Capitolo VI
Un assalto spaventoso

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Capitolo VI
Un assalto spaventoso
V VII
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Capitolo VI.


Un assalto spaventoso.


La traversata della penisoletta e dell’istmo fu compiuta tranquillamente dai quattro uomini e dalla giovine indiana, quantunque le belve, più che mai eccitate, li avessero continuamente seguìti, dando segni di estrema irritazione.

Sandy-Hook si era voltato già parecchie volte coll’intenzione di prenderle a colpi di carabina, ma John lo aveva sempre trattenuto dicendogli:

― Non ci fate mangiare troppo presto!

― Uhm! ― aveva risposto il bandito. — Se non sarà oggi sarà domani.

Le nostre bistecche finiranno nei ventri degli orsi, dei giaguari, dei coguari ed anche dei lupi.

Di quella domatrice mi fido ben poco. ―

Dopo un quarto d’ora giungevano alla immensa caverna. Sul pianerottolo li aspettavano Harry e Giorgio armati di rifles.

L’incontro col bandito fu abbastanza cordiale. Lord Wylmore invece rimase freddo come un pezzo di ghiaccio, come se non li avesse mai veduti.

Erano, è vero, trascorsi cinque anni dall’ultima insurrezione di Sitting-Bull, perciò poteva non riconoscere i due famosi scorridori della prateria che l’avevano accompagnato alla caccia dei bisonti insieme coll’indian-agent.

― Questo è un vero palazzo incantato! ― esclamò Sandy-Hook, appena si trovò dentro l’immensa sala. Peccato che tutte queste mummie possano toglierci l’appetito!

E quella luce! L’avevo già notata, e non sapevo spiegarmi da che cosa provenisse.

― Ed ora ne sapete meno di prima! ― disse il signor Devandel.

― È luce elettrica.

[p. 55 modifica]― Messa in moto da chi? La rapida pare che non c’entri affatto, e poi, come vedete, non ci sono nè fili, nè pezzi di carbone e nemmeno un globo.

― Corpo di Satana! È vero, signor capitano! ― esclamò il bandito. — E come spiegare questo mistero?

— Rinunciateci, come vi ho rinunciato io. Vi rompereste inutilmente la testa senza capirci nulla.

― Avete ragione — rispose il bandito sorridendo. — Si potrebbe occupare più utilmente il nostro tempo.

— Vorreste dire?

— Che un po’ di colazione, non guasterebbe. ―

La giovane indiana, che si era fermata a qualche passo da loro, si fece innanzi dicendo:

— I visi pallidi si accomodino. Avranno da mangiare.

— Carina questa selvaggia! ― disse il bandito. ― Non somiglia per nulla a Minehaha. Quella ci avrebbe offerto dei coltelli pronti a scotennarci. —

All’estremità dell’immenso salone, di fronte alla finestra che prospettava sulla rapida, vi era una lunga tavola di pietra con due dozzine di scanni all’intorno.

Gli avventurieri andarono a prendervi posto senza occuparsi di lord Wylmore, il quale pareva che studiasse attentamente le mummie, come se sperasse di trovarne qualcuna che rassomigliasse a Minehaha.

Poco dopo la giovane indiana usciva da una galleria laterale, portando delle grosse pagnotte di maiz e del tasaio bollito.

Sandy-Hook avrebbe preferito uno dei suoi cigni che aveva uccisi durante la notte; tuttavia fece buon viso a quella magra e poco appetitosa colazione, inaffiandola abbondantemente con un secchiello d’acqua attinto nella rapida.

— Ed ora, signori miei, — disse il bandito caricando la pipa ― discutiamo un poco.

La sala è bella, la lampada magnifica, ma le acque ci chiudono il passo da tutte le parti, e non vorrei correre il pericolo di prendere il posto di qualcuna di quelle mummie.

Non sarà qui che troverò la mia grazia, nè i diecimila dollari che pendono dai capelli di Minehaha.

Non avete una scialuppa, voi?

