Le avventure di Saffo/Libro I/Capitolo IV

Libro I - Capitolo IV. Il Lottatore

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CAPITOLO IV.


Il lottatore.


Ecco che immantinenti in altra parte non molto distante dallo stadio s’udivano risonare giulivi istromenti a richiamare la moltitudine a nuovo genere di spettacolo; al qual segno trascorse l’avida turba verso il suono come l’api quando il pastore le richiama battendo la caldaja. Si preparavano gli esercizj ginnastici nella palestra, in cui molti pugillatori apparvero armati di cesti, e molti vennero lieti e baldanzosi, che partirono sostenuti dalle braccia de i pietosi amici, col viso tinto di sangue. Non ancor appariva Faone, benchè in questi giochi celebrato, forse per eccitare maggior desiderio di sè, come in fatti prorompeva la impazienza della moltitudine chiamandolo più volte a nome. Saffo era accorsa quel giorno, [p. 43 modifica]siccome soleva, alla festività, ed avendo tanto udita la fama del garzone, sentiva nell’animo una inquieta curiosità di paragonarla al vero. Quand’ecco si udì sussurrare e crescere alla fine una voce d’applauso, ed apparve nello steccato il così bramato garzone con invidia de’ suoi competitori, e con giubilo della turba spettatrice. Egli aveva quel giorno scelto l’esercizio della lotta, e si mostrò nella palestra con leggiadro coturno involto al piede candido ed ignudo. Una cerulea veste lo ricopriva sino al ginocchio annodata con fascia d’oro al petto, e poichè alquanto ristette contemplando all’intorno la folla in aspettazione di un competitore, ben presto apparve un atleta Cretese di smisurata grandezza, il quale a lui presentandosi, gettò con impeto un breve manto in cui era involto, e si mostrò ignudo con una fascia a i lombi, secondo è costume. Erano fosche le di lui membra come arse al raggio estivo in questi cimenti, e lanuginose per virile ro[p. 44 modifica]bustezza mostravano i turgidi muscoli in quel modo che gli scultori sogliono rappresentare Ercole. Faone, senza ritardo, gettò animosamente ad un suo satellite il succinto sajo, sciogliendone al petto il nodo della fascia, ed apparve ignudo in tutto, fuorchè cinto della consueta zona atletica. Non erano così alte o smisurate le di lui membra come quelle del competitore, ma formate con piacevole proporzione. Non appariva in lui l’azione de’ muscoli esternamente visibili, ma soltanto dubbiosamente adombrati. Spuntava lanugine delicata dalle guance fresche come i fiori mattutini, ed il colore di tutta la persona non potrebbe in altro modo esprimersi, che mescolando i giglj alle rose. Erano sospesi gli animi, ma però tutti concordi nella propensione, perchè vinti dalla bellezza divina del giovine atleta, che desideravano ottenesse la corona, o almeno che uscisse illeso dal pericoloso cimento. Ed invero considerando la mostruosa forza del di lui [p. 45 modifica]competitore, a fronte di quelle membra delicate, dovevano essere gli animi commossi da dubbio così pietoso. Mentre gli spettatori erano perplessi in questi pensieri, quelli attentamente guardandosi l’un l’altro da prima alquanto discosti, e poi con lento e cauto passo inoltrandosi, alla fine si slanciarono reciprocamente. Veniva il Cretese colle braccia aperte in atto non che di stringere, ma d’ingojare il garzone, il quale, deviando l’incontro, destramente inchinandosi passò sotto il di lui braccio, e quindi rivolgendosi rapidamente lo prese di dietro a i fianchi. Quegli però scuotendosi con impeto si disciolse, perchè non ancora Faone aveva potuto adattare le mani intrecciando le dita per afferrarlo sicuramente. Stettero così alquanto di nuovo discosti, ed il Cretese fremeva nel vedersi al principio del cimento quasi sul punto di essere superato, parendogli piuttosto audacia che valore la competenza di così delicato garzone. Che se la vergogna del [p. 46 modifica]vano colpo non l’avesse animato a sdegno, forse avrebbe sentita pietà di lui, ma reso crudele dall’ira, abbassato il capo si abbandonò contro di quello, siccome un toro che assalta il bifolco. Fu veramente maravigliosa l’agilità di Faone, perchè giunta la testa dell’avversario chino e violento quasi ad urtargliFonte/commento: Pagina:Verri - Le avventure di Saffo e la Faoniade, Parigi, Molini, 1790.djvu/15 il petto, appoggiò su quella ambe le mani, e allargando le gambe spiccò un salto, per cui rimase di nuovo a tergo del suo deluso competitore. Questi feroce anzichè artificioso, essendosi slanciato qual nave spinta nell’acque, poichè andò vano il violento impeto privo di resistenza cadde boccone, ed impresse nell’arena la propria immagine. Aspettò Faone che risorgesse l’avversario, secondo la giustizia delle leggi atletiche, ed intanto gli spettatori, che taciti avevano trattenute le grida nel rimirare quel dubbioso incontro, proruppero in applausi, ed in smoderate risa, vedendo così sconciamente caduto il prepotente atleta, e rialzarsi poi col viso im[p. 47 modifica]brattato di polvere. Ma quegli ormai cieco e per l’arena entrata negli occhi, e per la brama di vendetta, mordendo le labbra, e con pupille ardenti, nondimeno cauto e pronto alle sorprese, tornò alla tenzone, ed accostandosi entrambi, alla fine di slancio strettamente si abbracciarono. Stettero da prima alquanto immobili aspettando ciascun di loro qualche atto dell’avversario, da cui ritrarne vantaggio, e quasi si combaciavano le vicine sembianze, offrendo agli occhi una piacevole differenza, il volto del giovine così leggiadro, accanto del satirico e polveroso del contrario atleta. Quando costui, impaziente della vittoria, incominciò a scuotere il garzone ora da una parte, ora dall’altra, agitandolo per istenderlo al suolo. Ma egli secondando agilmente gli urti violenti, reggeva se stesso come canna al vento, finchè gli si offerse l’opportunità d’introdurre la destra gamba, e con essa il di lui sinistro piede a se traendo, e nel tempo istesso spingendogli [p. 48 modifica]il petto, lo costrinse a vacillare, ed alla fine a cadere. Pure egli rimase in piedi, perchè il cadente avversario, colla speranza di sostenersi, lo abbandonò. Tutti acclamarono Faone vincitore, che girò gli sguardi con nobile compiacenza della ottenuta gloria, viepiù abbellendo le sembianze co’ raggi dell’interno giubilo che vi trasparivano. Intanto l’umiliato Cretese si sollevò dall’arena, e ne partì fralle amare derisioni.