Le avventure di Saffo/Libro I/Capitolo III
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CAPITOLO III.
I cocchi.
Ma già nel medesimo luogo, donde erano partiti i cursori, apparivano, disposti a nuovo spettacolo sei carri, ciascuno de’ quali aveva al timone di fronte quattro corsieri, che anelando dalle allargate nari, scuotevano la polvere con l’ugna, e i crini del collo altieramente nitrendo. Dentro i cocchj, alzati in piedi con le redini nella manca, e nella dritta sospeso il flagello in atto di percuotere, e col viso rivolto al trombettiere, stanno i giovani ansiosi che il magistrato dia il cenno. Tiene imboccata la tromba alle labbra l’esperto suonatore, ed egli pure rimira aspettando il segno consueto; i sei giovani condottieri in abito succinto hanno sciolte all’aura molte bende, perchè svolazzando sia più grata la corsa e più festiva; ma pure hanno il capo ricoperto di un elmo leggiero a difesa delle tempia in una fortuita caduta. Ed ecco già suona la tromba, ed al desiderato segno si lanciano i frementi destrieri, ed i giovani a un tempo istesso allentano la briglia animandoli colla voce e colla sferza, chini verso di loro alquanto, o per essere più facilmente intese le minaccie, o per naturale ansietà che induce a quell’atto involontariamente i condottieri. Tutti a un tempo in quel modo si dipartirono, tacendo la moltitudine sospesa, e solo udivasi il fischio de’ flagelli, lo stridore delle ruote, e il fremer delle voci insieme del calpestio delle ferrate ugne. Ma ben presto al volgere di tante ruote, e al battere di tante orme, la in prima serena aria offuscò tal nembo di arida polve, che come la luna fralle nubi ora appare ed ora si asconde, così ora un cocchio si mostrava, ed ora spariva nel turbine polveroso. Ma pure alla fine sorse leggiero vento da un lato, e spinse la sollevata polvere nella contraria parte, donde non piccola molestia n’ebbero gli spettatori costretti a ricoprirsi colle vesti il capo. Dall’altro lato comparivano intanto senza alcuno ingombro i sei carri, e quegli astanti si compiacevano non solo di rimirarne a ciel sereno la corsa, ma deridevano ancora il tumulto dell’opposta moltitudine. Il vento però è detto giustamente infido e capriccioso da’ poeti, come quello che è autore delle subitanee procelle, e che converte la ingannevole calma in repentini pericoli. Ora nondimeno dimostrò una maravigliosa equità, perchè, subitamente variando, spinse da un lato all’altro la densa polvere, sollevando dalla molestia i derisi, e rendendo loro spettacolo di beffe gli stessi derisori. Ma già un carro, i di cui destrieri erano biondi con nere chiome, trascorreva gli altri non di breve spazio, ed il condottiero dimostrava la speranza della vittoria, rispondendo agli applausi che empivano il cielo, collo scoppiare in larghi giri lo stridente flagello. Ecco però, che a turbare così liete lusinghe, si appressa un altro cocchio, i di cui destrieri erano foschi come quelli di Pluto rapitore di Proserpina. A somiglianza di quelli, sembrava che loro uscissero le faville insieme coll’alito, dalle polverose nari e dalla bocca spumante, e cogli occhi ardenti, correvano veloci come il vento, e tumultuosi quanto il mare. Già la testa loro pareggia il centro delle ruote di quel carro che precede; il condottiero del quale, volgendosi alquanto a tal vista, esorta palpitando viepiù i suoi chiamandoli a nome. Ma essi animati dal vicino calpestio degli emuli veloci, colle orecchie tese ognor più rapido stendevano il corso, ed i seguaci non meno gareggiando quel poco che rimanea d’intervallo, trascorrendo come flutto spinto dal vento, giunsero a lato di quelli. Per qualche tratto di stadio corsero così che le otto teste delle due quadrighe sembrava che fossero una schiera sola appartenente ad un sol carro: si calmarono gli applausi, rimanendo indecisa la vittoria. Ma la fortuna decise spiacevolmente quella nobile contesa in vece del valore; posciachè avendo alla fine i foschi destrieri trascorso a segno, che la ruota del cocchio loro corrispondeva a i cavalli dell’altro, avvenne che in quell’atto, infranto dal veloce impeto il ritegno della ruota istessa, uscì volgendosi ancora per l’impeto, benchè fuori dell’asse. Al quale oggetto, spaventati i biondi destrieri, cadde uno di loro, e gli altri tutti da lui repentinamente trattenuti, furono stesi sul terreno. Il condottiero traboccò sul timone, e intanto l’altro cocchio pendeva da una parte, strascinando nella polvere l’asse privo di ruota, mentre che il giovine giaceva supino rimasto indietro nello stadio, senza speranza di premio, benchè il vuoto carro giungesse alla meta. Gli altri quattro, che ad eguali distanze seguivansi, deviando l’inciampo di quello che era rimasto per via, incominciarono a gareggiare fra di loro, rianimando le speranze, e finalmente giunse il primo alla meta la quadriga bianca sparsa di nere macchie; onde presentandosi il condottiero al dispensatore de i premj, ebbe in dono un elmo ed un usbergo d’acciaro ornato di argento, sul petto di cui vedeva scolpita una quadriga in oro col motto.
È felice ogni affanno per acquistare la gloria.
Gli altri tutti tacitamente deviarono nascondendosi per vergogna, ed i due caduti furono soccorsi da’ più prossimi spettatori.