Le rivelazioni impunitarie di Costanza Vaccari-Diotallevi/Considerazioni/VII
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VII.
Le pretese corrispondenze ricevute ed ordini
del Fausti — Segue l’analisi.
La Sentenza a pag. 29 e seguenti procedendo alla disamina delle risultanze, che concorrono appunto a verificare siffatta denuncia, cioè la denuncia della Diotallevi, viene notando che delle cose da questa denunciate non ve ne ha una sola che non siasi verificata in fatto. Madama Costanza Diotallevi della cui amicizia si onorava, e forse si onora tuttora, l’illustre generale conte De Goyon, aiutante di campo dell’imperatore de’ Francesi, denunciava il 3 gennaio che fra il Fausti ed il cavalier Mastricola passava corrispondenza epistolare in cifra nel martedì e sabato di ogni settimana; ed ecco che la giustizia viene in possesso prima della cifra e poi nel martedì 13 gennaio della prima delle note lettere. Passò senza lettere il sabato 17 ed il martedì 20, ma l’amica del generai De Goyon denunciava che in questo stesso giorno 20, il Fausti aveva rioevuio alle ore cinque antimeridiane io sua casa uno spedito da Rieti, che ripartiva pure ito quel giorno colle lettere che il Fausti avrebbe dovuto scrivere nei giorni suddetti, e contemporaneamente dava avviso che nel dì seguente 21, il Fausti avrebbe scritto per la posta al Mastricola per dargli avviso dell’arrivo dell’uomo latore del plico. Domandereste forse perchè il Fausti non si giovò dello spedito per dar questo avviso? La domanda sarebbe ingenua. Come infatti il Processante avrebbe potuto rinvenire il giorno 21 alla posta la seconda lettera di colui?
Senza lettere passavano il sabato 24 ed il martedì 27, ma nel dì 28 l’oracolo denunciava l’invio della terza lettera, la quale se il fisco non potè avere (?!) ebbe però la stupenda pianta che conteneva quelle terribili parole miccia e mina. Passa sabato 31, martedì 3 febbraio, sabato 7, tutti e tre senza lettere, ed infatti non vi sono in atti lettere di quei giorni, ma v’è bene la quarta lettera di lunedì 9 sequestrata alla posta, in seguito di avviso avutone da madama Dulcinea proprio in quello stesso giorno, come pure v’è il proclama con cui il Comitato Nazionale esortava i Romani ad astenersi dal corso e dai festini, e di più v’è l’ordine del Promotorio XIII ai capi sezione di contrassegnare chi andasse al corso ed ai festini. Martedì 10, sabato 14 martedì 17 madama Costanza non dà alcun avviso d’invio di lettere, ed infatti non ve ne sono. Nè la Diotallevi, nè il Processante han detto perchè il Fausti cessasse di scrivere dal 10, al 20 febbraio; ma la ragione è chiarissima: il Fausti era troppo occupato in quei dì a mandar Roma a fiamma e fuoco, a scrivere Ordini pel preparato chimico e pei convegni. E poi come avrebbe potuto scrivere se da mane a sera doveva contare e pagare denari? La cosa va co’ suoi piedi. Badi bene il lettore che non c’è mica da ridere. È tutto provatissimo dalla prima all’ultima sillabale poi trattandosi di un tribunale sacro, potrebbe, ridendo, buscarsi, Dio guardi, la scomunica. Tant’è, madama Diotallevi, e De Goyon, se a Dio piaccia, recava al Processante il giorno quattordici uno degli ordini scritti di mano del Promontorio XIII relativo al preparato chimico per il festino, e tutta Roma, e la giustizia pontificia meglio di ogni altro sa quante migliaia e migliaia di starnuti dovettero spremersi dai magnanimi lombi quei buoni cattolici (non molti invero, e però tanto più lodevoli); i quali si recarono ai festini al teatro Argentina nella sera di mercoledì undici, di Tordiriona nelle prime ore antimeridiane del giorno di sabato quattordici, per celebrarvi forse la passione e morte di Nostro Signore Gesù Cristo pregandolo ad aver pietà di Pio Vicario, e della Chiesa sua, meschina, derelitta e dolente per la perdita delle Marche, dell’Umbria e delle Romagne. Di più nel giorno sedici l’amica del conte recava al Collemassi quella tal copia a lapis della ricevuta dei denari pagati dal Fausti agli spargitori del preparato chimico Così l’altefata Madama nel giorno 15 recava al dottor Eucherio altro ordine autografo dell’insuperabile Promontorio XIII per i convegni popolari negli ultimi tre giorni di carnevale; e tutto il mondo sa che mentre, sin dal primo giorno di