Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/LXIX
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LXIX.
ALLA STESSA
a Madrid
24 agosto (1837)
Marianna mia,
Ho ricevuto la lettera di Nina, e tre giorni dopo la tua, la quale ho posta sul mio cuore, su questo addolorato e ferito cuore cui vorrei stringere tutti voi altri, miei carissimi, benchè piangendo, benchè singhiozzando. Io già sapeva di recare a voi una ferita insanabile con quella crudele mia lettera; io già sapeva che avressimo pianto insieme, e che le nostre lagrime non saranno mai per asciugarsi, e sapeva ancora che non mi avresti detto parole di consolazione, perchè non ve ne sono. Ma la tua carissima mi fece bene, perchè sempre più mi mostrò quanto mai era amato il diletto nostro fratello, quanto immenso desiderio lascia di sè, quanto dolore quante lagrime amarissime eccita la sua perdita. O Marianna mia, io non trovo pace ancora, nè mi pare che mai troverolla; sempre quel pensiero mi è fitto in mente, sempre sempre. Qualche volta mi pare un sogno, mi pare cosa impossibile che dopo aver passato sette anni nella speranza di rivedere in ognuno di essi il mio caro Muccio, non debba vederlo più, mai più a questo mondo! che pensando sempre a lui, vedendo sempre la cara sua immagine, io non possa sentir più la sua voce, non possa nemmeno dargli l’ultimo addio. Oh le mie lagrime scorrono a torrenti, e il mio cuore si spezza dal dolore! Per compiacere a Ranieri ho dovuto ricercare tra le sue carte rimaste a noi; tu non puoi mai figurarti il mio penare. Fra i pianti e gli urli io scorreva quei cari caratteri, poi rimetteva ogni cosa al suo luogo, precisamente com’egli le aveva lasciate, chè mi pareva ch’ei dovesse tornare e voleva che trovasse a suo luogo ogni cosa, avendone lasciate le chiavi a me, e sperando che fosse contento della mia esattezza, poi io mi svegliava e mi dava pugni nella fronte per quell’orribile pensiero che tutto è già finito, e per quell’inganno che per un momento mi aveva trattenuta.
Perchê non ti posso far leggere le lettere di Ranieri, di quel povero Ranieri, che noi amiamo come nostro figlio, come nostro fratello, il quale è rimasto solo, e dice che non può vivere, e che anzi ha un presentimento certo di dover presto morire? Oh quanto mai egli è infelice! Ma almeno egli ha raccolto le sue ultime parole, e le sue sorelle hanno fatto quell’uffizio che doveva far io, io che in quella notte ch’egli parti l’ultima volta da noi lo salutai e l’abbracciai in quell’ultimo momento in cui egli montava in legno dicendogli in pianto: caro Muccio mio a rivederci! poi tornava in camera senza che il cuore mi dicesse ch’io l’aveva veduto per l’ultima volta. E quel non poter baciare nemmeno quel sasso che lo cuopre, quel non poter pregare su quella tomba adorata, come facciamo per quell’altro angelo che abbiamo perduto e piangiamo ogni giorno, ogni momento, oh che desolazione, Marianna mia, che pene di morte! E come mai potrà esservi più pace per noi, e come potremo formare altro desiderio se non che Iddio si degni accoglierci nel santo suo seno, e riunirci a quei cari oggetti che non ci sarà dato di veder più su questa terra? Eran parole di Ranieri quelle stampate sul giornale napolitano (non ricordo quale) e ne promette delle altre, e per questo ha dimandato a noi notizie, e noi piangendo le abbiamo raccolte da un pezzo, e glie le abbiamo mandate, ma è un pezzo che non scrive e quel tremendo cholera ne fa sempre palpitare. Adesso il cholera è in Roma: Iddio ci aiuti!
Se lo scriverci ti è grato, se lo sfogarti con noi ti solleva, scrivici: ecco le tue parole: ora vedi se ho fede in te, se ho fede in voi, miei cari amici, i quali vorrei pure una volta sapere in Italia, e allora, oh allora, se il caso vi porta da queste parti, non in sogno solamente potrò abbracciarvi, e dirvi più che nol può questa fredda carta quanto mai mi siete cari, quanto mai questo ardente mio cuore vi ama.
E se Nina si lamenta di me, e mi chiama cattiva perchè non le dico parola, io dico ch’è cattiva essa e non io, perchè la sua lettera mi recò consolazione grande, perchè io bacio lei assieme con te, o mia diletta, perchè vi stringo tutti al mio seno con tenerezza ineffabile.
Se non ti dicessi parola degli affari tuoi, forse ti sembrerebbe ch’io non pensassi a te, o non mi stessero a cuore. Ma vieni in Italia, o mia cara, vieni tra noi! non vedi che quel clima ardente ti fa male? Io sto in pena per te, per papà, oh vieni, fa che la pazienza ti scappi. Già da un pezzo è scappata a noi che non vediamo mai la fine di cotesta interminabile guerra. Povera Spagna, com’è crudelmente straziata! Tu racconti le cose come le contano i fogli, ma io sono stufa, e lo sarei anche più, se i miei amici non fossero costi, di leggere quelle date di guerra civile. A Dios, mi querida, yo te abrazo con mucha aficion.