le piagge e le vicine
ombre soavi d’alberi e di poggi
non t’allentino sí che tu v’alloggi;
ché, se noia e fatica fra li sterpi 65senti al salir la poco trita roccia,
non v’hai da temer altro che ti noccia,
se forse il fragil vel non vi discerpi.
Ma velenosi serpi
per le verde, vermiglie e bianche e azurre 70campagne, per condurre
a crudel morte con insidiosi
morsi, tra’ fiori e l’erba stanno ascosi.
La nera gonna, il mesto oscuro velo,
il letto vedovil, l’esserti priva 75di dolci risi, e schiva
fatta di giochi e d’ogni lieta vista,
non ti spiacciano sí che ancor captiva
vada del mondo, e il fervor torni in gelo,
c’hai di salir al cielo, 80sí che fermar ti veggia pigra e trista;
ché quest’abito inculto ora t’acquista,
con questa noia e questo lieve danno,
tesor che d’aver dubbio che t’involi
tempo, quantunque in tanta fretta voli, 85unqua non hai, né di fortuna inganno.
O misero chi un anno
di falsi gaudi o quattro o sei piú prezza
che l’eterna allegrezza,
vera e stabil, che mai speranza o téma 90o altro affetto non accresce o scema!
Questo non dico giá perché d’alcuno
freno ai desiri in te bisogno creda,
che da nuova altra teda
so con quanto odio e quanto orror ti scosti;