— Nessuna — rispose l’indian-agent. — Siamo giunti qui a cavalcioni di due tronchi d’albero, che poi la rapida si è presi ed ha scaraventati sul suo letto di rocce.

[p. 56 modifica]― Satana dannato! Io non ho alcuna intenzione di finire qui i miei giorni.

― E chi vi ha detto ciò?

— Come attraverseremo la riviera del Lupo e come raggiungeremo i campi degli Sioux? È là il nostro posto di battaglia.

— Voi mi avete detto, Sandy, che il loro capo è ammalato e che perciò i vermi rossi hanno dovuto interrompere la loro veloce ritirata verso il settentrione.

— Questo è vero — rispose il bandito. — Il gran sakem Grosso Piede è stato colpito da pneumonia, ed ha dovuto fermare le sue bande.

Io spero anzi che il generale Farsythe ed il suo settimo Reggimento di Cavalleria finirà col raggiungerli.

Curiosi questi nostri compatriotti!... Se gl’indiani vogliono andarsene, li inseguono e li riconducono nelle loro Riserve per distruggerli poi lentamente con dei torrenti di vetriolo: se li lasciassero andare sarebbe un gran bene per tutti. Nel dominio inglese vi è tanta terra, da ospitare cento tribù indiane, e lassù la selvaggina è ancora abbondante.

― Avete finito? ― chiese l’indian-agent, il quale lo aveva ascoltato pazientemente.

― Credo di sì ― rispose il bandito, dopo aver lanciato in aria una grossa nuvola di fumo azzurrastro.

― Era tempo. Voi avete sbagliato mestiere, mister, dovevate studiare per diventare avvocato e non già per svaligiare i treni e le corriere della California.

― Mio padre è morto giovane in fondo ad una miniera della Pensilvania e mia madre, rimasta vedova troppo presto, non aveva i mezzi per mandarmi a quelle alte scuole ― rispose il bandito con un lungo sospiro. ― D’altronde i treni e le corriere rendevano di più.

Concludete, mister John.

― Io dico che giacchè il gran sakem indiano, che conduce le tribù degli Sioux sfuggiti all’accerchiamento delle truppe americane, è ammalato gravemente, possiamo aspettare qualche giorno.

Già noi soli non potremmo attaccare le pelli-rosse.

― Tirate avanti, mister John.

― Sulla penisola vi sono degli alberi abbastanza grossi per costruire una buona zattera ed attraversare la riviera.

― Col tirante della rapida?

― Cercheremo di evitarlo.

― Allora tutto va bene. Io credo che gli americani non siano molto lontani e che da un giorno all’altro piombino sugli indiani.

[p. 57 modifica]― Io non voglio mancare al combattimento.

Lascerò a voi la capigliatura di Minehaha, ma serbo a me la vita della figlia di Nube Rossa e della grande Yalla. —

Guardò la giovine indiana, che stava ascoltandoli all’estremità della lunga tavola facendo capire che la lingua inglese le era familiare, e le chiese:

― Bella fanciulla, si potrebbe schiacciare un sonnellino senza che i vostri animali ci divorino durante il sonno? Dei vostri orsi grigi e dei vostri giaguari io mi fido ben poco. —

La giovane scrollò le spalle, poi rispose:

— Le mie bestie non faranno mai male ai miei amici. —

Poi, indicando la galleria laterale, soggiunse:

— Vi sono delle pelli di bisonti morti di vecchiaia, che mio padre ha conciato benissimo col sistema indiano. I miei fratelli visi pallidi sono liberi di servirsene.

― E tu intanto veglierai sulle nostre gambe? — chiese il bandito. — Io ho osservato che questa sala non ha nessuna porta da chiudersi e che qualche orso potrebbe entrare durante il nostro sonno e mutilarci spaventosamente.

— Io so comandare alle mie bestie — rispose l’indiana. — Potete dormire tranquilli.

Mister John, vi fidate voi?

― Io, sì — rispose l’indian-agent.

