Lettere d'una viaggiatrice/Nella città del sogno/“Au bois„

“Au bois„

../Come si mangia ../“Il Grand Prix„ IncludiIntestazione 11 dicembre 2018 100% Da definire

Nella città del sogno - Come si mangia Nella città del sogno - “Il Grand Prix„
[p. 323 modifica]

“AU BOIS„

[p. 325 modifica]Quando voi udite, nella conversazione, queste due parole fatidiche, au Bois, uscire da tutte le bocche, in un momento qualsiasi del discorso, e ritornare periodicamente, nelle chiacchiere della mattina e della sera; quando in quella tale ora della giornata, girando per le vie, voi osservate che equipaggi padronali, automobili, motocicli, biciclette e fiacres, tutti prendono la medesima direzione, au Bois, da qualunque parte si trovino e chiunque vi sia dentro, sopra; quando, la sera, chiunque vi incontra, curiosamente vi domanda, senza fallo, se siete andata au Bois, se vi andrete, se vi ritornerete spesso, se lo avete visto, di sera, se lo avete visto, di mattina, se lo avete visto, nel pomeriggio, voi finite per credere di trovarvi innanzi a uno dei pochi [p. 326 modifica]casi di snobismo parigino: snobismo che infierisce come una malattia sociale e a cui un viaggiatore qualsiasi, sia venuto altre volte qui, come me, o ci venga per la prima volta, deve assolutamente abbandonarsi. Voi pensate: au Bois, equivarrà, forse, allo stretto dovere che ha ogni persona elegante, per esempio, di passare otto volte al giorno per rue de la Paix e di non comperare che colà quel che serve alla sua eleganza; forse, au Bois, equivarrà all’obbligo imprescindibile che ha ogni persona chic di pranzare il più spesso possibile al restaurant dell’Hotel Ritz, in piazza Vendôme, sempre alla moda, malgrado l’apertura dell’hótel Meurice: au Bois, forse, rappresenta la stessa necessità sociale e quotidiana di ogni vero elegante, cioè, di cenar la notte, o da Paillard, o da Durand, o al Cafè de Paris. Stupidamente, diciam così; poiché il viaggiatore, spesso, ha degli accessi di stupidità, che offuscano le più lucide intelligenze, voi credete a uno snobismo, molto più diffuso, molto più largo, molto più popolare, allargato alle classi più lontane della società; e per cui il Bois sia il sommo di una follia sociale, che mandi [p. 327 modifica]tutti quanti allo stesso posto, alla medesima ora, solamente perchè gli altri ci vanno, solamente perchè bisogna andarci. Uno scetticismo profondo vi invade... Tante altre cose snob vi sono parse così fredde, così inespressive... Tanti altri spettacoli snob vi sono parsi così insignificanti... Pure, se siete un viaggiatore savio, voi vi abbandonerete, passivamente, a quest’altro snobismo: voi andrete dove tutti gli altri vanno; voi ascolterete tutto ciò che gli altri ascoltano: voi applaudirete tutto quello che gli altri applaudiscono. Saggiamente, alle quattro e mezzo, come tutti gli altri fanno, voi interrogherete gli occhi di un cocchiere di fiacre e le magiche parole au Bois esciranno anche dalle vostre labbra. E, andando, voi sarete persuaso che nel mondo degli snobs, nessuno è di voi più snob, in quel momento.


