Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XXIII
Questo testo è completo. |
◄ | XXII | XXIV | ► |
XXIII.
ALLA STESSA
a Fermo
.... Settembre (1831)
Carissima anima!
Per quanto io sia avvezza ai tuoi trionfi, il racconto di essi mi produce sempre una commozione, ch’io non saprei spiegare, e che mi è in vero dolcissima. Il tuo genio, i tuoi talenti, la tua bravura te li assicurano per lungo tempo, ed io sono felice, nel pensare che la mia amica si fa grande onore, e riscuote sommi applausi che devono renderla assai soddisfatta di se stessa, e devono farle passare i giorni molto lietamente e molto attivamente.
Anche questa volta stai bene, chè non hai da combattere alcuna donna: i combattimenti con gli uomini non sono certo tanto violenti. I tuoi pensieri, le tue parole, le tue opere mi fanno sempre maggiormente vedere quanto cara cosa sei: nella tua professione conservarti così pura, così ragionevole, non è un vero miracolo? e non è il più bell’elogio questo che si possa fare alla educazione che hai ricevuta, ma anche di più al tuo cuore? Io appena ho idea di una donna che non sia civetta, e non puoi credere il disprezzo e quasi la rabbia che sento (perchè, e qual ragione abbiamo allora di lamentarci degli uomini?) figurati ora l’ammirazione che mi desta la tua virtù, i tuoi purissimi sentimenti... Ma tu già lo sai cosa sei per me, e cosa sarai sempre, onde lascia ch’io ti baci e ti ribaci, e mutiamo discorso.
Finalmente posso ringraziarti dei dettagli che hai la bontà di darmi intorno a Salvatori per cui, sia detto fra ne e la mia maliziosa amica, la Paolina Leopardi non ha verun interesse.
È vero ch’ella si era già accorta ch’egli è un bell’uomo; che il suo canto essendole piaciuto, poichè non ha ragione di essere tanto difficile, amava di sentire il parere di una persona intendente, il di cui silenzio la piccava assai; è vero che ad una festa di ballo ella non vide che lui, ma ciò era perchè tutti gli altri la annoiavano, è perchè quella era l’ultima sera in cui lo vide — ma tutto questo cosa prova? Io sfido le malignità di chiunque, anche quella di una certa signorina che io conosco, a dire che ciò provi, che io ho dell’interesse per Salvatori. Ed io spero che a quest’ora sarai pentita del tuo sospetto calunnioso, ed ora che avrai letto questa mia giustificazione, mi chiederai perdono umilmente.
E poi sappi che il genio e la bravura in ogni genere, ma singolarmente nel canto, m’inspirano una ammirazione particolare, che io mi sforzo di sostenere anche quando m’accorgo che essa non era provocata che da un’illusione.
Ed io ho creduto sempre che quelli che esprimono cosí bene le passioni nel teatro, fossero capaci, anzi dovessero sentire, e fortemente sentire, tutte le nobili passioni, inclusiva quella dell’amore e però dovessero essere sempre buoni, generosi, sensibili ed essere stimabili e stimati. Ma non pensare che sia questa una giustificazione, — no, perchè io non ho delitto.
Del resto come ti pare che quello che esprime la fisonomia di Salvatori, lo esprimano pure tutte le fisonomie della nostra etá? Io non vedo che un pensiero, che un’idea in qualunque uomo io vedo; e mi pare che questo dovrebbe essere un gran preservativo per noi, che non giungeremo mai ad essere amate per noi stesse. Che ne dice Nina? Io non ti ho fatto mai un complimento per il matrimonio di Mori: e che complimento? Ah! no, di condoglianza: egli ha deposto la speranza troppo presto le mie regole sono più austere. Io volevo molto bene a quest’uomo, una volta... ad un certo racconto, oh! allora egli mi piaceva molto — poi tutto è finito: ma io vorrei che a te non avesse prodotto della pena questo matrimonio, ma non lo credo.
Io non posso credere che tu andrai a Pesaro, chè le feste colà sono a settembre, e tu ci andresti in ottobre. Ma sai che quest’anno fai un gran faticare? e non ti fa punto male il riposare si росо? Se mi è permesso il dirlo, io ti raccomando assai la tua salute, ed il tuo petto che una volta era molto gracile, non è vero?
Ti voglio raccontare un mio sogno. Io sognava, prima della ultima tua lettera, che l’opera a Fermo terminasse prima degli otto di settembre, e speravo che se io ti avessi detto, Marianna mia, fa di trovarti a Loreto il giorno otto, io ti ci avrei trovata; ché in quel giorno noi siamo soliti di andarvi. Vedi che bel sogno, e come mi dilettava! È vero che è morto Tommasini, e che aveva avuto dei disgusti a Parma per gli affari di questa primavera? La moglie (cui io avevo scritto una volta per Giacomo) mi mandò l’anno passato una copia della sua operetta, e mi scrisse molto affettuosamente, e volle ch’io non le dessi più del lei, e che seguissi a scriverle, ma non ci scriviamo più, perchè son io creditrice di risposta, e tutte le lettere sommano a tre, una sua e due mie.
Giacomo sta molto meglio. Ci dice che ha cangiato tenor di vita, che mangia come mangia tutto il mondo, che ha fatto conoscenza con la vedova Bonaparte, ch’egli trova molto amabile1, ma egli ci scrive pochissimo. Hai veduto il nuovo volunetto dei suoi versi stampato e che noi non abbiamo ancora potuto vedere?
Marianna mia, ti è venuta la fantasia di avere il mio ritratto? Hai ragione che non ti posso negare nulla, perchè, se sapessi! Mia madre non fece tempo a sacrificare alle grazie prima di partorirmi; gràvida di 7 mesi cadde dalle scale, ed io mi affrettai tosto di uscire fuori per godere di questo bel mondo, di cui ora mi affretterei di uscire se potessi. Confesso dunque a te, o mia diletta, e a Nina, che P. Leopardi non è grande assai, non è grassa, non ha carnagione bianca, non ha capelli biondi, non ha occhi bianchi, non ha viso lungo, non ha bocca grande, non ha naso lungo anzi il naso, ah! o forse per la fretta di uscir fuori, o perchè mamà aveva cattivi modelli innanzi agli occhi (come dice), il mio naso ha della rassomiglianza con quello di Rosselane a tempo di Solimano secondo. Vedi che con tanti negativi non è cosa troppo gustosa il fare il proprio ritratto; ma tu lo hai voluto; sia fatta la volontà tua! Cara mia, mi vuoi bene? me lo vorrai sempre? ah! le tue parole io le conservo nel fondo del cuore; esse non si cancelleranno mai. Io riguardo la tua amicizia come la cosa più preziosa ch’io m’abbia: assicurati che io ti corrispondo con la più viva tenerezza, e con un entusiasmo sentito al maggior grado. Salutami i tuoi genitori, abbracciami Nina, ed io ti bacio, amor mio, con tutto il cuore. Mi è stato molto grato il ricevere il tuo libretto te ne ringrazio assai.