― Ed io niente. Fortunatamente ho salvato il mio rifle e me lo terrò bene stretto! —

Entrarono nella galleria nella quale la luce superba della lampada giungeva di traverso, e si trovarono dopo pochi passi in una specie di rotonda che aveva una finestra sulla rapida. Il fracasso che saliva da quell’enorme salto d’acqua, faceva molto dubitare di poter dormire, tuttavia gli avventurieri sciolsero un certo numero di pelli di bisonte, che stavano ammassate in un angolo, e vi si coricarono mettendosi a fianco le carabine.

La cascata urlava spaventosamente, scotendo perfino le pareti della rotonda, nondimeno tutti si addormentarono, compreso lord Wylmore, il quale si era ben avvolto in una gigantesca pelle di bisonte morbida quanto un panno.

Nessuno aveva dormito la notte precedente, anzi la notte era stata pesantissima sia per gli scorridori, sia per il bandito, sia per il pazzo d’oltre Atlantico.

Quel riposo peraltro non doveva durare a lungo. Russavano da [p. 58 modifica]qualche ora, senza essere disturbati dal sole che entrava liberamente dalla finestra, quando degli urli spaventevoli li destarono di soprassalto.

Una voce acuta di donna urlava a squarciagola:

— Aiuto, visi pallidi! —

Poi erano fremiti, erano ruggiti, erano ululati di belve in furore.

Sandy-Hook per primo balzò in piedi, gridando:

— Gli orsi hanno assalito la donna! Accorriamo! —

Il signor Devandel, John, Harry e Giorgio in un lampo si erano sbarazzati delle loro grosse coperte ed avevano impugnati i rifles.

L’inglese invece, quantunque abilissimo cacciatore, era rimasto tranquillamente al suo posto, ben infagottato nella gigantesca pelle di bisonte che gli impediva perfino di udire i ruggiti della rapida.

I cinque uomini attraversarono in un baleno l’ampia sala, sempre illuminata dalla misteriosa lampada, quantunque il sole fosse ormai già ben alto, e si precipitarono giù per la scala. Uno spettacolo orribile si offerse tosto ai loro sguardi.

La giovine indiana, colpita da qualche poderosa zampata, era già caduta venti passi più innanzi, e sopra la disgraziata lottavano furiosamente orsi grigi e neri, giaguari, coguari e lupi.

Solamente le coyotes si erano ritirate da parte e ululavano lamentosamente.

In quanto ai bisonti, ai wapiti ed ai daini mooses erano tutti scomparsi.

― Fuoco là in mezzo! ― gridò Sandy-Hook.

Cinque spari rimbombarono e cinque palle coniche si affondarono nelle carni delle belve feroci, ma senza farle indietreggiare d’un sol passo.

Un colossale orso grigio aveva già strappata la testa all’ultima degli Atabask e si allontanava, camminando sulle gambe posteriori, tenendola bene stretta fra i lunghi denti gialli e grugnendo di piacere.

Sandy-Hook ed anche John erano diventati pallidissimi.

Se la domatrice era morta che cosa sarebbe avvenuto di loro? Ci sarebbe voluta una mitragliatrice per sbarazzare l’istmo e la penisoletta da tutte quelle bestie.

Ma il bandito ebbe subito un’idea luminosa.

― Barrichiamoci nella gran sala.

― Con che cosa? ― chiese il signor Devandel. ― Non vi è nessun uscio.

― E le mummie?

― Verranno strappate via subito.

― Adagio, signore. Sono imbalsamate con la resina e bruceranno [p. 59 modifica]meglio delle torce d’ocote. Orsù, non perdiamo un istante. Dopo aver divorata l’indiana, se la prenderanno con noi. —

Retrocessero rapidamente, presero trenta o quaranta mummie fra sakems, principesse e ragazzi e le cacciarono a forza dentro la porta sprigionando un odore così acuto di resina, che quegli uomini non lo potevano quasi resistere, sebbene fossero abituati a battere le grandi selve di pini.