carnevale, non v’era per la via del Corso nelle ore delle feste anima di galantuomo, tranne la famiglia Fausti, alla quale quel furbacchione del cavalier Lodovico aveva imposto di andarci, per le altre vie della città eravi frequenza straordinaria di popolo.1 Giova notare per maggior precisione che sin dal primo giorno di carnevale v’era stato, maggior concorso di popolo nei luoghi indicati, ed al Pincio sopra tutto; ove anzi nel giovedì grasso dodici, avvenne un po’ di subbuglio perchè i valorosi gendarmi pontificii caricarono bravamente una mano di dieci e venti monelli che s’eran messi a camminare soldatescamente, come può verificarsi da un epico articolo inserito il dì dopo nel giornale l’Osservatore Romano Che più? Nella domenica mattina quindici febbraio il teatro Alibert era rimasto coperto dalle fiamme, e madama Diotallevi prima, nel giorno diciotto, si recava a dar notizia al Processante del pagamento di Scudi ducento fatto dal Fausti ad un suo fido perchè li dipartisse in, quattro parti eguali agli esecutori dell’incendio, e poi nel giorno ventuno recava il brano della ricevuta autografa, e di più la notizia dell’invio dell’ultima lettera, la quale mentre conferma la notizia, che si dice data sin dal quattordici, qualmente il Fausti nel giorno 12 avesse ricevuto una forte somma settaria rimessagli dal sotto Prefetto di Rieti in due rotoli di napoleoni d’oro, riepiloga e1 conferma tutte le antecedenti notizie.
Dopo tante prove e tante verificazioni ben a ragione conclude la Sentenza a pagina 39 con le seguenti parole: «Fa d’uopo convincersi che questi ultimi scritti venivano fatti e prodotti, non a comodo, ed indicando fatti ideali e simulati, ma in presenza bensì di fatti di delitti veri e reali, ai quali si riferivano; e non solo si riferivano a questi delitti, ma avevano con essi tale e tanta connessione, da dimostrare che erano stati vergati da chi aveva una responsabilità diretta, od almeno una scienza anche preventiva de’medesimi.»
Ottimamente! Ma che dire se constasse invece che precisamente a comodo furono fatti questi ultimi scritti, cioè lettere, ordini e ricevute? Per poter dire con ragione che non fossero fatti e prodotti a comodo, bisognerebbe poter provare o che la produzione seguisse prima che i fatti succedessero, ovvero che prima di quest’epoca fossero fatti. Di questa seconda ipotesi non esiste prova, nè indizio di prova nè nella Sentenza, nè nella Relazione Fiscale; della prima esiste nell’una e nell’altra la prova contraria, come risulta a maraviglia dal confronto delle date nelle quali i documenti venivano prodotti, con quelle dei fatti, ai quali quei documenti si riferivano.
Nel solo avviso dello invio della lettera la Diotallevi avrebbe avuto una scienza preventiva, ma è troppo evidente che questa scienza bisognava averla, altrimenti non era possibile giustificare l’esistenza, della corrispondenza fra il Fausti ed il Regio Sotto-Prefetto di Rieti. Se vi fu mai caso in cui nel combattere e svelare un intrigo, una calunnia, si potesse giungere all’evidenza, niuno potè darsene in cui l’intrigo e la calunnia fossero più evidenti di quello che sono nel caso che trattiamo.
Lettere, ordini, e ricevute furono evidentemente foggiate per documentare denunzie precedentemente fatte a carico del Fausti, o per addossare al Fausti la responsabilità, de’ fatti pubblici e notorii.
La prima lettera sequestrata il giorno 13 fu indubitatamente scritta per giustificare la denunciata corrispondenza in cifra, fra il Fausti ed il Mastricola. Essa è così insulsa e ridicola, che supponendola vera, non si saprebbe trovare la ragione per la quale fosse scritta.
Nell’immaginare l’intrigo, erasi veduta l’inverosimiglianza dall’uso del mezzo postale per una corrispondenza politica a danno del Governo esistente, e quindi ad attenuarla erasi supposto anche l’uso dei spediti. Ed ecco che dopo la denuncia fatta il giorno 20 dell’arrivo e della partenza di uno spedito da Rieti e per Rieti, si fa nel giorno seguente trovare alla posta la seconda lettera, che pur essa non avrebbe ragione di essere se fosse vera. Abbiamo una terza lettera che ci si vorrebbe far credere sfuggita alla spia: ma l’astuzia che si asconde sotto questa lettera passata in credenza, è troppo grossolana per non esser compresa.
