Lezioni sulla Divina Commedia/Dai riassunti delle lezioni tenute a Zurigo nel 1856-57/Il Paradiso/Lezione XIII

Il Paradiso - Lezione XIII

../Lezione XII ../Lezione XIV IncludiIntestazione 30 agosto 2023 75% Da definire

Il Paradiso - Lezione XII Il Paradiso - Lezione XIV
[p. 307 modifica]

Lezione XIII

[Insufficiente concretezza del contenuto scientifico:
immaginazione, non fantasia.]


Ogni poesia suppone una metafisica; il mondo dantesco la contiene in sé nella sua forma diretta di pensiero; vi è la teoria e la pratica l’una accanto all’altra. Non di meno questa metafisica divenuta giá teologia è giá materia non solo dimostrabile, ma visibile; ha innanzi corpi in luogo di pensieri. Cosi per esempio [p. 308 modifica]l’essere è un’astrazione, che nell’esistere apparisce all’immaginazione e può divenire poesia. Il filosofo comincia dall’essere o dall’ente; il popolo ed il poeta comincia dall’esistente o da Dio. Parimente le cose create hanno ciascuna il suo tipo, che esprimono imperfettamente. Il tipo è un’astrazione e si rende poetico dandogli un’esistenza. Gli antichi ne fecero delle divinitá; Platone tanto studiato da Dante ne fece delle intelligenze spirituali; il cristianesimo ne fece l’idea di Dio che risplende in tutto il mondo.

                                         Ciò che non muore e ciò che può morire
Non è se non splendor di quella idea,
Che partorisce amando il nostro sire.
     [Ché quella viva luce che si mea
Dal suo lucente, che non si disuna
Da lui né dall’amor che in lor s’intrea,]
     Per sua bontate il suo raggiare aduna
Quasi specchiato in nove sussistenze,
Eternamente rimanendosi una.
     Quindi discende all’ultime potenze,
Giá d’atto in atto tanto divenendo
Che piá non fa che brevi contingenze.
     

Abbiamo dunque un contenuto scientifico concreto; Dio, immobile motore del tutto, che crea amando; gli astri, mosso ed illuminato ciascuno da un’intelligenza; le idee figlie di Dio esemplari delle cose; la caduta dell’uomo per il peccato di Adamo e la sua redenzione per la passione di Cristo; tutto questo è visibile e poetico. Il poeta perciò può da una parte schivare l’astratto e dall’altra la forma dimostrativa. Vede e narra. Ma se cosí evita de’ difetti non raggiunge ancora la poesia. È come una storia naturale di piante, di minerali ecc. Omero non parla di Giove ma lo fa operare. In Dante tutto questo contenuto è spiegato, non è messo in atto e perciò rimane scientifico. Posta questa condizione impoetica aggiungi la insufficiente concretezza del contenuto, [le] intelligenze spirituali; e vedrai perché la forma non ha potuto penetrarlo; perché sfugge alla fantasia e dá luogo solo all’immaginazione. La fantasia è [p. 309 modifica]creatrice; l’immaginazione è componitrice, ed ha del meccanico, onde tutte le forme dell’immaginazione sono state potute raccogliere da’ retori sotto nomi di tropi e di figure. In questo campo la forma non s’immedesima col pensiero, ma rimane fuori di esso come semplice ornamento, quindi il fondamento de’ tropi e delle figure è una doppia idea, l’una espressa l’altra sottintesa, l’una fuori dell’altra, come si può vedere nella sineddoche, nella metafora, nel paragone, nell’antitesi, nella personificazione ecc. In questa poesia di secondo ordine Dante è eccellente. Le sue intelligenze non sono un prodotto della fantasia, come i suoi demòni,’ e la sua Fortuna; esistono di nome; sono i beati motori, la mente profonda che volge l’astro e gli dá la sua immagine. Se dunque non vi è qui fantasia, vi [è] almeno immaginazione, essendo le sue rappresentazioni scintillanti di immagini e di paragoni. Cosi la natura è paragonata ad un suggello che imprime la sua figura sulla cera né mai compiutamente,

                                    Similemente operando all’artista,
Che ha l’abito dell’arte e man che trema.
     

Al contrario nella creazione degli angioli forma e materia si congiunsero perfettamente uscendo nel medesimo tempo.

                                         Forma e materia congiunte e purette
Uscirò ad atto che non avea fallo,
Come d’arco tricorde tre saette.
     

Dio nell’atto che crea gli angeli è espresso in questo bellissimo verso:

                                    Si aperse in nuovi amor, l’eterno amore.      

La luce gioiosa degli astri è paragonata allo scintillare della pupilla umana:

                                         Per la lieta natura onde deriva
La virtú mista per lo corpo luce
Come letizia per pupilla viva.
     
[p. 310 modifica]

Ecco perché il linguaggio poetico del paradiso è estremamente metafisico, ingegnandosi il poeta di supplire con gli ornamenti all’ariditá del fondo.