Le avventure di Saffo/Libro III/Capitolo VIII

Libro III - Capitolo VIII. Il Colloquio Sacerdotale

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CAPITOLO VIII.


Il colloquio sacerdotale.


Visse così quel giorno Saffo superando se medesima, nulla più ragionando della fuga di Faone, del quale evitava di profferire il nome, e però interloquì scarsamente in ogni colloquio proposto, e non più di quanto era necessario per non offendere la società ospitale con importuno silenzio. Eutichio parimenti non ardiva di far menzione di Faone, perchè argomento, nel quale non rimaneva più alcuna grata parola; o piacevole speranza; ed in tal guisa trascorse quel giorno per Saffo molestissimo, la quale nulla più desiderava, che le tenebre notturne. Finalmente ella vide declinare il Sole, il di cui giro le sembrò lento, e le ombre distesero un ampio velo, gratissimo complice a’ suoi [p. 294 modifica]tristi pensieri. Era Eutichio, non meno che tutta la di lui famiglia, immerso nel sonno; ma Saffo con Rodope e Clito disposti a seguirla, partì entro una nave giunta a que’ lidi verso i crepuscoli vespertini, e diresse ansiosamente il viaggio a Leucate.

Aveva anticamente questo nome una penisola nel territorio degli Acarnani, e sta all’incontro d’Itaca, e di Cefallenia, ma i Corintj occuparono di poi quel lido, e tagliando l’istmo della penisola, la ridussero in isola celebrata per il promontorio, detto col di lei nome parimenti Leucate. Questo è un sasso di color bianco, che sporge in mare, verso Cefallenia; e poco da lui distante vi è il tempio di Apollo.

Ma io sono costretto seguendo il viaggio di Saffo di abbandonare Faone, che varca il mare desideroso di riveder Mitilene, e ben più di rimirare Cleonice, ed anche non posso far menzione di Eutichio, o di Nomofilo, e degli altri di [p. 295 modifica]lui ospiti, i quali rimasero in amara tristezza, non ritrovando la seguente mattina quella, che già chiamavano musa di Lesbo.

Or dunque proseguiva Saffo la infelice navigazione, ed erano inadequati alla sua impazienza i venti impetuosi, ma alla quinta aurora apparvero le Greche isole, entro le quali navigando con viaggio pericoloso, giunse alla fine il decimo giorno al porto di Attio nel golfo degli Acarnani, donde con facile tragitto su più piccolo legno approdò finalmente in Leucate. Ivi memore del comando di Stratonica, in cui aveva riposte tutte le speranze, e bramosa soltanto di sommergere nella dimenticanza così acerbo amore, andò al tempio di Apollo per intendere dal sacerdote la spiegazione di quell’oracolo profferito oscuramente dalla divinatrice.

