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Perchê non ti posso far leggere le lettere di Ranieri, di quel povero Ranieri, che noi amiamo come nostro figlio, come nostro fratello, il quale è rimasto solo, e dice che non può vivere, e che anzi ha un presentimento certo di dover presto morire? Oh quanto mai egli è infelice! Ma almeno egli ha raccolto le sue ultime parole, e le sue sorelle hanno fatto quell’uffizio che doveva far io, io che in quella notte ch’egli parti l’ultima volta da noi lo salutai e l’abbracciai in quell’ultimo momento in cui egli montava in legno dicendogli in pianto: caro Muccio mio a rivederci! poi tornava in camera senza che il cuore mi dicesse ch’io l’aveva veduto per l’ultima volta. E quel non poter baciare nemmeno quel sasso che lo cuopre, quel non poter pregare su quella tomba adorata, come facciamo per quell’altro angelo che abbiamo perduto e piangiamo ogni giorno, ogni momento, oh che desolazione, Marianna mia, che pene di morte! E come mai potrà esservi più pace per noi, e come potremo formare altro desiderio se non che Iddio si degni accoglierci nel santo suo seno, e riunirci a quei cari oggetti che non ci sarà dato di veder più su questa terra? Eran parole di Ranieri quelle stampate sul giornale napolitano (non ricordo quale) e ne promette delle altre, e per questo ha dimandato a noi notizie, e noi piangendo le abbiamo raccolte da un pezzo, e glie le abbiamo mandate, ma è un pezzo che non scrive e quel tremendo cholera ne fa sempre palpitare. Adesso il cholera è in Roma: Iddio ci aiuti!


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