Lezioni sulla Divina Commedia/Dai riassunti delle lezioni tenute a Zurigo nel 1856-57/Il Paradiso/Lezione XIV

Il Paradiso - Lezione XIV

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Lezione XIV

[La forma resiste al pensiero, ma penetra il sentimento. Vari esempi.]


Se la forma non penetra nel pensiero, vi penetra almeno il sentimento? Il pensiero nel paradiso non opera solo sull’intelligenza ma anche sul cuore. La scienza è visione di Dio, e la visione di Dio produce l’amore di Dio

                                         .... La sua veduta si profonda
Nel vero in che si queta ogni intelletto.
     Quinci si può veder come si fonda
L’esser beato nell’atto che vede.
Non in quel che ama che poscia seconda.
     
Perciò il ragionamento va a finire nel canto:
                                         Siccome io tacqui, un dolcissimo canto
Risuonò per lo cielo e la mia donna
Dicea cogli altri: — Santo, santo, santo — .

     Finito questo l’alta corte santa
Risuonò per le sfere «un Dio lodiamo»
Nella melode che lá su si canta.
     

Fin qui il sentimento succede al pensiero senza confondersi con esso. Talora lo accompagna come le tre luci, che mentre una parla, le altre due muovono le fiammette:

                                    Pur come batter d’occhi si concorda
Con le parole muover le fiammette.
                                                                      (canto XX)
     
[p. 311 modifica]Gli è come il canto accompagnato dal suono della cetra:
                                         Siccome a buon cantor buon citarista
Fa seguitar lo guizzo della corda.
     

Ma o succeda o coesista col pensiero il sentimento non è ancora uno con lui; di modo che si possono scindere l’uno dall’altro. Al contrario nel discorso dell’aquila sulla insufficienza dell’umano giudizio, che in pelago non vede piú il fondo, il sentimento che in ultimo si manifesta, ha un contenuto strettamente legato col pensiero.

                                         Or tu chi sei che vuoi sedere a scranna
Per giudicar da lungi mille miglia
Con la veduta corta di una spanna?
                                                                      (canto XIX)
La benedetta immagine che l’ali
Movea sospinte da tanti consigli.
     Roteando cantava e dicea: «Quali
Son le mie note a te che non le intendi,
Tale è il giudicio eterno a voi mortali».
     

Questo sentimento celeste si rivela in alcuni pochi tratti, ed in un modo troppo indeterminato. Se non che a quando a quando vi si aggiunge il terreno a dargli maggior varietá e calore. Uno de’ luoghi piú belli è quando il poeta giunto nella costellazione dei Gemini, sotto l’influenza della quale era nato, vede di lá tutto l’universo da lui percorso, e la terra che gli sembra un’aiuola lo fa sorridere di scherno.

                                    L’aiuola che ci fa tanto feroci
.    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .
Col viso ritornai per tutte quante
Le sette sfere e vidi questo globo
Tal ch’io sorrisi del suo vii sembiante.
     

Certo Dante ha lasciato fuggirsi di mano questa magnifica situazione, dove non ha saputo trovare altro raggio di poesia, che quello che gli viene da quel piccolo globo del quale si ride. [p. 312 modifica]

La forma che prende il sentimento terreno è il satirico. La nostra attenzione è riposata, passando dalla considerazione di pensieri astratti alla rappresentazione di cose viventi.

                                         Fede ed innocenzia son reperte
Solo ne’ pargoletti; poi ciascuna
Pria fugge, che le guance sian coperte.
     Tal balbuziendo ancor digiuna.
Che poi divora con la lingua sciolta
Qualunque cibo per qualunque luna;
     E tal balbuziendo ama ed ascolta
La madre sua che con loquela intera
Disia poi di vederla sepolta.
     

Qui però vi è un sentimento contenuto; ci è un fondo satirico non la forma. Al contrario vediamo comparire una vera invettiva mista di caricatura, d’ironia, di sarcasmo nel ritratto che nel canto ventesimonono fa Beatrice de’ predicatori fiorentini. Pure son queste digressioni, non legate necessariamente col soggetto, non immedesimate col ragionamento. Esempio di poesia perfetta, dove sentimento e pensiero concorrono a produrre il medesimo effetto, è il discorso di S. Tommaso citato di sopra, dove il pensiero è esposto per via di esempli, e con vivaci applicazioni alle cose terrene.

                                         Non sien le genti ancor troppo sicure
A giudicar siccome quei che stima
Le biade in campo pria che sien mature.
     Ch’io ho veduto tutto il verno prima
Il prun mostrarsi rigido e feroce,
Poscia portar la rosa in su la cima;
     E legno vidi giá dritto e veloce
Correr lo mar per tutto suo cammino,
Perire al fine all’entrar della foce.
     Non creda monna Berta e ser Martino,
Per vedere un furare, altro offerere
Vedergli dentro al consiglio divino:
     Ché quel può surger e quel può cadere.
     
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Dante non ha potuto però evitare alcuni difetti che fanno risaltare l’ariditá del suo fondo, come la monotonia del dialogo a domande e risposte, la natura troppo speciale delle quistioni, e le barbare formole scolastiche delle quali è stato troppo vago.

                                         Fede è sustanzia di cose sperate
Ed argomento delle non parventi:
E questa pare a me sua quiditate.