Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/LXX
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LXX.
ALLA STESSA
a Bologna
.... Giugno (1838)
Mia carissima,
Fu la mattina di Pentecoste, passeggiando sotto i viali del nostro giardino, ch’io respirai più liberamente e resi grazie a Dio nel leggere che feci nel giornale di Bologna il vostro arrivo costi. O miei cari, io vi abbraccio tutti con lagrime di gioia e di vera esultanza, io vi stringo tutti al mio cuore, a questo cuore che si doleva tanto della vostra si lunga assenza, e che ora è tanto lieto e si sente tanto felice nel sentire che avete fatto prosperamente un viaggio così lungo e disastroso.
Oggi (mercoledì) ricevo la cara vostra, e mi affretto a risponderti, Marianna mia, per dirti che non ho lasciato mai di amarti, di pensare a te, di dolermi per un si languido commercio epistolare, di far voti per la felicità di voi tutti e pel vostro felice ritorno. Ed ora che il cielo ha esaudito questi miei fervidi desideri, ora che vi sento tutti lieti dell’aver riveduta la mamma e questa nostra Italia, anch’io son lieta ed esco dal mio stato di abituale melanconia e mi sento intorno un certo ben essere non più sentito da gran tempo. Al leggere nella tua lettera ch’eri vicina a non venir più, ch’eri vicina ad andare in America, mi si stringeva il cuore e io voltava tosto la lettera per veder di nuovo la marca del soprascritto, e diceva: Qui pur dice Bologna! e mi tranquillizzava: e mi consolo colla speranza che tu abbi bisogno di riposo, e di molto riposo dopo tante fatiche e tanti viaggi e sentirai il bisogno del dolce far niente degli Italiani. Già m’immagino che ti sarai fatta ricca non di sola fama ma ben anco di denaro, e me ne rallegro con te, e col papà tuo il quale raccoglie ora il frutto di averti fatta tanto buona e tanto brava. Mio fratello ed io non facciamo che regretter la tua assenza da Bologna in quel tempo che egli vi è stato, e vi è stato sette mesi! Eppoi non ha potuto nemmeno conoscere Mama Brighenti, perchè nessuno seppe dirgli a Modena dov’ella si trovasse, e non sapeva ch’era in villa. Ai dieci di marzo ti scrissi a Madrid, vedo che non ti è giunta. Credo che questa sia la prima lettera che si perde tra noi due in otto anni di corrispondenza, e di un’amicizia affettuosissima. In essa io diceva che la famiglia Leopardi aveva l’onore di partecipare alla famiglia Brighenti lo stabilito accasamento di un membro di essa colla contessa Ferretti di Ancona, e ti diceva altre particolarità di questo affare; ed io, che non posso narrarti cose belle di Recanati, come tu di Madrid, mi dilungava su tali particolari, mettendo a prova la tua pazienza, ed invocando ancora la tua indulgenza. E se questa carta non fosse così scellerata, e non ne fossi già al fine, ti direi come ben mi sono avveduta che il racconto ch’io ti feci dei nostri guai l’anno passato, la cui memoria vi fa fremere, non ti piacque punto, cioè non ti piacque il modo con cui riacquistammo questo caro figlio, il qual modo se non era così violento, egli era perduto per sempre, ed a quest’ora era già disperato in compagnia di una miserabile di beni di fortuna e di spirito e di corpo. Ma queste son cose assai difficili a farsi comprendere per lettera senza fare un racconto eterno, solo ti dirò che papà mio è uomo di senno e di coscienza grande, e sa bene come va operato a questo mondo. Ora il più felice di tutti noi è questo caro figlio, il quale in breve sarà consorte di una bella e virtuosa giovane, che reputa fortuna grande l’entrare in casa nostra, stante il lieve numero di scudi che porta. Marianna mia, vedi come abuso di tua bontà, dell’amor tuo. Oh abbracciami, io ne ho gran bisogno. La vita mia è sempre una morte, senza mai morire, e senza avere mai vissuto. Abbraccio la cara Nina, la quale oramai non conosco più. Chiedo al papà tuo anch’io quella benedizione che ogni sera versa sulle dilette sue figlie, e bacio e ribacio con immenso affetto la mia Marianna.
PS. — Oh perdono, perdono per questa infame carta che certo non adoprerò più. La Corradi è più viva? o la febbre gialla se l’ha divorata? Terrò sempre come cosa carissima la piccola carta dei tutto quello che mi fanciulli poveri di Madrid, vien da te, è per me cosa sacra. Il cachet della tua lettera indica che hai valicato i mari, quel cachet mi ha fatto piacere, ed io lo guardo e lo riguardo, e mi par di vedere quel vascello americano ch’io vidi non ha guari in Ancona, e che mi metteva tanta voglia d’andarmene da questo all’altro mondo.