Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XXXVI

XXXVI. A Marianna Brighenti - A Roma

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XXXV XXXVII

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XXXVI.

A MARIANNA BRIGHENTI

a Roma

il sabato Santo (1832)

               Mia cara amica,

Non mi piacciono niente quelle tue parole di timore, di diffidenza sul riuscimento che farai nel teatro di costi: tu sei tanto brava! e poi, se ti accadesse ancora quello ch’è successo alla Ungher, alla Boccabadati, a David, come dici, non ti potrebbe mica pregiudicare nella tua riputazione, e tu seguiteresti sempre ad essere quella che è stata ammirata ed applaudita dovunque è andata, e dovunque si è fatta sentire. Fatti dunque coraggio, e non temere: io già lo vedo che tu sei protetta [p. 102 modifica]dal Cielo; ebbene continuerai ad esserla senza dubbio.

La tua cara lettera mi diverti assai, come puoi credere, per i tuoi racconti e per la grazia e lo spirito con cui li fai; se tu mi desideri teco per dividere le sensazioni che le sublimi cose di costi ti fanno provare, figurati cosa ne sarebbe di me in compagnia tua, ed in un paese come codesto ove ogni passo inspira ammirazione ed entusiasmo, ove si vive una nuova vita, secondo quello che tutti dicono.

La sola cosa che debba temersi in Roma è la stanchezza dell’ammirazione, dice Stendhal, ed io lo credo bene; ma per guardarsi da questa stanchezza forse gioverà il calare gli sguardi sul popolo che abita questa Roma per alzarli poì con più coraggio sopra le sue magnificenze.

Hai letto mai Corinna? Sè non l’hai letta, ti sei privata certo di un gran piacere. Quella lettura raddolcirebbe le tue idee sull’unione che vedi costi del sacro col profano: madama di Stael non se ne meraviglia punto, e sotto la sua deliziosa penna tutto prende un aspetto incantevole. Siccome questo è il mio libro favorito (come lo sono tutte le opere di questa celebre donna) così vorrei che fosse anche il tuo, e poi al tuo esaltato spirito deve piacere assai.

Mi farai sempre cosa gratissima se mi darai la continuazione delle tue osservazioni: io non mi avvedo punto che le tue lettere sieno lunghe — anzi esse non lo sono giammai.

Leggendo i giorni scorsi i volumi dell’Antologia di Firenze di due anni a questa parte, vi [p. 103 modifica]ho veduto un nome cui ho voluto bene una volta, per poco tempo, finattanto che tu gli volevi bene; il nome di Mori di Siena. Si vede ch’egli è amante delle belle arti, poichè i suoi articoli riguardano queste esclusivamente. Questo nome mi ha fatto pensare per forza a te, a te cui non penso mai; e mi ha fatto ricordare che questo fu il tuo primo amore1 (o almeno, primo che mi hai confessato) dopo cominciata la tua carriera, e poi penso quanti ne abbiamo cambiati in appresso; ma non rido sai, oh non rido niente; piuttosto piangerei perchè qualcuno di questi ti ha apportato troppa pena. E bisogna che ti dica, o mia diletta, che la prima volta che mi dirai; — sono innamorata — io ne sentirò un dolore vivissimo, perchè di te non mi fido niente. Con quella tua vivace fantasia, con quel tuo cuore ardente, con quella testa simile alla mia, no, non sei capace affatto di giudicare se il tuo amante è degno di te, della tua purissima anima, non sei capace di giudicare qual sorta di dolore ti farà provare quando vedrai ch’egli non è simile a te, quando vedrai ch’egli non ti ha mai compresa. Se si potesse come con una spugna cancellare dalla mente tutto il passato, oh allora meno male: mandato al diavolo il supposto eroe noi resteremmo rannicchiate in noi stesse e tranquille nella purità della nostra coscienza — ma ciò non si può fare: è troppo rapido il passaggio della beatitudine di quello stato, quando ci [p. 104 modifica]credevamo amate da un oggetto che c’incantava al reveil dalla disperazione, e troppe volte questo fatale reveil è più terribile di quello che si pensa... Ma tui hai vicino un uccellino che ha molto giudizio e che, con molta ragione, segue il sistema attuale del giusto mezzo. Fidati in lui, Marianna mia, e non gli nasconder nulla: egli ti ama quanto sè stessa, me lo ha detto tante volte, e parmi che le persone le conosca prima di te, forse perchè giudicherà prima con la testa che col cuore, cosa che non devi tu aver fatto sempre sino ad ora, benchè la tua testa sia buona come la sua. Ed una volta io era un poco inquieta con questo uccellino perchè ti contrariava, e perchè io credeva che il tuo amante fosse affatto simile alla descrizione che io ne avevo. Poi è chiaro che il pennuto augello aveva ragione, e quello che tu mi dici mi fa fremere. Si, ho conosciuto Monaldo Fidanza quando suonava in orchestra nel nostro teatro: ma non ci ho mai parlato. Se tu avessi creduto che io ci avessi fatto qualche altra sorta di conoscenza, t’inganni: e poi, sappi che da suo padre noi compriamo il panno bleu per le livree!

Addio, carissima. Ho scritto a Giacomo come hai voluto, ma non ve n’era bisogno. La Regnoli ti saluta, e saluta tutti i tuoi.

Se hai conosciuto una volta Staccoli di Urbino, è morto. Ho corso il pericolo di esser già vedova, poichè ho corso una volta quello di sposarlo. Andata che sarai in scena, scrivimi, non te ne scordare. Molti Romagnoli sono partiti da Ancona sul vascello il Suffren con 500 francesi. Colà non si poteva più vivere con quella canaglia Che non voleva sentir freno. [p. 105 modifica]

Saluta i tuoi genitori; mentre bacio te e Nina con inesprimibile affetto.

Se ha vezzo per te quello che richiama il concorso di tanti forestieri, avrai veduto le funzioni della Settimana Santa, e sentita la musica del Miserere che la Staèl dice essere celebre in tutta l’Europa.


Sabato Sera. Ricevo la cara tua dei 19, della quale, e della tua si grande amorevolezza la tua Paolina ti ringrazia quanto più affettuosamente può; sebbene tu sii ostinata nel sostenere ch’egli2 si chiama Antonio, ch’è napoletano, ch’è grande, ch’è biondo, essa ti assicura ch’è uscita almeno da una penosa incertezza.



  1. Fra le carte appartenute alle Brighenti, esiste una lettera di codesto Mori all’avv. Pietro, in cui egli chiedeva Marianna in isposa.
  2. V. la lettera precedente.