Bisognava che una volta almeno la spia fallisse al suo ufficio per darle credito nel resto. Ma se sfuggiva la lettera non sfuggiva la pianta famosa in essa delineata, come quella che doveva servire allo sviluppo di altre idee, di altri fatti: Viene la lettera del 9, la quale è una copia autentica di quella del 28 del mese innanzi; e volendo pur trovare la ragione per la quale fosse scritta, impostata e sequestrata, non v’è dubbio che questa si trova bella necessità di non lasciar passare troppi giorni senza lettere, dopo che erasi stabilito che la corrispondenza per la posta aveva luogo due volte la settimana! Nel giorno 9 viene alle mani del Processante il proclama del Comitato ai Romani per l’astensione e al corso ed ai festini; ed ecco che per provare positivamente la parte primaria che il Fausti teneva nella direzione del partito Nazionale, si conia l’ordine del Promotorio XIII ai capi sezione di contrassegnare chi va al corso ed ai festini in maschera. I teatri di Argentina e Tordinona rimbombano fragorosamente dei strepitosi ed incessanti starnuti cattolici degli astanti e perchè quel terribile Promontorio XIII fosse reo dei varii e diversi incomodi prodotti ai signori ed alle signore, gli si fa fare il permesso al Professore ... . pel preparato chimico. Quanto al quale, è da notare una particolarità, o secondo fine che voglia dirsi. Tutto il mondo sa che v’è nel regno vegetale un’erba che, ridotta a polvere minutissima e sparsa per l’aria, stimola in modo la membrana da produrre uno scoppio irresistibile di starnuti. Questa polvere che in botanica si chiama euforbio, a Roma; dall’effetto, si chiama volgarmente starnutella. Ogni semplicista, ogni farmacista ne vende a chi ne vuole. Perché dunque far fare un preparato chimico, che non si sa quale potrebbe essere, mentre si aveva pronta una sostanza vegetale notissima, ad usarsi facilissima e di effetto immancabile? Due furono le ragioni: l’una che ammettendo che gli starnuti cattolici fossero causati dall’euforbio non v’era luogo ad inventare il permesso; l’altra ragione la troverà il lettore nelle rivelazioni impunitarie della Diotallevi, nelle quali è designato come un terribile liberale il Professor Ratti, che per l’appunto insegna chimica all’Università Romana.
Chi poi saprebbe intendere perchè di un permesso diretto ad una sola persona se ne facessero quattro copie, se non perchè si potesse spiegare come ne fosse venuta una nelle mani della sacrosanta giustizia pontificia? In prova ulteriore che il Fausti fosse reo di offesa reele a’ cattolici nasi per spirito di parte, s’inventava pure la ricevuta del denaro da lui pagato a chi aveva messo in opera il preparato chimico, e ciò anche col fine di provare che aveva avuto da Rieti quella vistosa somma settaria. S’ebbe però il giudizio di non far comparire in atti 1a ricevuta originale, ma soltanto una copia a lapis che la Diotallevi, appena ebbe veduto l’originale,, ebbe l’accortezza di notare per non dimenticarsene. Ed invero qualora si fosse voluta far comparire la ricevuta originale, faceva mestieri darla sottoscritta dai nomi dei quattro riceventi, i quali sarebbero riusciti incomodissimi o vere od immaginarie che fossero le persone. Se vere, bisognava falsare quattro diversi caratteri, e complicate nell’imbroglio altre quattro persone, le quali si sarebbero dovute o, tradurre in carcere, od almeno esaminare come testimoni; se immaginarie, non si sarebbe potuto spiegare perchè un processante così zelante come il Collemassi non le avesse o carcerate od esaminate.
Dell’ordine relativo ai Convegni per gli ultimi tre giorni di carnevale, s’è pocanzi notato quanto basta per intenderne egregiamente il significato. Il dì quindici accadeva l’incendio del teatro Alibert, e valendosene autore il Fausti, tre giorni dopo si riceveva in atti la denuncia del pagamento di scudi 200 pagati dal Fausti al fido, perchè li passasse ai quattro incendiarii. Ma riflettendo poi che trattandosi di un delitto sì grave, la sola denuncia sarebbe stata insufficiente anche per la coscienza dei Giudici di S. Chiesa, si pensava a fabbricare il documento che costituisse la prova positiva. Detto fatto. Vien fuori la ricevuta autografa minutata dallo stesso Fausti. Veramente il dottor Eucherio fu un po’ tardo di di mente questa volta. Nella denuncia fatta il 18 si diceva che Madama era venuta precisamente a sapere che nella passata sera del 17, aveva il Fausti consegnati, senza ricevuta, al fido li scudi duecento: perchè tardare sino al 21 a farsi portare la ricevuta? È tanto è vero che senza ricevuta e senza intenzione di averla, aveva consegnato al fido il denaro, che non pensò a farla nè il giorno 18 in cui, con sommo dispiacere, seppe che gli esecutori (devono essere persone di sfondolata ricchezza !) avevano mancato di recarsi a ritirare la respettiva tangente, nė vi pensò pure il giorno 19. Ma egli forse non pensò a fare la ricevuta, preoccupato come era da questo pensiero gravissimo, che quella mancanza degli esecutori gl’impediva di dare il discarico al SottoPrefetto di Rieti con la solita lettera in cifra, o che vedeva di doverla differire fino al venturo sabato 21 ripetuto febbraio (Relazione Fiscale, pagina 287). — È chiaro esser queste sciocchezze tali, da meritare la frusta, se non meritassero la forca.