Era il tempio spazioso e venerando per l’antica struttura non meno che per l’immemorabile culto, riposto nella [p. 296 modifica]solitaria cima di un monte, così elevato, che le nubi ne’ tempi procellosi passavano dentro gli atrj di quella mole, e spesso anche tutta la ricoprivano. Ne’ tempi sereni per lo contrario era ivi più limpida l’aura e pura, e di là si dominava col guardo il vasto mare da lungi. Regnava in questo sacro recinto un religioso silenzio non interrotto, che dagli inni de’ sacerdoti, o dal muggito o dal belato delle vittime. Eravi nel mezzo il simulacro di Apollo in atto di avere pur allora lanciata la freccia, e di seguirla collo sguardo maestoso. Si chinavano prostrati avanti di lui i supplichevoli peregrini, che da varie remote contrade della Grecia, e de’ Barbari vi concorrevano a sospendere i voti o ad impetrarne di nuovi. Entrò dunque Saffo col capo chino e l’animo sommesso, e ripieno di religioso terrore nel sacro albergo, e quindi inoltratasi vide il sacerdote, che preparava all’ara un sacrifizio, al quale accostandosi con umile contegno, disse: [p. 297 modifica]Salve chiunque tu sei ministro di questo Nume pietoso, e me che ricorro a queste antiche are, dove molti hanno rasciugate le lagrime, ascolta pur benignamente: imperocchè trascorrendo per molti lidi, e in preda a i flutti perigliosi, quì vengo ad implorare la benignità del cielo e ad intendere da te qual sia la di lui volontà. Ascoltò il sacerdote gravemente quella preghiera, e sospese il rito, al quale era intento. Lunga e composta barba scendeva sul di lui petto, ed erano i canuti capelli cinti di sacro alloro. Dimmi che brami (rispose quegli con lenta voce) imperocchè quando mi rivelerai ciò che tu chiedi al Nume, io farò a te manifesto quanto egli da te richiede. Quindi fissamente guardandola soggiunse: Ed al certo essendo tu fanciulla non implori dal Nume la perizia nel vibrare i dardi, siccome i guerrieri, o la di lui feconda luce, siccome gli agricoltori, o il dono di affascinare gli animi co i concenti [p. 298 modifica]della musica, siccome talvolta sogliono i citaredi e i cantori; ma sembra che tu quì non altro brami, se non di risanarti nel sacro bagno di Leucate, da qualche misera infermità di amore. Tu lo dicesti (rispose Saffo con maraviglia), e giacchè dai così benigna udienza alle mie preghiere, spiegami che sia il bagno, di cui ragioni, perchè io sono perplessa fra gli oracoli oscuri, i quali mi hanno spinta a quì venire, promettendomi che estinguerò la fiamma tormentosa in questo pelago. E però tratta da così preziosa speranza, temendo gli Dei sdegnati, e confidando ne’ clementi, a te ricorro ministro de’ favori di Apollo, acciocchè mi sveli in qual modo il promesso lavacro spegnerà quel pernicioso fuoco, il quale non han potuto finora estinguere nè le esortazioni amichevoli, nè le proteste di amanti, nè il variar contrade, nè l’implorare il cielo, nè l’empire il mondo di sospiri. Vieni (rispose il sacerdote) meco fuori nell’atrio, [p. 299 modifica]e ti mostrerò il sacro luogo, dove altri, non meno di te infelici, hanno spente le fiamme di amore. E così dicendo uscì dal tempio, e dietro all’orme di lui Saffo involta nel manto per religiosa verecondia. Vedi, disse il sacerdote, quel bianco promontorio, che s’inoltra nel mare, quella è la rupe di Leucate. Di là gittossi nelle onde sottoposte Deucalione per sanarsi dwll’amore di Pirra; di là Fobo Focense della progenie di Codro: di là Cefalo, figlio di Dioneo, amante non corrisposto di Ptaola. Ohimè! (interruppe intimorita Saffo) questo è adunque il sospirato rimedio, se altro egli non mi può apportare, fuorchè la morte! Avvegnachè come potrei io inesperta di nuotare non sommergermi in preda a’ pesci, quando sia caduta nelle acque profonde? Ma pur quando anche sia tale mio destino, sarà per me alla fine migliore questa morte, che così misera vita. T’inganni, (rispose quegli severamente) e sei degna di rimprovero, [p. 300 modifica]perchè venisti con intelletto ritroso a consultare la volontà divina. Tu dei sapere adunque, che, nè Deucalione, nè Fobo, nè Cefalo perirono in queste acque, benchè vi si gettassero con salto impetuoso da quell’elevato promontorio, ma ne uscirono refrigerati, siccome da ombrosa fonte negli estivi ardori. Anzi tutte si dileguarono quelle immagini amorose, che perseguitavano la mente loro, non meno che se avessero a lunghi sorsi tracannata l’onda di Lete. Questo è quanto avvenne di loro, siccome vedrai anche inciso in amplissimi caratteri nell’istesso macigno del promontorio; e però sarà giusta e pia la speranza, che tu parimenti possa, come quelli, godere del beneficio divino che implori. Ma pure non ne puoi essere così certa, come di evento sicuro, perchè la podestà de’ Numi è libera, e le grazie loro sono precarie. Ben dirotti, che se con animo del tutto affidato alla benevolenza del Nume, ti slancierai [p. 301 modifica]intrepidamente, puoi sperarne felicissimo il salto, perchè gli Dei esaudiscono chi in loro confida; Ma se per lo contrario eseguirai quel sacro rito con qualche dubitazione, puoi temere, che il Nume nemico degli animi increduli e diffidenti, non ti abbandoni. Così disse con severa fronte e sguardo maestoso, e poi rientrò nel tempio agli usati officj interrotti per ascoltarla. Rimase la fanciulla immobile considerando la udita sentenza. Intanto Rodope e Clito non avevano da lei rivolti gli occhi per quello spazio di tempo, ed or veggendola sola, tacita e pensierosa, le si accostarono. Anche essi teneano chiusi i labbri con mesto silenzio, non osando interrompere quella tristissima calma. Ma pure dopo qualche paura, disse ella, come taluno che risolva gravissimo dubbio: Eh si vada! perchè qualunqueFonte/commento: Pagina:Verri - Le avventure di Saffo e la Faoniade, Parigi, Molini, 1790.djvu/15 sia l’effetto delle promesse divine, o avrò pace, se mi abbandona Apollo in seno di Teti, o vivrò senza questa dolorosa frec[p. 302 modifica]cia, che vieppiù acuta infonde amarissimi spasimi al più misero de’ cuori. Così dicendo percuoteva anelando il petto e lacerava i veli su di lui avvolti, e poi s’incamminò, senz’altro dire, verso lo scoglio indicatole dal sacerdote. Ella, siccome agitata dal furor divino, scuotea il capo, correndo lungo la spiaggia pietrosa del pelago fremente. La seguiva Clito mesto e sorpreso dallo stupore, destramente appoggiandola al fianco: Rodope, tarda seguace, esclamava da lungi per richiamarla: ma le di lei voci confondeva il suono del mare, e l’aura le dissipava vanamente profferite ed infruttuose per Saffo, la quale omai non più conscia di sè medesima, si affrettava di giungere al bramato adempimento degli oracoli dubbiosi.