.
Su via, figliuoli: sotto, buon piccini;
Facciam di questi furbi un tratto ciccioli37:
Non temete di questi spadaccini
Ch’al cimento non vaglion poi tre piccioli38:
E se in vista vi paion paladini,
Han facce di leoni e cuor di scriccioli39:
E se ’l gridare e il bravar lor v’assorda,
Il can ch’abbaia raro avvien che morda.
30.
In quel ch’ella da ritto e da rovescio,
Così dicendo, va sonando a doppio,
Dà sul viso al Cornacchia un manrovescio
Che un miglio si sentì lontan lo scoppio;
Di modo ch’ei cascò caporovescio,
Pigliando anch’egli un sempiterno alloppio;
Ma il sapor non gustò già de’ buon vini,
Come chi prese40 il suo de’ cartoccini.
31.
Sperante per di là gran colpi tira
Con quell’infornapan della sua pala;
Ne batte in terra, sempre ch’ei la gira,
Otto o dieci sbasiti per la sala;
Talchè ciascuno indietro si ritira
O per fianco schifandolo fa ala;
E chi l’aspetta, come avete inteso,
Ha, come si suol dir, finito il peso41.
32.
Amostante, che vede tal flagello
D’un’arme non usata più in battaglia,
Alza la spada, e quando vede il bello,
Tira un fendente e in mezzo gliela taglia.
Riman brutto Sperante, e per rovello
Il resto che gli avanza all’aria scaglia;
Vola il troncone, e il diavol fa ch’ei caschi
Sulla bottiglieria tra vetri e fiaschi.
33.
Dalle diacciate bombole42 e guastade
Il vino sprigionato bianco e rosso
Fugge per l’asse, e da un fesso cade
Giù dov’è Piaccianteo, e dàgli addosso.
Ei che nel capo ha sempre stocchi e spade,
A quel fresco di subito riscosso,
Pensando sia qualche spada o coltello,
Si lancia fuora, e via, sarpa43, fratello.
34.
Ma il fuggir questa volta non gli vale,
Perch’Alticardo, ch’al passo l’attende,
Il gozzo gli trafora col pugnale
E te lo manda a far le sue faccende;
Così dal gozzo venne ogni suo male,
Per lui fallì, per lui la vita spende;
E vanne al diavol, che di nuovo piantalo
A ustolare44 a mensa appiè di Tantalo.
35.
Era sua camerata un tal Guglielmo
C’ha la labarda45 e i suoi calzoni a strisce;
Un bigonciuolo ha in capo in vece d’elmo,
E tutto il resto armato a stocchefisce46;
Alemanno è costui berneiter scelmo47,
E con quel dir che brava ed atterrisce,
Sbruffi fetenti scaricando e rutti
In un tempo spaventa e ammorba tutti.
36.
Costui, che a quel ghiottone a tutte l’ore
Fu buon compagno a ber la malvagía,
Per non cadere adesso in qualche errore
E fare un torto alla cavalleria48,
Pur anco gli vuol far mentre ch’ei muore,
Con farsi dar due crocchie, compagnia
E non durò molta fatica in questo,
Ch’ei trovò chi spedillo e bene e presto.
37.
Perchè voltando il ferro della cappa49
Verso Alticardo a vendicar l’amico,
Quei gliele50 scansa, e gli entra sotto e ’l chiappa
Colla spada nel mezzo del bellico;
Onde il vin pretto in maggior copia scappa,
Che non mesce in tre dì l’Inferno e il Fico51;
Ma non va mal, perch’ei caduto allotta,
Mentre boccheggia, tutto lo rimbotta.
38.
Gira Sperante peggio d’un mulino,
Perch’arme alcuna in man più non gli resta;
Pur trova un tratto un piè d’un tavolino
E Ciro incontra e gli vuol far la festa;
Ma quei preso52 di quivi un sbaraglino,
Una casa con esso a lui fa in testa;
Perchè passando l’osso oltr’alla pelle,
Nel capo gli raddoppia le girelle.
39.