Ma se il dottor Eucherio fu tardo di mente, seppe rimediare alla tardanza da par suo. C’è in atti 1a brava ricevuta, non già copiata a lapis, ma scritta dalla prima all’ultima sillaba di mano del Fausti. Se anche in questa si desiderano le firme dei quattro riceventi, non è davvero per le ragioni testé indicate. Questa minuta di ricevuta non poteva essere sottoscritta, perchè, importa d’intenderlo bene, e però lo ripetiamo sebbene ci ricordiamo di averlo già detto, . . perchè . . . . ecco come la Giustizia potè averla.
Quel tocco d’ira di Dio, liberale acerrimo ed inflessibile, nemico accanito del trono e dell’altare che si chiama Lodovico Fausti, riavutosi un poco dal dispiacere immenso provato il giorno 18, pensò il 20 a minutare la ricevuta dei danari che si sarebbero dovuti pagare agli esecutori fin dal 17. Sempre però distratto e preoccupato dal pensiero di ciò che avrebbe detto e pensato di, lui il Sotto Prefetto di Rieti, si trasse dinanzi sbadatamente il primo brandello di carta e sbadatamente scrisse: «Mostrata la croce ec. abbiamo ricevuto scudi 50 per Alibert dal Promotorio XIII e più, scudi 200 e...» E qui giunto, si diè della bestia, vedendo che non rimaneva in quella scheda di carta spazio bastante per le firme che dovevano seguire. Gittò allora da canto quella scheda, nè più nè meno che se si trattasse di tre numeri al lotto, e tolto su un bel foglio di carta riscrisse per intiero la ricevuta, che poi fu certamente sottoscritta. Il fido, lesto d’occhio e di mano, prende ed intasca la prima minuta e messasi la via fra le gambe corre alla Diotallevi, e la Diotallevi si mette fra le gambe pur essa la via, ed ecco il magnifico dottor Eucherio che si trova d’avere in atti il suo bravo documento. — Non aspetti il lettore che il Comitato Romano gli dica il perchè avendo il Fausti ricevuto quella bagattella di quattromila scudi sin dal giorno quattordici, tardasse sino al ventuno ad accusarne ricevimento al Mastricola Il Comitato confessa di aver pensato molto a questo perchè, ma di non averlo saputo trovare.
La ragione più plausibile, secondo lui, sarebbe che siccome, e si è veduto, il Fausti scriveva al Mastricola allora soltanto che aveva materia da fare una succosa lettera, tale, che il cavalier Mastricola potesse cavarne buon frutto, così stava aspettando di avere questa materia. Infatti allora accusa it ricevimento dei 4000 scudi al Mastricola, quando può dargli notizie delle puttane dei preti, e del papa andato atta Sapienza, dei festini, degli incendii e di altre mille cose tutte pellegrine ed utilissime a sapersi; dal Governo; del Re d’Italia!
Son queste le prove e le verificazioni in forza delle quali sei sacerdoti; cattolici, apostolici, romani, prelati di Santa Chiesa, raccolti in tribunale supremo ed inappellabile condannavano il cavalier Lodovico Fausti a venti anni di galera per ora, e salvo il diritto di consegnarlo in seguito nelle mani del cattolico ed apostolico boia, sacro pur esso, perchè esecutore degli ordini sacri del sacro tribunale della Sacra Consulta.
Note
- ↑ A pag. 284 della Relazione Fiscale si leggono le seguenti parole dette dal Fausti ne’ suoi costituiti a proposito del carnevale: «Mi sono sforzato a dire ai miei amici che andassero al Corso, ho portato, per due volte una figlietta in loggia al Corso, e per varii giorni ho mandato il mio figlio Guido in legno con amici e con un mio nipote; provvedendolo dei denari occorrenti per divertirsi.»