— Chi ha del fuoco? — chiese il bandito.

— Io — rispose John.

— Zolfanelli ed acciarino?

― Gli uni e l’altro.

— Teneteli pronti, mister: ne avremo bisogno.

Le belve ormai hanno assaggiato il sangue umano e vorranno assaggiare anche il nostro.

Io prevedo un assalto formidabile, e non so se i nostri rifles riusciranno ad avere ragione.

― Quale idea avete voi? — chiese l’indian-agent.

― Di bruciare tutte le mummie.

— E poi?

— Di cercar di sollevare la tavola di pietra e di appoggiarla contro la porta.

― Non basterà.

— Lo so — rispose Sandy-Hook. — Almeno quel pezzo di pietra eviterà l’entrata agli orsi grigi, che sono i più pericolosi.

— E i giaguari? — chiese il signor Devandel.

— Arrostiremo loro i baffi — rispose il bandito. — Eccoli: vengono!

Mister John, datemi uno zolfanello.

― Pronto, — rispose l’indian-agent, levando da una delle sue innumerevoli tasche, una scatola di cerini.

Al di fuori gli urli erano diventati spaventosi. Gli orsi, i giaguari, i coguari, i lupi, stimolati dal sangue che avevano già assaggiato, si erano scagliati contro la porta colla speranza di entrare nell’immensa sala e di fare un’altra scorpacciata di carne umana.

Ormai la domatrice non era più là a tenerli in freno e potevano agire liberamente.

Sandy-Hook, per altro, vegliava attentamente. Sapeva che le belve, anche le più feroci, s’arrestano dinanzi ad una gigantesca fiammata, e però diede senz’altro fuoco alle mummie accatastate dietro la porta, sulla sommità della scala.

[p. 60 modifica]Orsi, lupi, coguari e giaguari si precipitavano all’assalto dell’immensa sala, ululando e ruggendo spaventosamente.

I cinque uomini imbracciarono i rifles e quantunque il fumo spinto dentro dall’aria esterna li soffocasse e li facesse tossire fino a rompersi il petto, fecero parecchie scariche attraverso la cortina di fiamme che bruciava i loro occhi.

Sparavano a casaccio fra le mummie che si contorcevano come se fossero vive sotto i morsi delle fiamme.

Le loro gambe e le loro braccia si stendevano impetuosamente, i loro petti scoppiavano come se avessero dentro una cartuccia di dinamite, i pugni ed i piedi si contorcevano orrendamente, ma bruciavano meglio delle torce d’ocote empiendo l’immensa sala d’un fumo denso, pesante, soffocante.

Sandy-Hook, sempre pieno d’attività, continuava a scaraventare in mezzo a quel fumante braciere, capi indiani, le loro mogli, i loro figli, con una furia terribile.

I corpi al contatto della fiamma, saltavano, si arricciavano, si contorcevano come se fossero morti da ventiquattr’ore, mentre forse aveano esalato l’ultimo respiro cinquanta o cento anni prima.

Le belve, dinanzi a quel focolare che difendeva la porta, non avevano osato continuare l’assalto.

Spaventate dalle detonazioni, da quelle fiammate improvvise, che di momento in momento aumentavano, avevano ridiscesa più che in fretta la gradinata e rinunciato, ma non per sempre, a sentire qual sapore avesse la carne degli uomini bianchi.

D’altronde il bandito ed i quattro scorridori non avevano fatto risparmio di munizioni, tanto che un bel numero di palle coniche erano passate attraverso le dense e pestilenziali nubi di fumo e tra le fiamme che divoravano quelle vecchie carcasse degli Atabask.

— L’assalto è arrestato! — disse Sandy-Hook, scagliando sul braciere una mezza dozzina di ragazzi mummificati.

— Sì, per il momento — rispose l’indian-agent. — Credete voi che quei bestioni non ritornino alla carica?

— E noi continueremo a bruciar mummie.