Ritrasse già Perlone un certo matto,
Ch’aveva il naso da fiutar poponi;
E perch’ei nol pagò mai del ritratto,
Però fa seco adesso agli sgrugnoni53;
E dieglien’un sì forte, che in quell’atto
Gli si stiantò la stringa de’ calzoni,
Che qual tenda54 calando alle calcagna,
Scoprì scena di bosco e di campagna.
40.
Tosello, che in fierezza ad uom non cede,
Riesce adesso qui tutto garbato;
Perch’ei risana un zoppo da un piede,
Ch’ognor su quella parte andò sciancato;
Mentre di taglio un sopramman gli diede
In quel che sano avea dall’altro lato,
Che pareggiollo; ond’ei fu poi di quei
Che dicon: qui è mio55, e qua vorrei.
41.
Grazian di sangue in terra ha fatto un bagno,
Ond’egli è forza a chi va giù che nuoti:
Affetta un salta56 e un birro col compagno,
E stroppia un tal che fa le gruccie57 a’ boti,
Che vien58 da un trombettier di Carlo Magno
Quando le mosse dar fece a’ tremoti;
Toglie ad un l’asta il qual fa il paladino;
Sebben con essa fu spazzacammino59.
42.
Tutto tinto60 ne va Puccio Lamoni
Stoccheggiando nel mezzo della zuffa;
E in Pippo un tratto dà del Castiglioni
Che mascherato ancor tira di buffa61:
Ed ei che nel sentir quei farfalloni62
Venir piuttosto sentesi la muffa,
Passandolo pel petto banda banda,
A far rider le piattole63 lo manda.
43.
Nanni Russa ha più là pien di ferite
Pericolo che fu scopamestieri;
Fu pallaio, sensale, attor di lite,
Stette bargello ed abbacò di zeri:
Prese l’appalto alfin dell’acquavite,
Ma con essa svaniro i suoi pensieri,
Non più il vino stillando ma il cervello,
Per mettervi64 poi il mosto e l’acquerello.
44.
Con Dorïano il Furba ecco alle mani,
Di ferro da stradieri impugna un fuso;
E l’altro una paletta da caldani,
E con essa a lui cerca e sbracia il muso;
Ma perchè quei le65 scuote come i cani,
Gli scarica il suo solito archibuso
Ch’egli ha a’ monnini66, e vanne un sì terribile
Che lo flagella e mandalo in visibile67.
45.
Maso di Coccia avria colla squarcina68
Fatto d’ognun polpette e cervellata,
Se a tanto mal non fea la medicina
Col dar sul grifo a lui Salvo Rosata,
Che sapendo ch’ei fa la contadina69,
Vuol ch’e’ faccia però la tombolata;
Ch’essendo presso all’uscio della sala
Lo spinge fuori a tombolar la scala.
46.
Palamidone intanto colla mano
In tasca a Belmasotto andava in volta70,
Per tirarne la borsa in su pian piano
Per carità che non gli fosse tolta;
Ma il buon pensier ch’egli ha riesce vano,
Perch’egli col pugnal se gli rivolta
E fa per caritade anch’ei che muoia,
Acciò la vita non gli tolga il boia.
47.
Quasi di viver Batistone stufo,
Egeno affronta con un punteruolo;
E perchè quei l’uccella71 come un gufo,
Salta ch’ei pare un galletto marzuolo.
E tanto fa, ch’Egeno il mal tartufo
Manda72 con un buffetto a far querciuolo;
E poi lo piglia, e in tasca se l’impiatta
Per darlo per un topo a una gatta.
48.
Romolo infilza per lo mezzo al busto
Sgaruglia, che in un canto era fuggiasco,
Ed ei ne muor con molto suo disgusto,
Perch’egli aveva a essere73 a un fiasco.
Tira in un tempo stesso a un bell’imbusto,
E passagli un vestito di dommasco;
E quei gli duol74, chè ’l rinnovò quell’anno,
E se e’ si muor, vuol che gli paghi il danno.
49.
