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LE SELVE ARDENTI 59

meglio delle torce d’ocote. Orsù, non perdiamo un istante. Dopo aver divorata l’indiana, se la prenderanno con noi. —

Retrocessero rapidamente, presero trenta o quaranta mummie fra sakems, principesse e ragazzi e le cacciarono a forza dentro la porta sprigionando un odore così acuto di resina, che quegli uomini non lo potevano quasi resistere, sebbene fossero abituati a battere le grandi selve di pini.

— Chi ha del fuoco? — chiese il bandito.

— Io — rispose John.

— Zolfanelli ed acciarino?

― Gli uni e l’altro.

— Teneteli pronti, mister: ne avremo bisogno.

Le belve ormai hanno assaggiato il sangue umano e vorranno assaggiare anche il nostro.

Io prevedo un assalto formidabile, e non so se i nostri rifles riusciranno ad avere ragione.

― Quale idea avete voi? — chiese l’indian-agent.

― Di bruciare tutte le mummie.

— E poi?

— Di cercar di sollevare la tavola di pietra e di appoggiarla contro la porta.

― Non basterà.

— Lo so — rispose Sandy-Hook. — Almeno quel pezzo di pietra eviterà l’entrata agli orsi grigi, che sono i più pericolosi.

— E i giaguari? — chiese il signor Devandel.

— Arrostiremo loro i baffi — rispose il bandito. — Eccoli: vengono!

Mister John, datemi uno zolfanello.

― Pronto, — rispose l’indian-agent, levando da una delle sue innumerevoli tasche, una scatola di cerini.

Al di fuori gli urli erano diventati spaventosi. Gli orsi, i giaguari, i coguari, i lupi, stimolati dal sangue che avevano già assaggiato, si erano scagliati contro la porta colla speranza di entrare nell’immensa sala e di fare un’altra scorpacciata di carne umana.

Ormai la domatrice non era più là a tenerli in freno e potevano agire liberamente.

Sandy-Hook, per altro, vegliava attentamente. Sapeva che le belve, anche le più feroci, s’arrestano dinanzi ad una gigantesca fiammata, e però diede senz’altro fuoco alle mummie accatastate dietro la porta, sulla sommità della scala.