— E quando non ve ne saranno più? Hanno poca durata questi indiani.

— Sfido io! sono impregnati di resina e imbottiti di canapa! To’, una buona idea!

— Dite, Sandy.

— Saremo abbastanza forti?

[p. 61 modifica]— Continuate.

— Se alzassimo quella lastra di pietra che serve da tavola e la gettassimo attraverso la porta?

— Me lo avete già domandato, ed io vi ripeto che non basterebbe per chiuderla — disse il signor Devandel. — Anche a me era venuto in mente.

— Basterebbe per trattenere almeno gli orsi grigi e gli orsi neri, — rispose il bandito.

— Anche questo mi avete detto.

— Ai lupi, ai giaguari ed ai coguari penseranno le nostre carabine. E poi io non credo che il pericolo sia tanto vicino; e sapete perchè?

— Ve lo dirò io, — disse John. — Ora che la disgraziata domatrice è scomparsa, quelle bestie ritorneranno sull’isolotto e si getteranno sui bisonti, sui cervi mooses e sui wapiti.

— Anzi, non risparmieranno nemmeno quelle poltrone di coyotes, mister John. La strage non sarà lunga perchè le bocche sono troppe. E dopo che cosa succederà? Come nutriva i suoi animati quella giovane indiana?

— È tutto mistero qui, cominciando dalla lampada. —

In quel momento comparve lord Wylmore trascinandosi dietro le spalle come un matto la pelle di bisonte che gli aveva servito da letto.

Pareva assai arrabbiato, ed infatti investì subito il bandito gridando:

— Cosa essere questo baccano? Io volevo dormire. —

Sandy-Hook alzò le spalle.

Milord, — disse — cominciate a diventare troppo noioso. Credete che questo sia un albergo di New-York o di Londra? Là ci sono talvolta le pulci che importunano senza far male; qui, mio caro signore, ci sono delle bestie feroci che non si farebbero alcuno scrupolo di fare a pezzi anche un Pari d’Inghilterra.

— Voi avete detto bestie?

— Avete perduto la memoria, milord?

― Aho! Io ricordare molte bestie!

— E sapete che cosa volevano da noi, milord?

— Mangiare nostre gambe?

— Ed anche le nostre teste. Intanto hanno divorata la loro padrona.

— Piccola indiana? — chiese il lord.

— L’hanno fatta sparire come se fosse stata un salsicciotto di bisonte.

— Minehaha sempre viva?

— Io lo credo.

— Allora tutto andare bene.

— Egoista! — brontolò l’indian-agent. ― Non pensa che a quella tigre in gonnella.

[p. 62 modifica]— Quest’uomo è proprio pazzo! — esclamò il signor Devandel. — Ci darà non poche noie.

— So domarlo io! — disse sottovoce Sandy-Hook. — Con una scarica di pugni lo metto subito a posto.

È amante delle poderose tambussate e la sua pelle ormai non se ne risente più.... Orsù, signori, prima che il falò si spenga cerchiamo di portare qui la tavola di pietra.

A qualche cosa servirà.

— Delle mummie ce ne sono ancora, e sarà bene conservarle pei giaguari ed i coguari — disse John.

I sei uomini riattraversarono la sala starnutando fragorosamente poichè quantunque la rapida spingesse attraverso la finestra una fortissima corrente d’aria, molto fumo era ancora rimasto, e si provarono ad alzare la tavola di pietra, o meglio la lastra che serviva da tavola.

Essendo quasi tutti robustissimi, specialmente Sandy-Hook e l’indian-agent, dopo poche vigorose scrollate riuscirono a levarla ed a trasportarla fino alla porta.

Quantunque fosse larga un paio di metri, pur lasciava un passaggio bastante ai felini, e più ai giaguari e coguari.

Anche i lupi, buoni saltatori in generale, potevano varcare senza troppa fatica l’ostacolo.

Gli orsi invece, grigi e neri, per la loro mole restavano esclusi.