L’armi Papirio ad un Fiandron75 guadagna
Che fa il Tagliacantoni e lo Smillanta:
Ma se a parole egli è Spaccamontagna,
All’ergo poi riesce Spadasanta:
Perch’ei76, fattegli al ciel dar le calcagna,
Non una volta dice ma cinquanta:
Sta’ su, chè in terra i pari miei non danno77;
Ed ei risponde: s’io sto su, mio danno!
50.
Da Enrico il Mula e l’oste degli Allori
Son mandati per sempre a far un sonno;
Miccio e ’l Baggina da Strazzildo Nori
Sono inviati dove andò il lor nonno;
E nelle parti giù posterïori
Panfilo aggiusta Meo che vende il tonno;
Talchè se allor putiva, or chi s’accosta
Sente che raddoppiata egli ha la posta.
51.
In abito Scarnecchia da Coviello
Tinta ha di brace l’una e l’altra guancia,
E per sua spada sfodera un fuscello
C’ha ’l pome d’una bella melarancia;
Rivolto con quest’armi a Sardonello,
Ferma! gli dice: guárdati la pancia!
Ed ei risponde: questo è pensier mio;
E dàgli un colpo e te lo manda a Scio78.
52.
Gustavo Falbi con un soprammano
Di netto il capo smoccola a Santella,
Scaramuccia si muor sotto Eravano,
Ch’ammazza anche Gaban da Berzighella;
E sventra quel birbon dell’Ortolano
Che fa il minchion per non pagar gabella;
Ma colto poi vi resta ad ogni modo,
Mentre adesso gli va la vita in frodo.
53.
Armato a privilegi omai Rosaccio79
Marte sguaina80 e Venere influente;
Ma presto Sardonello sul mostaccio
Gli fece colla spada un ascendente,
Che piove al collo e privalo d’un braccio:
Ond’ei in quel punto andando all’occidente,
Vede le stelle e l’una e l’altra sfera,
Nel viso eclissa e dice: buona sera.
54.
Mein per fianco sentesi percosso
Dallo stidion del cucinier Melicche:
Parasitaccio, porco grande e grosso,
Perchè il ghiotto si fa di buone micche81.
Si rivolta Meino, e dà al colosso
Nella gola che ha piena di pasticche;
Talchè morendo dolcemente il guitto:
Addio cucina, dice, ch’io ho fritto.
55.
Già per la stanza il sangue era a tal segno
Ch’andar vi si potea co’ navicelli;
Istrïon Vespi82, tutto furia e sdegno
Rinvolto ha quivi il povero Masselli;
E col coltel da Pedrolin di legno
Su pel capo gli squotola83 i capelli,
Acciò, trattane poi la lisca84 e il loto,
Più bella faccian la conocchia a Cloto85.
56.
Il Gatti e Paol Corbi inveleniti,
Quasi villan che i tronchi ed i rampolli
Taglin di Marzo a’ frutti ed alle viti,
Potan da’ busti braccia, gambe e colli;
A tal ch’ai paesani sbigottiti
E dal disagio sconquassati e frolli,
Oltre che a pochi il numero è ridotto,
Cominciaron le gambe a tremar sotto.
Note
- ↑ St. 1 Dar le barbe al Sole. La pianta morta che si svelle, mette le radici al sole.
- ↑ Gagliarda e Calata. Specie di danze.
- ↑ Volterra (sotterra) città di Toscana.
- ↑ St. 3 Falso bordone. Modulazione continuata di più voci, che si fa col porre più sillabe sulla stessa corda. (Biscioni.)
- ↑ St. 4 Sballare. Disfar le balle: ma qui, cessar di ballare.
- ↑ Divennero ecc. Perchè battuti loro sul capo, si sfondarono e ve lo lasciarono entrar dentro.
- ↑ St. 5. Che tirando giù. Il quale odio abbassando la visiera ai riguardi ecc.
- ↑ St. 6. Uscire i pesci. ecc. Perder quel che s’era acquistato, e su cui si faceva assegnamento.
