Lirica (Ariosto)/Canzoni/V. - Giuliano risponde affettuosamente...

V. - Giuliano risponde affettuosamente...

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V. - Giuliano risponde affettuosamente...
Canzoni - IV. - Filiberta di Savoia, sconsolata,... Sonetti
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V

Giuliano risponde affettuosamente alle preghiere di Filiberta, esortandola a prepararsi alle gioie del cielo senza sgomentarsi dell’aspra e pericolosa via che ha da percorrere.

     Anima eletta, che nel mondo folle
e pien d’error, sí saggiamente quelle
candide membra belle
reggi, che ben l’alto disegno adempi
5del Re degli elementi e de le stelle
che sí leggiadramente ornar ti volle,
perch’ogni donna molle
e facile a piegar ne li vizi empi,
potessi aver da te lucidi essempi,
10che, fra regal delizie in verd’etade,
a questo d’ogni mal seculo infetto
giunt’esser può d’un nodo saldo e stretto
con summa castitá summa beltade;
da le sante contrade,
15ove si vien per grazia e per virtute,
il tuo fedel salute
ti manda, il tuo fedel caro consorte,
che ti levò di braccia iniqua morte.


     Iniqua a te, che quel tanto quieto,
20iocondo e, al tuo parer, felice tanto
stato, in travaglio e in pianto
t’ha sotto sopra ed in miseria vòlto;
a me giusta e benigna, se non quanto
l’odirmi il suon di tue querele drieto
25mi potria far men lieto,
s’ad ogni affetto rio non fusse tolto

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salir qui dove è tutto il ben raccolto;
del qual sentendo tu di mille parti
l’una, giá spento il tuo dolor sarebbe
30ch’amando me (come so ch’ami) debbe
il mio piú che ’l tuo gaudio rallegrarti,
tanto piú ch’al ritrarti
salva da le mondane aspre fortune,
sei certa che commune
35l’hai da fruir meco in perpetua gioia,
sciolta da ogni timor che piú si moia.


     Segui pur senza volgerti la via
che tenut’hai sin qui sí drittamente;
ch’al cielo e alle contente
40anime altra non è che meglio torni.
Di me t’incresca, ma non altamente
che, s’io vivessi ancor, t’incresceria
d’una partita mia
che tu avessi a seguir fra pochi giorni;
45e se qualche e qualch’anno anco soggiorni
col tuo mortale a patir caldo e verno,
lo déi stimar per un momento breve
verso quest’altro, che mai non riceve
né termine né fin, vivere eterno.
50Volga Fortuna il perno
alla sua ruota in che i mortali aggira;
tu quel ch’acquisti mira,
da la tua via non declinando i passi;
e quel che a perder hai, se tu la lassi.


     55Non abbia forza il ritrovar di spine,
e di sassi impedito il stretto calle,
di farti dar le spalle
al santo monte per cui al ciel tu poggi,
sí che all’infida e mal sicura valle
60che ti rimane a drieto, il piè decline;

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le piagge e le vicine
ombre soavi d’alberi e di poggi
non t’allentino sí che tu v’alloggi;
ché, se noia e fatica fra li sterpi
65senti al salir la poco trita roccia,
non v’hai da temer altro che ti noccia,
se forse il fragil vel non vi discerpi.
Ma velenosi serpi
per le verde, vermiglie e bianche e azurre
70campagne, per condurre
a crudel morte con insidiosi
morsi, tra’ fiori e l’erba stanno ascosi.


La nera gonna, il mesto oscuro velo,
il letto vedovil, l’esserti priva
75di dolci risi, e schiva
fatta di giochi e d’ogni lieta vista,
non ti spiacciano sí che ancor captiva
vada del mondo, e il fervor torni in gelo,
c’hai di salir al cielo,
80sí che fermar ti veggia pigra e trista;
ché quest’abito inculto ora t’acquista,
con questa noia e questo lieve danno,
tesor che d’aver dubbio che t’involi
tempo, quantunque in tanta fretta voli,
85unqua non hai, né di fortuna inganno.
O misero chi un anno
di falsi gaudi o quattro o sei piú prezza
che l’eterna allegrezza,
vera e stabil, che mai speranza o téma
90o altro affetto non accresce o scema!