― È già qualche cosa ― disse il signor Devandel. ― I più grossi rimarranno fuori.

E per gli altri abbiamo le mummie e le nostre carabine, — dichiarò il bandito. ― To’, dove sono scappati? Non se ne vede più uno.

— Ma si odono! — disse l’indian-agent, il quale da qualche istante tendeva gli orecchi.

Infatti si udivano lontani muggiti, bramiti, ruggiti, mugolii, fremiti. Le belve dovevano aver riattraversato l’istmo per gettarsi contro i bisonti, i mooses ed i wapiti.

I poveri animali, non più protetti dalla giovine indiana, non potevano opporre una lunga resistenza ad un così formidabile assalto.

— Laggiù si pranza abbondantemente! ― disse Sandy-Hook. ― Se si degnassero di portare qui almeno una gobba di bisonte!...

― Aspettatela! ― disse l’indian-agent.

― E se divorano tutti, che cosa rimarrà a noi? Le carcasse di questi indiani? Puah!

— Ed i cigni?

― E la barca per andarli a raccogliere?

[p. 63 modifica]

— Faremo un bagno.

Col freddo che fa e coi ghiacci che la riviera del Lupo continua a trascinare?

Io mi domando con inquietudine come finirà questa avventura.

— Suppongo che ne avrete provate ben altre più difficili.

— Non dico di no. Ma mi dà molto pensiero una cosa.

— Quale?

— Che Grosso Piede intanto guarisca e che gli Sioux riprendano la loro marcia verso il settentrione prima dell’arrivo delle truppe americane.

Non devono marciare troppo lestamente i nostri compatriotti.

Eppure Minehaha non deve sfuggirmi!

— E non sfuggirà nemmeno a me! — disse John. — Finchè non riavrò la mia capigliatura non la lascerò.

Tengo quella di sua madre, e voglio anche la sua: l’ho giurato, e quando i cacciatori di prateria promettono, mantengono.

— Lo so — rispose Sandy-Hook. — Io però mi domando come potremo riattraversare il fiume e riprendere il nostro contatto cogli Sioux.

— Aspetteremo di aver distrutte tutte le belve feroci, — disse il signor Devandel. — Poi ci sarà possibile gettare sulla riviera una zattera.

Gli alberi non mancano sulla penisoletta e nemmeno le liane.

— E poi abbiamo pelli di bisonte da tagliare finchè vorremo — soggiunse Harry.

— Uccidere tutte quelle bestie? — disse il bandito, la cui fronte si era molto rannuvolata. — Io credo che non sarà cosa facile. Io sono lieto, signori, di aver trovato delle vecchie conoscenze, tuttavia avrei preferito rimanere sulla riva sinistra della riviera. Di là potevo sorvegliare i campi degli Sioux.

— Se volete andarvene la porta è semiaperta, — rispose l’indian-agent con voce un po’ ironica. — Un orso grigio non potrebbe passare, ma un uomo passa benissimo.

Volete uscire, Sandy! —

Il bandito fece una smorfia, e tirò giù, una dietro l’altra, quattro imprecazioni.

Mister John, — disse poi con un po’ di sarcasmo — vi premerebbe sbarazzarvi di me? Vi resterebbe sulle spalle milord, e quello, credete a me, sarebbe ben più noioso.

— Perchè dite questo, Sandy? Ho avuto abbastanza tempo di apprezzare, nella bassa prateria, il vostro coraggio ed anche la vostra amicizia.

— Amicizia, avete detto? — gridò il bandito. — Ecco il primo uomo che mi parla così. Se volete la mia capigliatura, prendetela.

[p. 64 modifica]― Io non sono Minehaha, la Scotennatrice.

― Prendetevi allora la mia pelle.

― E troppo presto.

― Sarò sempre a vostra disposizione.

― Voi siete un bandito ammirabile! ― disse il signor Devandel.

In quel momento si udì Giorgio gridare con voce tonante:

― Le belve tornano all’attacco! Preparate le carabine. ―