- ↑ Le peggio.ecc. Estrema rottura, fino a dare il sacco.
- ↑ St. 7. Discredersi. Capacitarsi.
- ↑ St. 9. Biancone è chiamata in Firenze la statua colossale di Nettuno che è nel mezzo della fontana di Piazza della Signoria.
- ↑ Morgante era un gigante che, come il Pulci favoleggia, non adoprava altr’arme che un gran battaglio di campana.
- ↑ St. 10. A irsene. Forse deve leggersi, ha a irsene; ma ne riesce un brutto verso. Forse si sottintende comincerà. Altri leggono, andrassene.
- ↑ Far la barba di stoppa e poi appiccarvi il fuoco. Fare un brutto tiro.
- ↑ Scaciata. Delusa.
- ↑ St. 11. Ma perchè da nessuna parte vi è modo, conosce che l’affare non è per seguire come ei vorrebbe.
- ↑ St. 12. E di passo. Alto sei braccia e più; sei braccia e passa.
- ↑ St. 13. Far del resto. Finire, cessar di essere.
- ↑ Dar ne' lumi. Dar nelle furie.
- ↑ St. 16. Sbricia. Vilissima.
- ↑ In camicia. Anici coperti con una camicia di zucchero.
- ↑ St. 19. Pesce d'uovo. Frittata a cui si dà forma di pesce.
- ↑ St. 20. Bacchillone. Baloccone.
- ↑ St. 22. Paolino il cieco. Compositore e venditore di canzonette.
- ↑ St. 23. Allezzare vien da lezzo.
- ↑ Sa di refe ecc. Per tingere in azzurro adoperavano materie che lasciavan gran fetore nella roba tinta.
- ↑ St. 24. Col sì ecc. Gridando più volto in suono di dolore Hui.
- ↑ St. 25. Fanno pulito. Fan di buono, quasi brunissero co’ bastoni.
- ↑ Le mazze. I sacchi di brace o carbone, perchè meglio si reggano e meglio si adattino a’ basti de’ giumenti, sono per di fuori armati di mazze o bastoncelli.
- ↑ Battuto. Socio di confraternita, detto così dal battersi colla disciplina.
- ↑ St. 26. L'incannucciata si fa o si faceva dai cerusici nel fasciare le fratture.
- ↑ Come si fa a’ vitelli, prima di scuoiarli.
- ↑ Alla larga sgabelli. Fate largo; detto forse dallo sbarazzare di sgabelli e altri impedimenti la stanza ove si è desinato.
- ↑ St. 27. Sorbi, Bastoni di sorbo, nodosi.
- ↑ St. 28. Sceman per bollire, fu la risposta che diede un cuoco al padrone che gli domandava come fossero tanto poche le molte merle ch’e’ gli avea date a cuocere.
- ↑ Campriano. V’è una Storia di Campriano, astuto contadino, di cui, fra le altre frottole, si racconta che aveva una tromba colla quale resuscitava i morti.
- ↑ St. 29. Ciccioli. Lardinzi, larderelli di maiale.
- ↑ Picciolo. La quarta parte del quattrino.
- ↑ Scricciolo. Uccello piccolissimo.
- ↑ St. 30. Come chi prese. ecc. Vedi c. I, 75.
- ↑ St. 31. Finito il peso. Il cómpito, la vita; dal lavoro di lana o altro, che si dà a fare, e che pesa quel tanto.
- ↑ St. 33. Bombole. Vedi c. VIII, 44.
- ↑ Sarpa. Salpa, se ne va. L’aggiunta della voce fratello è posta per enfasi, e quasi per un giuro. (Minucci.)
- ↑ St. 34. Ustolare. Si dice propriamente de’ cani che mangian quasi le vivande cogli occhi. È noto come Tantalo fu condannato anch’egli a ustolar sempre in inferno.
- ↑ St. 35. Labarda. Intende il Ferraiuolo o cappa. Vedi c. IX, 48.
- ↑ St. 35. Stocchefisce. Pesce salato. Vuol dire che costui era .