     Questo non dico giá perché d’alcuno
freno ai desiri in te bisogno creda,
che da nuova altra teda
so con quanto odio e quanto orror ti scosti;

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95ma dicol perché godo che proceda
come conviensi e come è piú opportuno,
per salir qui, ciascuno
tuo passo, e che tu sappia quanto costi
il meritarci i ricchi premi posti.
100Non godo men ch’all’inefabil pregi,
ch’avrai qua su, veggio ch’in terra ancora
arrogi un ornamento che piú onora
che l’oro e l’ostro e li gemmati fregi;
le pompe e i culti regi,
105sí riverir non ti faranno, come
di costanzia un bel nome,
e fede e castitá, tanto piú caro,
quanto esser suol piú in bella donna raro.


     Questo è piú onor che scender da l’augusta
110stirpe d’antiqui Ottoni, estimar déi;
di ciò piú illustre sei,
che d’esser de’ sublimi, incliti e santi
Filippi nata ed Ami ed Amidei,
che fra l’arme d’Italia e la robusta,
115spesso a’ vicini ingiusta,
feroce Gallia, hanno tant’anni e tanti
tenuto sotto il lor giogo costanti
con li Alobrogi i populi de l’Alpe;
e de’ lor nomi le contrade piene
120dal Nilo al Boristene,
e da l’estreme Idaspe al mar di Calpe.
Di piú gaudio ti palpe
questa tua propria e vera laude il core,
che di veder al fiore
125di lise d’oro e al santo regno assunto
chi di sangue e d’amor t’è sí congiunto.


     Questo sopra ogni lume in te risplende,
se ben quel tempo che sí ratto corse

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tenesti di Namorse
130meco il scettro ducal di lá da’ monti;
se ben tua bella mano il freno torse
al paese gentil ch’Apenin fende,
e l’Alpe e il mar diffende.
Né tanto val ch’a questo pregio monti
135che ’l sacro onor de l’erudite fronti,
quel tósco in terra e in ciel amato Lauro
socer ti fu, le cui mediche fronde
spesso alle piaghe, donde
Italia morí poi, furon ristauro;
140che fece all’Indo e al Mauro
sentir l’odor de’ suoi rami soavi;
onde pendean le chiavi
che tenean chiuso il tempio de le guerre,
che poi fu aperto, e non è piú chi ’l serre.


     145Non poca gloria è che cognata e figlia
il Leon beatissimo ti dica,
che fa l’Asia e l’antica
Babilonia tremar, sempre che rugge;
e che giá l’Afro in l’Etiopia aprica
150 col gregge e con la pallida famiglia
di passar si consiglia;
e forse Arabia e tutto Egitto fugge
verso ove il Nilo al gran cader remugge.
Ma da corone e manti e scettri e seggi,
155per stretta affinitá, luce non hai
da sperar che li rai
e ’l chiaro sol di tua virtú pareggi;
sol perché non vaneggi
drieto al desir, che come serpe annoda,
160ti guadagni la loda
che ’l patre e li avi e’ tuoi maggiori invitti
si guadagnâr con l’arme ai gran conflitti.

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     Quel cortese signor ch’onora e illustra
Bibiena, e inalza in terra e ’n ciel la fama,
165se come, fin che lá giú m’ebbe appresso,
m’amò quanto se stesso
cosí lontano e nudo spirto m’ama;
s’ancora intende e brama
satisfare a’ miei preghi, come suole,
170queste fide parole
a Filiberta mia scrivi o rapporti,
e preghi per mio amor che si conforti.