Ebbene, no, Attraversata la maestosa, l’immensa piazza della Concordia, fra un incrocio meraviglioso di ogni sorta di equipaggi, dopo [p. 328 modifica]aver trottato nella lunghissima poetica avenue des Champs Elysées, fra quelle grandi file di alberi, fra i grandi marciapiedi, fra i grandi palazzi, i più belli di Parigi, quasi tutti nuovi, quasi tutti palazzi abitati dai soli proprietari, quando avrete girato attorno a quel meraviglioso monumento che è l’Arco di Trionfo, quando sarete entrati in questo famoso Bois de Boulogne, voi sentirete tutta la inanità del vostro scetticismo, i ghiacci della vostra diffidenza si scioglieranno, e voi diventerete qualche cosa di semplice, cioè una persona ingenua, colpita da una bellezza schietta e nobile. Il Bois de Boulogne, non è uno di quei giardini pubblici, con i tre o quattro viali a zig-zag, o diritti, che separano delle aiuole ovali, o rotonde, o rettangolari, quei giardini pubblici che sono il supplizio di qualunque occhio amatore delle cose belle e di qualunque immaginazione viva; non è uno di quei vasti parchi austeri, matematicamente disposti a boschetti, a gruppi di alberi, alberi di cui tutti i rami vanno in un certo senso, boschetti di forme volute, e prati a cui i giardinieri radono la barba, ogni [p. 329 modifica]mattina. Il Bois è un vero bosco, ampio, profondo, i cui limiti l’occhio non misura e la cui freschissima vegetazione sale dalla buona terra nutrice, nell’aria libera, liberamente; è un vero bosco, ove, nelle ore successive, mutano gli aspetti più naturali e più leggiadri di un paesaggio campestre, fra le erbe, i fiori, le alte piante robuste, le alte piante sottili, le piccole piante gracili; è un vero bosco, con le sue lontananze mirabili, con le sue freschezze consolanti, coi suoi profumi ineffabili; è un vero bosco, con le sue grandi strade, che pare se ne vadano verso paesi sconosciuti, via, via, in altri paesaggi, in altri orizzonti, con le sue vie secondarie ove spariscono le carrozze che portano qualche solitario sognatore, qualche ammalato, qualche essere malinconico, che ama fuggire la folla delle grande arteria, l’avenue des Acacias, con i suoi viottoli percorsi da passeggiatori, da bimbi, da ciclisti, che scompaiono dietro gli alberi, con le sue mille viuzze ove si calpestano le foglie cadute, in un odor sano e refrigerante. Un vero bosco, con i suoi piccoli e grandi laghi, con le sue spianate erbose, con i [p. 330 modifica]suoi gruppi folti di piante altissime, con i suoi crocicchi di piena foresta, con i suoi pali indicatori, che parlano di altri viali, di altre viottole, di altri più lontani quadrivii: un vero bosco, perfettamente tenuto, ma a cui con un gusto supremo, è lasciata tutta la semplicità, tutta la naturalezza; un vero bosco, di cui, l’aria fine, odorosa, lieve, confortante, è fatta per aprire i polmoni essiccati dalla polvere di Parigi; un vero bosco, il cui verde intenso, caro agli occhi, è fatto per riposare dalla soverchia luce dei boulevards, dai centomila cartelloni colorati, dalle centomila fiammelle notturne; un vero bosco, la campagna istessa, con ogni sua poesia candida e onesta, per il contrasto con la vita complicata, artifiziosa, stravagante, che si vive a pochi passi di distanza, entro Parigi. Un vero bosco, fatto per tutti quanti: per chi ci va in tiro a quattro e chi ci va in omnibus, per chi l’attraversa in una automobile di trentamila lire, come per chi ci cammina a piedi, lentamente, lungi dalle vie frequenti, per chi ha un equipaggio di ventimila lire, come per chi ha un fiacre da due lire e cinquanta l’ora; un vero bosco, fatto [p. 331 modifica]per i malati e per i sani, per i bimbi e per i vecchi, per gli stranieri, per i parigini, per le grandi dame e per le altre, per le famiglie borghesi e per gli operai, per tutti gli esseri stanchi, annoiati, nervosi, oppressi, curiosi, per tutti gli esseri, per tutti...

E costoro vi sono, dalle cinque alle otto. Mentre le automobili filano nei viali laterali, sotto le foglie, andando verso Suresnes, verso Auteuil, verso Longchamps, verso i laghetti, mentre le centinaia di biciclisti e di bicicliste appaiono, scompaiono, riappaiono, per le vie più piccole, laterali, mentre lungo il viale-trottoir scalpitano i cavalli dei cavalieri e delle amazzoni con rumor sordo, mentre lungo il viale i pedoni camminano lentamente, tutti quelli che vogliono delibare, il sorprendente spettacolo, la grande spina dorsale del Bois, il viale delle Acacie nereggia di vetture. Prima, le file sono due: una che va e l’altra che viene, a passo rapido: poi le file diventano quattro e l’andatura sempre più si rallenta. [p. 332 modifica]Ecco le più belle voitures de maitre, gli elegantissimi equipaggi padronali, le cui qualità più alte sono la sobrietà e la correttezza, con un piccolissimo stemma nascosto nella fascia dello sportello, nascosto nella fascia che sormonta il parafango e in cui le dame che portano i più grandi nomi della Francia siedono, in toilettes oscure e semplici nella loro ricchezza; ecco, in ricchissimi equipaggi, delle cocottes più in vista, con cavalli di gran prezzo, dove queste donne siedono, per lo più sempre in due, vestite sempre di chiaro, molto spesso di bianco, con grandi cappelli piumati di bianco, con abiti coverti di sontuosi merletti, con ombrellini ricchissimi, e, sempre, le più vecchie, le più sciupate, con maggior lusso e in maggior posa; ecco, in meno ricchi equipaggi, altre donnine, meno in vista, che affettano maggior semplicità, un aspetto che si avvicina quasi e non raggiunge quello delle donne oneste; ecco i bizzarri equipaggi delle miliardarie straniere che vogliono stordire Parigi, col loro lusso, ecco i phaétons, i tonneaux, i carrozzini degli elegantissimi giovanotti; ecco le vetture de grande [p. 333 modifica]remise, prese a giornata, ad ora, da forestieri ricchi, ma più modesti; ed ecco in fine le carrozze di piazza, i fiacres, i taximètres, i famosi fiacres parigini, eccoli, a centinaia. Poiché la cosa graziosissima e simpaticissima di questa passeggiata al Bois, è che tutti coloro i quali non hanno carrozza e hanno cinque lire, vi possono venire in fiacre, e vi vengono, e non par loro di far figura meschina, e non la fanno, poiché in questo bel paese domina la più bella libertà sociale, la eguaglianza più disinvolta, l’equilibrio più perfetto, in ogni classe, poiché niuno si occupa dell’altro, salvo per fare atto di gentilezza, poiché ognuno va al Bois come crede, e i più vi possono venire e vi vengono ogni giorno, o qualche giorno, o un giorno. La grande passeggiata, dunque, riunisce ogni ceto, fra le verdezze profonde di Boulogne e ogni ceto sta al suo posto, correttamente e cortesemente, e i due elementi singolari, cioè la mondanità ad oltranza e la beltà pura del paesaggio, si uniscono meravigliosamente, in un’ora che nessuna fantasia, dopo averla gustata, potrà mai dimenticare.