Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/LXVIII
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LXVIII.
ALLA STESSA
a Madrid
1 luglio (1837)
Piangendo e delirando pel dolore vengo a gittarmi tra le tue braccia: o Marianna mia, vengo ad esser a parte del dolor tuo, di quello di tutti voi, miei cari amici, ora che una disgrazia orribile ne ha colpito.
Certo, io non trovo parole da esprimere il mio dolore, nè la mano può scrivere il nome di quella cara persona che abbiamo perduto, di quell’angelo che non è più in questa terra, del nostro Giacomo!
Oh Marianna mia, cosa è mai questa vita! di quanta angoscia è capace il cuore umano senza che cagioni la morte! — Almeno si morisse di dolore! andavamo dicendo noi nel ricevere quella desolante notizia — la quale poi ci venne mentre noi eravamo oggetto a tutti di compasione, e nella nostra casa succedevano scene di lutto, di desolazione ineffabile per una terribile disgrazia da cui venivamo minacciati, e dalla quale la misericordia infinita di Dio ci ha poi liberati — allora si empi il paese di tal notizia, e tutti rifuggivano dal darcela, anche chi era espressamente incaricato: finalmente il povero papà se la lesse egli stesso giuntagli per la posta. Oh piangiamo insieme, amici miei, piangiamo insieme, che abbiamo perduto tutti il nostro fratello, il nostro amico; nè lo rivedremo più in questo mondo dopo tanta speranza, dopo tanto desiderio. Io ne metteva da parte da lungo tempo tante cose a dirgli, tante altre da dimandargli, io che pensava sempre a quel primo momento in cui lo avrei riveduto, e alla dolcissima emozione che ne avrei provata, io che son rimasta quasi sola, perchè quella era l’unica mia compagnia ch’io avessi ad ogni ora, ad ogni istante — ah soltanto Iddio può vedere la misura della desolazione in cui sono, ed egli solo può consolarla richiamandomi a lui, ove anelo incessantemente.
Ed il povero Ranieri, oh se lo sentiste! Iddio voglia conservarlo in mezzo a tanta strage che il cholera fa a Napoli; ma noi tremiamo che soccomba a tanto suo dolore e a tanta fierezza di male.
Già ha promesso di scriverci, e non scrive, ah, poveri noi! La notte del 15 Giugno « quell’angelo, il quale Iddio ha chiamato alla sua eterna pace, ha fatto la più dolce, la più santa, la più serena e tranquilla morte» così scrive Ranieri. Dacchè si è parlato di cholera a Napoli noi non abbiamo avuto più calma, e sempre quell’orrido pensiero ci tormentava e ci toglieva la pace — eppure non è morto di cholera, ma d’idropisia di petto «Iddio ha conceduto a tanto mio affetto; dice Ranieri, a tante mie lagrime, a tanta santità di amicizia, il ritrovare un modo di salvarne il corpo di quel grande uomo dall’esser confuso con tutti i morti di cholera e portato nel Campo Santo. Ma vincendo mille pericoli e mille ostacoli è stato portato nella chiesa di S. Vitale di là della Grotta di Pozzuoli, non lungi dai sepolcri di Virgiglio e di Sannazzaro ». Ma chi ci ridarà la pace, Marianna mia, chi potrà guarire questa piaga orribile poveri noi! ogni riso è finito, non vi è più giocondità, non allegria, la mano del Signore si è aggravata sopra di noi e noi non possiamo morire!
Perdonami, o mia diletta, tanto dolore, tanta desolazione, perdona alla tua amica se da lungo tempo non ti ha scritto ma era tanto afflitta e malinconica che non voleva affliggere anche te coi suoi lamenti ed ora son venuta a piangere teco, a confondere le nostre lagrime, a chiederti preghiere e suffragi per quella cara anima cui speriamo tutti di rivedere un giorno in luogo ove non saranno più pianti, ma consolazione eterna. Dammi nuove di te, dei cari tuoi, dei tuoi affari, ah perchè sei così lontana! che pensiero desolante è anche questo per me! Se tu fossi ora a Bologna conosceresti a momenti un mio fratello, l’unico che abbiamo in casa,1 che va un poco a divertirsi, o per dir meglio a divagarsi, andrà a portare i miei saluti alla mamma tua a Modena e a chiederle le tue nuove delle quali sono veramente smaniosa — Marianna mia, se una tenerissima amicizia non unisse le nostre anime, questa sarebbe una lettera molto sciocca, e sarebbe più sciocca cosa ancora il mandarla si da lungi — ma tu non sei mia sorella? — e il caro papà tuo non era il migliore amico di mio fratello? Io bacio adunque la mano di questo amico, e abbraccio piangendo le mie dilette sorelle, cercando consolazione e riposo nel loro seno, nella tenerezza loro.
- ↑ Pier Francesco. Monaldo s’indusse a lasciarloviaggiare perchè guarisse da una forte passione amorosa alla quale il vecchio conte, questa volta con ragione, si opponeva risolutamente. È a codesta passione che allude Paolina in questa lettera stessa quando parla di scene di desolazione e di lutto e d’una grave disgrazia che minacciava la sua casa.