- ↑ ingordo e sudicio — Berneiter scelmo. Briccone, scellerato.
- ↑ St. 36. Cavalleria. Grado di cavaliere.
- ↑ St. 37. Cappa, qui, per converso, è preso in senso di alabarda. Vedi sopra 35.
- ↑ Gliele, Come oggi gliene in Firenze, è relativo di nome in qualsiasi genere e numero.
- ↑ L'inferno ecc.: Nomi di due osterie che furono in Firenze.
- ↑ St. 38. Preso ecc. Nel giuoco di sbaraglino Fare una casa, vuol dire Raddoppiar le girelle o rotelline, come nella dama. Girelle poi qui è preso nel senso di Giri di cervello.
- ↑ St. 39. <span class="errata" title="Srugnone">Sgrugnone. Pugno dato nel viso.
- ↑ Tenda. Sipario.
- ↑ St. 40. Qui è mio. ecc. Si dice di quegli sciancati che ad ogni mossa di piede sembrano voler prendere una nuova direzione.
- ↑ St. 41. Salti chiamavansi donzelli dell’Ufizio dell’Onestà, il quale s’occupava di meretrici.
- ↑ Fa le grucce. ecc. Uno scultore dappoco. Vedi c. III, 27; e IV, 17.
- ↑ Che vien ecc. Esprime con questi due versi la presunzione di costui, il quale si credeva un Buonarrotì e si piccava di nobile.
- ↑ Gli spazzacammini portavano già una pertica in ispalla.
- ↑ St. 42. Tutto tinto perchè il Minucci (Puccio Lamoni) fu di faccia bruna.
- ↑ Tira di buffa. Fa il buffone. Le Buffe erano un simile degli aliossi, che son giuoco da fanciulli; onde, il modo può equivalere a Fanciulleggia. Ma Buffa è anche la visiera dell’elmo: e perciò Tirar giù buffa a suona Operare senza riguardo.
- ↑ Farfulloni. Gli spropositi che dice il Castiglioni.
- ↑ Le Piattole. Vermi che stanno negli avelli. (Minucci.)
- ↑ St. 43 Mettervi ecc. Consumarvi tanto le buone che le cattive sustanze. (Minucci.)
- ↑ St. 44. Le. Le percosse.
- ↑ Monnini. Vedi c. I, 44. Dà a questi monnini il potere di uccidere, per la loro scipitaggine e pel fastidio che ingenerano.
- ↑ In visibile o piuttosto in invisibile, cioè tanto lontano da non vederlo piú mai.
- ↑ St. 45. Squarcina. Spada corta e larga.
- ↑ Contadina. Specie di danza.
- ↑ St. 46. In volta. Attorno frugando.
- ↑ St. 47 L’uccella. Lo schernisce come gli uccelli fanno al gufo.
- ↑ Manda ecc. Lo manda a gambe all’aria.
- ↑ St. 48. Aveva a essere ecc. Aveva promesso di trovarsi a bere in comitiva.
- ↑ E quei gli duol. E quei se ne lagna.
- ↑ St. 49. Fiandron. Uomo di Fiandra, Ammazzasette.
- ↑ Ei. Papirio.
- ↑ Non danno colpi.
- ↑ St. 51. Lo manda a Scio. Vedi c. V, 13.
- ↑ St. 53. Rosaccio (Vedi c. III, 63) ciarlatano che mostrava privilegi di principi per accreditare i suoi rimedi.
- ↑ Sguaina. Cava fuori. Il resto dell’ottava è pieno di allusioni equivoche prese dal linguaggio astrologico.
- ↑ St. 54. Micche. Minestre.
- ↑ St. 55. Istrion Vespi. Cognato dell’autore, scrisse piacevoli commedie nelle quali recitava, facendo in ispecie la parte di Pedrolino, servo sciocco, armato di un coltello di legno.
- ↑ Squotolare. Battere il lino.
- ↑ La lisca. La parte legnosa e dura.
- ↑ Cloto è una delle tre Parche.